venerdì 14 novembre 2008

De Nigris, direttore del Centro Studi per la Ricerca sul coma di Bologna: «Agghiaccianti ripercussioni» (Bellaspiga)


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De Nigris

«Agghiaccianti ripercussioni»

Migliaia i casi simili «ma non temo per loro: gli altri genitori lottano perché i figli vivano e abbiano assistenza come Eluana»

DI LUCIA BELLASPIGA

Nessuno può opporsi alla morte per fame e per sete di Eluana, dunque. La legge può solo ta­cere e voltarsi dall’altra parte, perché qui - spiega la Cassa­zione - si tratta di esprimersi su 'una situazione soggetti­va'.
«Già, tutti parlano di una sentenza ad personam, dico- no che rimarrà un caso isola­to », scuote la testa Fulvio de Nigris, direttore del Centro Studi per la Ricerca sul coma di Bologna 'Gli amici di Lu­ca', sul treno che in serata lo conduce a Roma, convocato d’urgenza in tivù con altri e­sperti. Questa sera i pazienti in coma, e il baratro di solitu­dine dei loro familiari, fa no­tizia. «Approfittiamone...».

Un cavillo, un contorcimen­to mentale, ma sufficiente a condannare Eluana. Una vi­ta non vale meno di cento, ma questo caso è davvero i­solato?

La sua vicenda ha avuto, e a­vrà, ripercussioni enormi a tutto campo: io rispetto Bep­pino Englaro, ma la campa­gna è uno tsunami. Si è dif­fusa l’errata convinzione che per le persone in stato vege­tativo non c’è mai nulla da fa­re. Si è introdotto nel mondo della scuola, tra i ragazzi in formazione, il falso convin­cimento che, non essendo questa una vita 'degna', vo­lontariato, accompagna­mento e diversità non sono valori. Si è introdotta una dif­fidenza verso la medicina, vi­sta come un nemico anziché come la scienza che ti cura... Il medico è quasi il nemico che ti condanna a vivere!

Si è anche abbattuta la spe­ranza di tanti genitori che in­vece combattono per assi­stere i loro figli in coma.

Francamente credo che neanche Englaro si renda conto di cosa ha provocato. Non ha mai accettato di in­contrare le tantissime fami­glie con figli in stato vegeta­tivo che gli volevano parlare. È andato avanti a testa bas­sa. Ripeto, lo rispetto, ma non ha mai avuto una parola di solidarietà né di compren­sione verso chi, nella sua stessa situazione, fa una scel­ta diversa. Il punto non è se Eluana potrà mai avere un margine di miglioramento, il quesito vero è se la dignità di una vita sia rapportata alla qualità della vita stessa, se questi pazienti non abbiano lo stesso diritto di essere so­stenuti come tutti gli altri: guai se da oggi la dignità del vivere finisse col dipendere dalla sua qualità. Ma il caso Eluana per fortuna è e resterà atipico...

In che senso?

Questo è l’unico caso di fa­miglia che vuole la morte del figlio. Le altre migliaia di ge­nitori combattono con i den­ti per assisterli, per ottenere aiuti, le madri soprattutto so­no leonesse. La battaglia di Englaro invece apre uno sce­nario spaventoso: oggi in I­talia essere curati è la nor­malità, un domani non vor­rei fosse una scelta. La cura è un diritto, guai diventasse un’opzione, sarebbe perico­losissimo. E parlo di cura, ap­punto, non di accanimento: oggi c’è tanta confusione su questi termini.

Nei media ce n’è tanta, ma anche la classe medica non aiuta, a volte...

Sulla vicenda di Eluana si è verificato quello che io chia­mo la 'englarizzazione della comunicazione', che ha de­stabilizzato un equilibrio: i media non diffondono le no­zioni per intero, tralasciano sempre i risultati più recenti della ricerca, non danno spa­zio a quelle voci autorevoli che fanno da contraltare ad esempio a chi sostiene l’irre­versibilità dello stato di Elua­na. E anche alcuni medici non tengono conto delle nuove frontiere della scien­za. Ma questo dibattito è troppo importante per esse­re di parte, qui si parla di vi­ta o di morte di una persona.

Eluana non soffrirà, senten­zia ad esempio qualcuno. Ma su quali basi?

Soffrirà eccome. E poi è la pri­ma volta che in Italia si fa mo­rire una persona di fame e di sete, almeno questo bisogna riconoscerlo, poi possiamo fare i conti con questa realtà, ma diciamolo chiaramente: la barbarie di Terri Schiavo è arrivata anche qui. Tre anni fa lo ritenevamo tutti assoluta­mente impossibile.

Ora in teoria migliaia di per­sone in stato vegetativo co­me Eluana potrebbero esse­re sterminate.

Non vedo questo rischio per­ché non ci sarà un altro fa­miliare così determinato... non voglio crederlo. Il vero precedente pericoloso è un altro, invece: la ricostruzione del parere espresso da Elua­na sul fine vita è totalmente indiziaria, debolissima, inve­ce è stata presa per buona. Uno scenario agghiacciante.

Cerchiamo di imparare qualcosa da questo dram­ma. Che cosa possiamo di­re, ora che la speranza pare morire?

Di non appiattirci sul caso E­luana: lei non morirà mai, or­mai sarà viva nelle case di mi­lioni di italiani. Ma la sua sto­ria è quella di tante famiglie, se circoscriviamo la cosa al­la sua vicenda perdiamo il traguardo complessivo, che è la libertà di cura e di assi­stenza per migliaia di perso­ne in attesa da anni. Oggi si parla tanto di diritto a mori­re che scordiamo il diritto al vivere.

© Copyright Avvenire, 14 novembre 2008

Complimenti per l'onesta' e la chiarezza!
R.

3 commenti:

Anonimo ha detto...

Si può essere d'accordo sul fatto che non ci sarà un effetto trascinamento a cascata perchè (per fortuna) ad oggi non ci sono familiari di pazienti nelle condizioni di Eluana così lucidamente determinati a far trionfare lo "Stato di diritto" (con una sentenza peraltro come quella della Corte d'Appello su eluana che anche sotto profili giuridici fa decisamente acqua da tutte le parti), però nel medio termine non c'è proprio da essere ottimisti. Si è aperta la breccia, ormai.

euge ha detto...

cara carla io, purtroppo, la vedo un pò più nera di te. Infatti, l'aspetto preoccupante è che sempre di più sta prendendo piede la teoria che chi è debole e malato invece di essere assistito con umanità e dignità debba essere terminato. A proposito proprio oggi, ho sentito mio malgrado commenti del tipo " non c'è cambio generazionale, troppi sono i vecchi in giro, forse dovrebbero morire." Questa cara Carla è l'idea che si ha della vita dell'uomo: se si è giovani e forti va tutto bene ma, se si invecchia oppure ci si ammala con bisogno di assistenza, è meglio l'eliminazione meno problemi per tutti.
E questo episodio non fa che accelerare questo modo di pensare in maniera aberrante.

Anonimo ha detto...

Eh, sì, c'è da rabbrividire, Eugenia, se oggi siamo arrivati a questo punto. Allora potremmo anche ipotizzare che quando cadde il naziamo, con la sua politica della razza pura e dell'eliminazione dei deboli e/o ammalati, forse per il consenso mondiale alla sua politica della razza pura e sana i tempi non sarebbero stati all'epoca ancora maturi come...adesso.