venerdì 21 novembre 2008

Giornata delle Claustrali: quattro testimonianze (Osservatore Romano)


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Una testimonianza dall'India nella Giornata delle Claustrali

La preghiera nel mezzo delle persecuzioni

di Madre Alosious
Clarissa

Qual è l'impatto delle attività anti-cristiane sulla nostra vita contemplativa? Quali sono le nostre impressioni in questo momento? Quali le nostre riflessioni, speranze, paure, angosce? Innanzitutto, vorremmo dire che siamo profondamente toccate e rattristate dal fatto che il nostro Paese, che una volta era tollerante e pacifico, è diventato un focolaio di terrorismo e di persecuzione contro i cristiani. Questi motivi non sono tali da farci disperare o da scoraggiarci perché "tutta la creazione geme e soffre fino a oggi" (Romani, 8, 22) in attesa di un cielo nuovo e di una terra nuova. Siamo piene di speranza perché sappiamo che il sangue dei martiri è germe del cristianesimo, e che "tutto concorre al bene di coloro che amano Dio" (Romani, 8, 28). Sappiamo che questa è la tempesta che viene prima della calma; sappiamo che Dio vincerà e che dopo questo Venerdì Santo ci sarà sicuramente la Domenica di Pasqua.
Indubbiamente, stiamo affrontando una vera persecuzione dei cristiani, una persecuzione che è un invito a scuotere tutti i cristiani in letargo, letargo in cui ci troviamo anche noi suore contemplative. Siamo ferite dalla consapevolezza che finora non siamo state vere cristiane, che il nostro Padre Celeste ci stia dando una scossa per farci essere cristiane credibili e lodiamo il Signore perché la Chiesa in India si sta svegliando.
Qual è stato l'impatto di tutte queste vicende su di noi, nella clausura? Soltanto ascoltando quanto è successo in una comunità a Quilon si può capire quello che sta avvenendo in tutte le nostre comunità. Tutto è cominciato con una legge inaccettabile sull'educazione, approvata in Kerala. Poi abbiamo sentito tutto ciò che succedeva in Orissa e la profanazione della nostra Cappella a Milagre, nel Bangalore. Ci siamo molto rattristate e abbiamo deciso di digiunare e pregare. Abbiamo anche deciso di rinunciare a un tempo di ricreazione per poter offrire delle preghiere di intercessione. Dopo circa una settimana di questa preghiera così intensa un vescovo, che è anche nostro amico, ci ha visitato dicendo che in queste circostanze non dovevamo rinunciare alla ricreazione. Rimanendo nell'obbedienza, abbiamo cercato comunque di non smettere di pregare e di intercedere.
È interessante e incoraggiante vedere la reazione degli anziani della Casa di cura legata al nostro monastero. Fino a quel momento avevano aderito alle preghiere comunitarie rimanendo nei loro posti nel refettorio. Dopo aver sentito queste brutte notizie andavano in cappella con i loro girelli e i loro bastoni per pregare insieme con la comunità. Un'ottantenne, faticosamente andava da una porta all'altra, bussando alle porte delle sue amiche, chiamandole in cappella per pregare e intercedere insieme. Il fervore con cui si sono radunate ci ha edificate e incoraggiate; anche gli anziani si sono sentiti ringiovaniti. Crediamo che il mondo sia mantenuto unito a motivo delle lacrime, dei sospiri e delle preghiere di anime innocenti come queste.
"Tutto concorre al bene di coloro che amano Dio" (Romani, 8, 28). Di questo siamo sicure. Proprio come le eruzioni vulcaniche, i terremoti e le tempeste, così anche questi eventi paurosi e distruttivi sono episodi necessari che Dio permette per perfezionare il genere umano. Crediamo, e ne siamo sicure, che questi castighi che viviamo adesso, anche se dolorosi e apparentemente oltre la nostra capacità di sopportazione, facciano parte del piano di Dio che corregge un'umanità disonesta, chiedendo all'uomo un cambiamento del cuore e purificando la Chiesa.
Mentre attendiamo il rinnovamento della Chiesa in India con una speranza profonda, siamo colpite dalla situazione in cui si trovano i cristiani poveri e i missionari. Tanti cristiani devono riconvertirsi all'induismo per salvare la loro vita; tante religiose e altre persone, specie le più povere, si nascondono nella selva senz'acqua e senza cibo. Le donne, soprattutto le sorelle religiose, sono state maltrattate e rapite. I nostri cuori sono profondamente trafitti e ci sentiamo chiamate a intensificare la nostra vita di preghiera e di sacrificio. Allo stesso tempo, troviamo conforto nel pensiero che il nostro Padre Celeste conosce tutto e preghiamo che il suo cuore si pieghi compassionevolmente verso tutti i dolori umani e ci faccia comprendere che ha permesso tutti questi eventi per il nostro bene.

