venerdì 14 novembre 2008

Mons. Fisichella: «Se qualcuno gioisce per questa sentenza, io provo compassione per lui» (Il Giornale)


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di Redazione

Un fatto «di assoluta gravità», una sentenza con la quale si manda «a una morte di grande sofferenza una ragazza di 37 anni», un «attentato alla vita», un «caso di eutanasia», una «sconfitta per il diritto». L’arcivescovo Rino Fisichella, presidente della Pontificia accademia per la vita si dice «sgomento» dopo aver appreso la sentenza della corte di Cassazione, che ha dichiarato inammissibile il ricorso della Procura di Milano, autorizzando quindi il padre di Eluana Englaro a interrompere i trattamenti di alimentazione e idratazione sulla figlia immobilizzata in coma dopo un grave incidente. Monsignor Fisichella, prima ai microfoni di Radio Vaticana e poi in altre dichiarazioni, ha detto: «Se qualcuno gioisce per questa sentenza, io provo compassione per lui». «Per quanto mi concerne - ha spiegato - è grave dal punto di vista etico e morale. Forse potranno trovare delle giustificazioni nei cavilli procedurali e nelle interpretazioni del linguaggio. Nella sostanza però - ha proseguito - rimane un fatto del tutto grave ed estraneo alla cultura del popolo italiano, un fatto di una gravità assoluta, un attentato alla vita».
«Come è avvenuto negli Stati Uniti per Terri Schiavo – ha continuato il prelato – così oggi in Italia verrà tolta l’alimentazione a una ragazza di 37 anni, a una persona viva, non attaccata a nessuna macchina, che respira, che si sveglia e si addormenta, una ragazza che percepisce - perché questo pure è da ribadire».
Monsignor Fisichella ha spiegato anche di provare compassione per il padre di Eluana, ma di non poter in alcun modo condividere la sua decisione, e ha aggiunto di pensare invece «ai duemila genitori che sono nella stessa situazione che continuano a lottare rimanendo vicini ai loro figli». «A questa ragazza – ha aggiunto Fisichella – verrà tolta l’acqua e il cibo. Condannandola certamente a una morte di grave sofferenza e di stenti».

Secondo il vescovo, quella di ieri è «una sconfitta per tutti». Innanzitutto «per il diritto», perché «non si può sostenere che lo stato vegetativo sia irreversibile. Nessuno può stabilire, neppure gli scienziati di fama mondiale, che lo stato vegetale sia irreversibile. La sentenza parla invece di “irreversibilità”, aprendo di fatto le porte all'eutanasia».

Non si può nemmeno dire, secondo il vescovo, che «abbia vinto la libertà, perché togliere acqua e cibo a una persona non è libertà». Il Presidente della Pontificia accademia per la vita si è quindi detto «ancora più profondamente convinto che il popolo italiano, verificando il dramma che si sta per compiere sotto i propri occhi - perché credo che la maggioranza del popolo italiano non condivida quanto sta accadendo – si convincerà ancora di più a formulare una legge il più possibile condivisa proprio perché venga evitata qualsiasi forma di eutanasia attiva o passiva nel nostro Paese». Identica la posizione dei vescovi italiani che in una nota hanno richiamato «alla loro responsabilità morale quanti si stanno adoperando per porre termine all’esistenza» di Eluana ed esortano il Parlamento ad una legge urgente che eviti simili drammi. «Chi staccherà la spina se ne prenderà la responsabilità morale».

© Copyright Il Giornale, 14 novembre 2008 consultabile online anche qui.

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