giovedì 5 novembre 2009

Crocifisso, Francesco Paolo Casavola: «Una sentenza inutile» (Insardà)


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«Una sentenza inutile»

di Franco Insardà

[05 novembre 2009]

«Il crocefisso è per i credenti il simbolo della fede. Ma per chiunque altro, mediamente colto e consapevole, è il segno storico dell'identità europea». Fa ancora discutere la sentenza della Corte di Strasburgo che vieta l'esposizione del crocefisso nelle aule italiane. E fa discutere sia se la si guarda sotto l'aspetto religioso sia sotto quello giurdico.
Francesco Paolo Casavola, presidente emerito della Corte costituzionale e presidente del Comitato nazionale per la bioetica, è la persona più adatta per chiarire la vicenda in tutta la sua complessità.

È corretta la Corte quando si richiama al diritto all'istruzione e alla libertà di pensiero e religione della Convenzione europea dei diritti dell'uomo?

Indipendentemente dal ricorso presentato dal governo italiano, la sentenza europea non potrebbe applicarsi in un ordinamento costituzionale che ha un principio di laicità non modificabile neppure dal Parlamento nazionale con il procedimento di revisione previsto dall'articolo 138.

Perché?

Solo la Consulta, qualora fosse investita della questione, potrebbe decidere sulla sorte della decisione dei giudici europei, ma oltre la laicità come principio costituzionale. I giudici sovranazionali avrebbero perlomeno dovuto informarsi di quello che stabilisce il sistema costituzionale italiano.

Nella sentenza c'è il richiamo al principio di laicità contenuto anche nella nostra Costituzione?

La decisione della Corte di Strasburgo prova che in Europa sul tema della laicità non regna unanimità di vedute. In questa parola si nasconde, sotto l'apparenza di una tolleranza liberale per la pluralità di confessioni religiose entrate nelle società occidentali, uno stato d'animo ambiguo nei confronti del fenomeno religioso ed in particolare nei confronti della Chiesa cattolica. Sarebbe preferibile che i laici si presentassero per quello che ciascuno è: ateo, materialista, irreligioso o anticlericale.

Nel nostro sistema costituzionale la laicità è tutelata in altro modo.

In Italia la laicità è stata definita dalla Consulta principio costituzionale supremo. Il che vuol dire estraneità dello Stato alla religione, ma garanzia alla libertà della coscienza religiosa dei cittadini. Da questo discende la possibilità che nelle scuole si insegni la religione cattolica, e che nelle aule scolastiche non si possa né vietare, né imporre l'esposizione del crocefisso.

Si è modificato il rapporto tra Stato e Chiesa.

Laicità dello Stato nel nostro sistema costituzionale non significa altro che Chiesa e Stato sono enti sovrani e indipendenti ciascuno nel suo ordine. Quindi che lo Stato non professa alcun credo religioso. L'epoca del confessionismo di Stato è tramontata per sempre, al suo posto è subentrata la libertà di coscienza di cui lo Stato è garante. Ogni altra tesi che dia diverso contenuto alla laicità è in Italia contro la Costituzione.

In Francia l'approccio, però è diverso.

In Francia la laicité de combat si presenta per quello che è e giustifica l'ostracismo di ogni singolo religioso nello spazio pubblico e tuttavia da tempo i governi francesi avvertono l'insostenibilità di questa laicità negativa tanto che Sarkozy tende a declinarla in positivo, consapevole com'è che la religione è una risorsa per l'educazione civile delle modelle e complesse società democratiche.

Questa sentenza, secondo lei, è stata influenzata dal rifiuto di citare le radici giudaico-cristiane nella Costituzione europea?

Si è trattato di una prova non di laicità, ma di misconoscenza della storia concreta della civiltà dei popoli europei.
La civiltà europea, prima e più di altre, ha promosso la crescita della libertà umana nel segno della ragione, nella organizzazione della vita collettiva e della distinzione tra Cesare e Dio. Il cristianesimo ha incivilito le popolazioni del continente europeo barbariche o imbarbarite dopo il collasso dell'impero romano, accompagnandole in un percorso di progresso che non ha conosciuto pari in nessun altro luogo del pianeta. Come non vedere che quel simbolo di uni- versale fraternità per tutti gli uomini ha potentemente giovato a tanta evoluzione del mondo umano?

Nella sentenza c'è questo presunto vulnus all'eguaglianza tra scolari di fedi diverse?

È sorprendente l'idea che quei giudici hanno del funzionamento di una democrazia in una società multiculturale e multireligiosa. Se, indipendentemente dalle tradizioni e dalle scelte civili della maggioranza delle famiglie degli studenti, si deve eliminare un simbolo di quella comunità per non creare turbamento in uno studente e compromettere la libertà di educazione dei suoi genitori, siamo a uno Stato etico autoritario rovesciato, non a uno Stato laico e democratico.

I giudici europei sembrano lontani dai contesti nazionali.

Come si potrebbe sperare in una integrazione della cittadinanza se una famiglia ha la forza di abolire il simbolo distintivo di una cultura della quasi totalità della comunità ospitante?
Ragioni storico-culturali e politico- costituzionali impongono di nutrire perplessità intorno a una simile decisione che non sembra rafforzare il cammino dell'Europa verso un più soggetto politico unitario, che tuttavia continuiamo ad auspicare fortemente.

Questa sentenza secondo alcuni esponenti politici esprime "uno spirito antieuropeo".

Se l'Europa ha realizzato un mercato monetario unico, ma stenta ad avere una politica estera e di difesa comune e vive di diversità giuridiche-procedurali, che mettono a rischio persino le ratifiche dei trattati fondativi, non appare ragionevole che i suoi ceti dirigenti le facciano perdere la forza della sua storia identitaria.

C'è il "rischio", come dice monsignor Aldo Giordano, osservatore permanente della Santa Sede presso il Consiglio d'Europa, che si impongano scelte non condivise, ad esempio sulla bioetica?

Le questioni di bioetica sono sempre aperte, innanzitutto perché la scienza non dà certezze definitive, ma soltanto provvisorie legate proprio al suo progresso. Esiste, quindi, una prospettiva mutevole ai rapporti tra la scienza e l'etica nella sostanza biologica dell'esistenza umana. Nessuna norma di diritto, quale che ne sia la fonte, può irrigidire una decisione bioetica.

© Copyright Liberal, 5 novembre 2009 consultabile online anche qui.

1 commento:

Anonimo ha detto...

e che ha fatto Casavola quando era nella nostra Corte Costituzionale per tutelare chi sceglie l'insegnamento della religione cattolica? Nulla, anzi... Adesso questi ex cattolici adulti fanno a gara a presentarsi come i difensori del cristianesimo, chiudendo la stalla dopo che i buoi sono scappati.
Luca