(©L'Osservatore Romano - 21 novembre 2008)

La clausura non separa la monaca dall'amore dei fratelli

Contemplative nel cuore della Chiesa e del mondo

di Anna Maria Canopi
Abbazia Benedettina «Mater Ecclesiae»
Isola San Giulio, Orta (Novara)

"Si parla tanto di vite sprecate: ma sprecata è soltanto la vita di chi la lascia passare senza rendersi conto che esiste Dio" (S. Kierkegaard).
Nella memoria liturgica della Presentazione di Maria al tempio i cristiani sono esortati a pregare specialmente per le claustrali. Secondo la tradizione, Maria fu condotta al tempio in tenera età per esservi educata alla scuola della Parola di Dio e della preghiera. Come la Vergine Maria tutta raccolta sotto lo sguardo di Dio e intenta a Lui solo ne riceve e ne riflette la luce della santità senza nulla trattenere per sé, così ogni vergine consacrata è tutta donata a Dio e tutta dono per gli altri; vive in totale gratuità. Immersa nel silenzio meditativo e nella preghiera, Maria è per tutti i cristiani, e in particolare per le claustrali, una maestra incomparabile di vita spirituale.
Se c'è un motivo di speranza per il futuro della Chiesa e dell'umanità, questo sta proprio nel fatto che anche nel nostro tempo, oltre a tanta corruzione, c'è tanta mite sofferenza consumata nel silenzio, tanto sacrificio generosamente offerto, tanta preghiera di lode e di supplica nascosta nel cuore della Chiesa e in particolare nel cuore di molte donne che, avendo rinunziato alle nozze umane e alla maternità fisica, possono vivere più intensamente il mistero della maternità spirituale, partecipando al mistero della fecondità verginale di Maria.
Forse pochi immaginano quale carico di affanni e di dolore venga deposto in seno alle comunità oranti, e quanto intenso sia il coinvolgimento delle contemplative nella vita dei fratelli. Consacrate al ministero della preghiera, esse vivono il travaglio del parto spirituale di cui parla san Paolo ai Galati: "Figli miei, che io di nuovo partorisco nel dolore finché Cristo non sia formato in voi!" (Gal 4, 19).
La clausura separa la monaca dal secolo, non dall'amore dei fratelli; anzi, proprio nella solitudine e nel silenzio del chiostro, dove è abbondantemente nutrita di Parola di Dio e di Eucaristia, la claustrale cresce nell'amore oblativo verso Dio e verso il prossimo al quale si fa vicina superando con la preghiera ogni confine di spazio e di tempo. Soprattutto vengono superate tutte le possibili barriere create dalle diversità etniche, culturali, ideologiche e religiose, poiché chi vive in Cristo comunica unicamente con il linguaggio universale e inequivocabile della carità. Per evangelizzare si hanno a disposizione, oltre l'annunzio verbale, anche strumenti di immediata diffusione: i mass-media, ma per aprire le menti e i cuori alla fede e alla carità è indispensabile la grazia. È il ministero proprio delle contemplative: nascoste agli occhi del mondo, esse sono come sorgenti che rendono fertili valli e pianure.
A qualcuno potrebbe sembrare superfluo pregare per chi prega. Invece è più che mai necessario, proprio perché vi siano le sorgenti e non si esauriscano. Come nei periodi di siccità si invoca dal cielo la pioggia, così è bene pregare perché il Signore susciti sempre molte e sante vocazioni per la vita contemplativa in modo da fare contrappeso alla superattività degli uomini del nostro tempo così facilmente immersi nel rumore delle cose che stordiscono i sensi e distolgono il cuore e la mente dall'unum necessarium (cfr. Lc 10, 42). Per placare l'arsura dei loro cuori inariditi, essi corrono a bere alle cisterne delle acque malsane offerte in abbondanza dalla società dei consumi. Nella Chiesa e nel mondo le contemplative hanno la missione di pregare, perché tutti i fratelli possano lavarsi e dissetarsi con l'acqua viva della grazia che sgorga dalla sorgente della salvezza: Cristo crocifisso e risorto. Un giorno, presentandosi alla porta di un monastero, un poeta disse: "Sono carico di fuliggine e mi vedo brutto, perciò sono venuto a lavare la mia anima nell'acqua pura della vostra innocenza". E dopo una sosta di silenzio e di preghiera ripartì lasciando questo messaggio: "Grazie! Qui ho ritrovato la bellezza. Grazie!". Forse egli nemmeno sapeva che prima di lui qualcuno aveva già detto: "Soltanto la bellezza salverà il mondo". Quella bellezza che è santità.

