venerdì 14 novembre 2008

Roccella: «Non esistono volontà certificate di Eluana. Esiste una sentenza che è una ricostruzione» (Santamaria)


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«Non esistono volontà certificate della ragazza Esiste una sentenza che è una ricostruzione.Va evidenziata la differenza forte che esiste tra questo modo di procedere e le dichiarazioni anticipate»

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Roccella: gli hospice di tutte le regioni si dichiarino indisponibili ad accogliere Eluana

DA ROMA GIANNI SANTAMARIA

Si appella «alla responsabilità perso­nale di tutti», Eugenia Roccella. An­che perché la sentenza di ieri lascia « inevasa » la domanda di fondo del ri­corso presentato dal Procuratore gene­rale di Milano alla Cassazione. E cioè se si possa accertare l’irreversibiltà dello stato vegetativo in cui Eluana si trova. U­na sentenza che il sottosegretario al Wel­fare con delega ai temi etici non esita a definire « sconvolgente » e « anomalia as­soluta » . Il suo augurio è che « gli hospice delle altre Regioni facciano come la Lom­bardia e la Toscana, che hanno detto chiaramente che la sospensione delle te­rapie per Eluana da loro non si può fare» . Ha una voce flebile e amareggiata l’e­sponente del Pdl, nel sottolineare come « per la prima volta nel nostro paese, un cittadino morirà a seguito di una sen­tenza dei giudici» .

«Con la sentenza di oggi – spiega – si crea un precedente mol­to grave, in tutto simile al caso di Terri Schiavo, che a suo tempo i giuristi disse­ro mai sarebbe potuto accadere in Italia. Ora la politica deve attivarsi ancora con maggiore energia, sperando che la legge su cui il Parlamento sta lavorando possa evitare nuovi casi come quello di Eluana».

Cosa dobbiamo aspettarci adesso. E lei cosa si augura?

«Chiunque voglia applicare la sentenza lo fa attraverso un’assunzione di responsa­bilità personale. Vorrei sottolineare, però, che non c’è obbligo per nessuno. Prima di tutto ci può ripensare il padre. Tanto più che ormai ha vinto la sua battaglia. Non è obbligato il medico, non è obbli­gata la struttura sanitaria pubblica, né quella privata, né gli hospice, né le Re­gioni che amministrano la Sanità pub­blica. A questo punto ci appelliamo alla responsabilità di tutti i soggetti. Perché è la prima volta che una cosa del genera accade. E speriamo che si agisca per far sì che Eluana viva.

Lei richiama i pronunciamenti di alcu­ne Regioni, ai quali, in questi mesi di po­lemiche incertezze, si sono aggiunte di­verse strutture sanitarie.

C’è una ragione per ciascuno. Prima di tutto il servizio sanitario serve per cura­re. E la deontologia medica dice prima di tutto questo. L’hospice deve prendere un paziente terminale. Eluana non lo è. Quindi ci sono delle obiettive ragioni e delle difficoltà dal punto di vista dell’or­ganizzazione.

Cosa non la convince nella sentenza?

Vorrei ricordare che la Cassazione ha ri­gettato il ricorso per motivi di inammis­sibilità. Dunque, per motivi che non ri­guardano il merito, che resta come una domanda sospesa.

Mi riferisco alla que­stione dell’irreversibilità dello stato ve­getativo. Noi, come ministero, abbiamo istituito una commissione – riprenden­do il lavoro di un organismo analogo vo­luto dall’onorevole Di Virgilio (sottose­gretario alla Salute del passato Governo Berlusconi ndr) – che era arrivata a del­le conclusioni. Noi l’abbiamo ripresa per arrivare a delle linee guida. E anche a un glossario che spieghi i termini della que­stione: cos’è uno stato vegetativo, cos’è uno stato minimo di coscienza, cos’è un coma. Lo presenteremo lunedì prossimo.
Questa commissione ha detto che non si può accertare l’assoluta irreversibilità di uno stato vegetativo. Perciò, anche se il ricorso è stato formalmente respinto e, quindi, tecnicamente il decreto è attua­bile, moralmente rimane inevasa questa domanda.

Resta anche la domanda sulla fine cui va incontro la ragazza lecchese.

Se si sospende una terapia a una perso­na che ha una patologia grave, questa muore a causa di quella patologia. Ma non è il caso di Eluana. Se si sospendo­no idratazione e alimentazione, lei muo­re di fame e di sete. Per denutrizione e disidratazione. È molto diverso. Ed è qualcosa che interpella davvero molto profondamente le nostre coscienze.

Chi è per il distacco del sondino dice che così viene compiuto un atto che va nel senso di quello che Eluana avrebbe vo­luto, se cosciente.

Non esistono, però, sue volontà certifi­cate. Esiste una sentenza, ma essa è una ricostruzione. Va evidenziata la differen­za forte che esiste tra questo modo di procedere e le dichiarazioni anticipate, che sono una sorta di consenso infor­mato di fronte a una precisa infomazio­ne medica: si dice che una terapia dà o­rigine a determinati benefici e danni. La ricostruzione delle testimonianze si ba­sa, invece, su un’idea di stato vegetativo, non su un’informazione. Quindi ci sono tante cose che chiamano in causa la no­stra coscienza. Soprattutto, ripeto, la ri­costruzione su base indiziaria, cioè l’as­senza di qualunque volontà certificata e scritta. E, ribadisco, il fatto che la do­manda sul merito del ricorso è rimasta i­nevasa.

© Copyright Avvenire, 14 novembre 2008

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