mercoledì 4 novembre 2009

Il Papa: nella Chiesa serve il confronto ma con giudizio (Izzo)


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Riceviamo e con grande piacere e gratitudine pubblichiamo:

PAPA: NELLA CHIESA SERVE IL CONFRONTO MA CON GIUDIZIO

(AGI) - CdV, 4 nov.

(di Salvatore Izzo)

Benedetto XVI ritiene utile "una sana discussione teologica nella Chiesa, soprattutto fino a quando non si sia pronunciato il Magistero, che rimane un punto ineludibile di riferimento".
Lo ha detto questa mattina all'Udienza Generale tenuta in piazza San Pietro per circa 35 mila fedeli.
Per il Papa, quando "l'equilibrio tra architettura della Fede e gli strumenti di interpretativi viene meno, spetta al Magistero l'esercizio di guida che gli e' proprio" anche "per salvaguardare i credenti piu' semplici e umili".
"Salvaguardare la fede della Chiesa e far trionfare la verita' nella carita'" e' infatti cio' che "che deve veramente stare a cuore quando nasce una controversia teologica". "Che questa sia anche oggi l'attitudine con cui ci si confronta nella Chiesa, avendo sempre come meta la ricerca della verita'".
E' questa la lezione che Joseph Ratzinger, prima teologo, poi per piu' di vent'anni alla guida del dicastero per la Dottrina della Fede e oggi Sommo Pontefice, trae dalla disputa tra San Bernardo di Chiaravalle e il monaco Abelardo, nel docicesimo secolo, che ha presentato oggi come un confronto tra la "teologia del cuore", quella monastica di Bernardo e la "teologia della ragione", cioe' la Scolastica che ebbe tra i suoi esponenti Abelardo, "oratore brillante e intelligenza vivissima, che ebbe un figlio da Eloisa, donna colta e intelligente".
"Per comprendere questo confronto tra i due grandi maestri, e' bene ricordare - ha rilevato il Papa - che la teologia e' la ricerca di una comprensione razionale, per quanto possibile, dei misteri della Rivelazione cristiana, creduti per fede. Ora, mentre san Bernardo, tipico rappresentante della teologia monastica, mette l'accento sulla prima parte della definizione, cioe' sulla fede, Abelardo, che e' uno scolastico, insiste sulla seconda parte, cioe' sull'intellectus, sulla comprensione per mezzo della ragione. Per Bernardo la fede stessa e' dotata di un'intima certezza, fondata sulla testimonianza della Scrittura e sull'insegnamento dei Padri della Chiesa. La fede inoltre viene rafforzata dalla testimonianza dei santi e dall'ispirazione dello Spirito nell'anima dei singoli credenti. Nei casi di dubbio e di ambiguita', la fede viene protetta e illuminata dall'esercizio del Magistero ecclesiale".
Per questo, ha spiegato Ratzinger, "Bernardo fa fatica ad accordarsi con Abelardo, e piu' in generale con coloro che sottoponevano le verita' della fede all'esame critico della ragione; un esame che comportava, a suo avviso, un grave pericolo, e cioe' l'intellettualismo, la relativizzazione della verita', la messa in discussione delle stesse verita' della fede. In tale modo di procedere Bernardo vedeva un'audacia spinta fino alla spregiudicatezza, frutto dell'orgoglio dell'intelligenza umana, che pretende di 'catturare' il mistero di Dio. In una sua lettera, addolorato, scrive: "L'ingegno umano si impadronisce di tutto, non lasciando piu' nulla alla fede.
Affronta cio' che e' al di sopra di se', scruta cio' che gli e' superiore, irrompe nel mondo di Dio, altera i misteri della fede, piu' che illuminarli; cio' che e' chiuso e sigillato non lo apre, ma lo sradica, e cio' che non trova percorribile per se', lo considera nulla, e rifiuta di credervi"
Per il Papa, quelli del grande abate di Chiaravalle "non erano timori infondati: un uso eccessivo della filosofia rese pericolosamente fragile la dottrina trinitaria di Abelardo". E anche in campo morale il suo insegnamento non fu esente da "ambiguita'" perche' ritenere "l'intenzione l'unica fonte del giudizio rappresenta una soggettivazione pericolosa". E' questo, ha sottolineato il Papa, "un aspetto attuale perche' la cultura di oggi appare spesso segnata da relativismo etico: solo io decido cosa sia buono per me in questo momento". "I credenti semplici e umili - ha rilevato ancora nella catechesi all'Udienza Generale - devono essere tutelati da interpretazioni teologiche spregiudicate che potrebbero mettere a repentaglio la loro fede".
Ma, ha aggiunto Benedetto XVI, "non bisogna dimenticare anche i grandi meriti di Abelardo, che ebbe molti discepoli e contribui' decisamente allo sviluppo della teologia scolastica, destinata a esprimersi in modo piu' maturo e fecondo nel secolo successivo. Ne' vanno sottovalutate alcune sue intuizioni, come, ad esempio, quando afferma che nelle tradizioni religiose non cristiane c'e' gia'
una preparazione all'accoglienza di Cristo". Abelardo, inoltre, "e' colui che ha introdotto il termine teologia nel senso in cui lo intendiamo oggi" e "le sue lezioni venivano seguite da vere e proprie folle di studenti, nella citta' piu' colta di allora: Parigi".
E anche se subi' le condanne ecclesiastiche (proprio "San Bernardo contribui' alla condanna di alcune dottrine di Abelardo nel sinodo provinciale di Sens del 1140, e sollecito' anche l'intervento del Papa Innocenzo II"), Abelardo prima di morire "torno' in piena comunione con la Chiesa, alla cui autorita' si sottomise con spirito di fede". E per Papa Ratzinger il suo lavoro non e' affatto tutto da gettare via. Il confronto teologico tra Bernardo e Abelardo, ha ricordato infatti questa mattina in piazza San Pietro, "si concluse con una piena riconciliazione tra i due:
prevalse cio' che deve veramente stare a cuore quando nasce una controversia teologica, e cioe' salvaguardare la fede della Chiesa e far trionfare la verita' nella carita'". "Che questa sia anche oggi l'attitudine con cui ci si confronta nella Chiesa, avendo sempre come meta la ricerca della verita'", e' stato infine l'auspicio del Pontefice.

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