(©L'Osservatore Romano - 21 novembre 2008)

Una vocazione esistenziale particolare ma alla quale tutti sono chiamati

Il faticoso cammino dell'esperienza contemplativa

di Marta della Madre di Dio
Carmelo "Tre Madonne" (Roma)

"Lo sguardo di Dio è amare e donare grazia" (S. Giovanni della Croce): riconoscere e accogliere sempre più profondamente questo sguardo che lo avvolge e lo penetra fino alle radici dell'essere è l'esperienza vitale del contemplativo.
Scoprire l'immensità dell'amore con cui è amato, inabissarsi nell'intimità del proprio cuore per incontrare e conoscere quella Presenza divina che lo inabita, lasciarsi plasmare per rifletterne la luce è la sua avventura esistenziale.
"Voglio vedere Dio" diventa il grido che esprime ciò che tutto il suo essere desidera ardentemente.
Ma Dio nasconde il suo volto, perché l'uomo sulla terra non può sostenerne lo splendore, ma anche per garantire la libertà della sua creatura a cui non vuole imporsi. L'amore non si impone, chiede di essere accolto in libertà. Ma la sua passione sconfinata per l'uomo non si arrende mai, continua a cercarlo, come un innamorato, molto più di quanto l'uomo cerchi lui.
Nell'esperienza contemplativa si scopre che incontrare il volto della Presenza amante e amata che dimora in noi significa in realtà da una parte cercarlo ancora, continuamente, e dall'altra lasciarsi cercare e trovare. Questa esperienza è un lungo, faticoso cammino in un deserto che rivela sempre più al contemplativo, da un lato la profondità della sua povertà, la sua impotenza, l'incapacità a portare a compimento il desiderio che costituisce il cuore della sua vocazione, quello di vedere e conoscere Dio, dall'altro sperimenta un'acuta desolazione per la lontananza, a volte per l'assenza, di Colui che i suoi occhi vogliono contemplare.
La contemplazione fa parte del mistero della persona perché la riconduce al senso della sua origine e del suo destino: creata da Dio per una comunione infinita ed eterna con Lui. Nella fede nulla è evidente e tantomeno scontato: credere è un rischio e una fatica.
È necessario liberarsi dall'idolatria a cui tanto facilmente ci si assoggetta, a cominciare da quella delle false idee su Dio che ci siamo creati noi, e dai nostri schemi spirituali in cui pretendiamo di far tornare i conti secondo le nostre misure.
Per questo Dio lascia che le nostre domande rimangano talvolta senza risposta; anzi, egli stesso diventa più domanda che risposta. Il contemplativo viene spogliato da facili sicurezze e consolazioni. È allora che le sue inquietudini e insicurezze cominciano ad essere accettate come ferite aperte attraverso cui la luce e la vita divina fluiscono nascostamente in lui.
È il momento in cui riscopre in tutta verità che tutto è grazia immeritata, che la propria debolezza è lo spazio dove si manifesta il miracolo della misericordia, che l'amore di Dio è pura, assoluta gratuità. Scopre che siamo grandi perché amati e non amati perché grandi. Lo stato di desolazione a volte sarà sperimentato ancora, sicuramente il desiderio dell'unione piena con il Signore continuerà ad essere un fuoco che brucia dolorosamente, ma ora nel suo cammino contemplativo la persona è sostenuta dalla pace profonda che scaturisce dall'abbandono fiducioso e da una gioia così misteriosa da essere quasi impercettibile, ma reale.
Nell'attesa di vivere la comunione eterna con Dio nella sua pienezza definitiva, il contemplativo incontra la sua presenza, il suo volto scolpito nell'intimità del suo cuore, là dove sorge la sua autentica personalità nel cuore a cuore con questa presenza, e nello stesso tempo dilata il proprio cuore ad orizzonti universali, diventando per tutti i fratelli un fermento di liberazione, una rivelazione dell'amore di Dio. I suoi stessi dubbi, le sue inquietudini lo rendono compagno di cammino di tutti coloro che sono "lontani". La preghiera diventa per lui un abbraccio d'amore che stringe tutti nella carità di Cristo.
Anche se alcune persone hanno il dono di una vocazione particolare alla vita contemplativa, tutti sono chiamati alla contemplazione. Lo affermava già santa Teresa di Gesù. Nei suoi insegnamenti, ella ci indica in particolare due "vie" per raggiungere "la perla, o l'acqua viva" della contemplazione: una "ferma decisione" ad andare avanti, costi quel che costi, fino a raggiungere il suo fine e soprattutto "l'umanità santa di Cristo", come via privilegiata per inabissarsi nel mistero dell'amore trinitario, che ci rivela la tenerezza infinita del Padre e ci dona di vivere la sua stessa vita e di amare con il suo stesso amore nello Spirito che infonde in noi.
Essere contemplativi significa immergersi nel mistero di Dio che ci salva in Cristo rendendoci partecipi della sua stessa vita trinitaria. L'Apostolo Paolo si è inabissato in modo esemplare, scrutando e cantando con la vita e le parole la grandezza di Dio: "O profondità della ricchezza, della sapienza e della scienza di Dio! Quanto sono imperscrutabili i suoi giudizi e inaccessibili le sue vie!" (Rm 11, 33).

(©L'Osservatore Romano - 21 novembre 2008)

Inaugurato nel giugno scorso

Le suore domenicane nel monastero di Kwito-Bié

La Chiesa è profondamente cosciente e proclama senza dubitare e con forza, che esiste una connessione intima tra la preghiera e la diffusione del Regno di Dio, tra l'orazione e l'accoglienza fruttuosa del messaggio di salvezza che germoglia dal Vangelo.
Un gruppo di dieci suore, profondamente convinte di questa vocazione-missione, è stato chiamato dal vescovo di Kwito-Bié e inviato dal monastero delle suore Domenicane di Benguela, a settecento chilometri di distanza, nell'altopiano centrale dell'Angola.
Kwito-Bié è stata la provincia dell'Angola più duramente provata e martirizzata nei lunghi anni della guerra civile; perfino la cattedrale è stata completamente distrutta. Arrivata la pace, il vescovo ha sentito il desiderio urgente di stabilire nella sua diocesi un monastero di vita contemplativa. "La presenza delle suore contemplative in Bié, come in Benguela - si legge nella lettera di richiesta del vescovo - sarà molto edificante per il popolo di Dio, soprattutto per le nuove generazioni che negli ultimi tempi si sono dedicate soprattutto alla guerra".
La diocesi è composta in maggioranza da cristiani e, nonostante le conseguenze negative lasciate dalla guerra, le vocazioni al sacerdozio e alla vita religiosa stanno crescendo. Si continuano ad aprire e riaprire missioni e parrocchie, nonostante non ci siano mezzi economici a sufficienza. Non mancano neppure vocazioni alla vita contemplativa e i sacerdoti offrono un valido aiuto alla nascita di nuove vocazioni.
Il monastero, che è una struttura sconosciuta alla maggioranza delle persone, viene ora sentito come "cosa propria" e la gente manifesta la simpatia e la stima in diverse maniere; una di esse è la partecipazione alla Santa Messa, che è tutti i giorni cantata, così come l'ufficio divino. Alle persone piace sentire cantare le monache e un gruppo di ragazze giovani si reca al monastero "per imparare a cantare".
Il 7 giugno scorso, giorno dell'inaugurazione e dell'erezione canonica del monastero, erano presenti tre vescovi, cinquanta sacerdoti, rappresentanti delle autorità civili e una nutrita partecipazione di fedeli, perfino di altre confessioni cristiane, per un totale di circa settecento persone. Per tanti è stata una novità, perché prima non esisteva nessun monastero in quella zona. L'inaugurazione è stata accompagnata da danze e canti africani; il momento più importante è stata la celebrazione eucaristica offerta per tutti coloro che con la loro generosità avevano reso possibile la costruzione del convento. Per far sì che la festa si svolgesse nel modo migliore, tutti i presenti hanno collaborato con tanto rispetto ed affetto. Tutti hanno percepito che il monastero è un dono di Dio per l'intera Chiesa locale, un centro di fede e punto di irradiazione luminosa per tutti i cristiani. I segni della clausura, sconosciuti ai più, parlano da soli. Nessuno, difatti, ha accusato le monache di essere espressione del passato o di qualcosa di superato. I segni della clausura sono stati interpretati come qualcosa che parla di una vocazione che è di ordine eminentemente spirituale. Nel giorno dell'inaugurazione abbiamo offerto ad ogni sacerdote e missionaria una copia dell'istruzione Verbi Sponsa, donataci dalla Libreria Editrice Vaticana, attraverso il nunzio apostolico in Angola, affinché tutti potessero conoscere meglio la nostra vocazione di contemplative e la nostra missione nella Chiesa.
Inoltre, vogliamo segnalare il contributo economico che il servo di Dio Giovanni Paolo ii, il Papa Benedetto XVI, l'ordine domenicano, gli amici, i benefattori ci hanno dato per la costruzione del monastero ed il considerevole aiuto ricevuto da parte del governo dell'Angola che ha voluto così manifestare in qualche modo nei nostri confronti la simpatia e la stima.
Davanti a Dio che si offre totalmente non c'è altra risposta che offrirsi a Lui totalmente. Che il Signore e sua Madre ci aiutino.
(Monastero domenicano «Mãe de Deus» Benguela)

(©L'Osservatore Romano - 21 novembre 2008)

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