giovedì 9 aprile 2009

Ambasciatori “pro choice”. I dubbi del Vaticano sui candidati di Obama (Rodari)


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Ambasciatori “pro choice”. I dubbi del Vaticano sui candidati di Obama

apr 9, 2009

il Riformista

Paolo Rodari

Mentre la Santa Sede continua con Barack Obama e la sua amministrazione la linea del «wait and see», mostrandosi però non particolarmente entusiasta di alcune prese di posizione di Washington - soprattutto la decisione di non limitare più i finanziamenti alle ricerche sulle cellule staminali embrionali - un intoppo diplomatico rischia di mettersi di traverso nei rapporti già delicati tra le due parti.
Il presidente americano, infatti, è alle prese con il nome di colui o colei che andrà a sostituire Mary Ann Glendon quale ambasciatore degli Stati Uniti presso la Santa Sede. Ma la cosa sta subendo ritardi inaspettati. Lo ha scritto ieri anche il Washington Times: i nomi che la Casa Bianca ha avanzato nelle settimane scorse, infatti, non hanno ricevuto il pieno gradimento d’Oltretevere. La difficoltà maggiore risiede nel trovare una persona che sappia fare da ponte tra le istanze dei cattolici americani, il Vaticano e la Casa Bianca. Discriminanti sono le convinzioni sulle tematiche cosiddette «eticamente sensibili», a cominciare dall’aborto. È evidente, infatti, che un candidato dichiaratamente «pro choice» non possa essere ritenuto dalla Santa Sede quello giusto per rispondere allo scopo. Ma è altrettanto evidente che, tra i democrats, un candidato «pro life» sia difficile, se non impossibile, da trovare. Di qui l’impasse, acuito dal fatto che secondo la Convenzione di Vienna sulle relazioni diplomatiche stipulata nel 1961 la decisione ultima spetta al Vaticano che, senza dare spiegazioni, può rigettare la proposta americana.
Sostituire la bushiana e wojtyliana Glendon non è impresa facile per nessuno. Visiting professor alle pontificie università Gregoriana e Regina Apostolorum di Roma, divenne sotto il pontificato di Giovanni Paolo II capo della delegazione vaticana alla conferenza di Pechino sulle donne.
E, poi, nel 2004, presidente della pontificia Accademia delle Scienze Sociali. Insomma, il profilo giusto per un posto così delicato. Non altrettanto giusto, invece, è per il Vaticano il profilo del “candidato principe” del presidente americano. Ovvero il professor Douglas Kmiec. Questi ha sostenuto la campagna elettorale di Obama. Si dichiara cattolico eppure è stato proprio il suo ultimo lavoro Can a catholic support him? a trovare tra le gerarchie della Chiesa cattolica americana giudizi parecchio negativi. La risposta di molti vescovi al libro di Kmiec, infatti, è stata la seguente: «No, un cattolico non può stare con Obama».
Washingotn spera comunque che tutto possa risolversi entro il vertice di luglio a Roma che seguirà i lavori del Forum del prossimo aprile dedicato a Washington all’energia e al clima delle economie più sviluppate. Se per luglio il Vaticano e la casa Bianca riusciranno anche a organizzare un incontro tra Obama e il Papa, a maggior ragione il nome del nuovo ambasciatore dovrà essere trovato.
Di qui a luglio, sul fronte americano, Obama avrà da affrontare un altro grattacapo di stampo cattolico. John Jenkins, infatti, il presidente della Notre Dame University di South Bend (Indiana) - ovvero la più importante università cattolica statunitense - ha invitato Obama per il “commencement speech” del prossimo 17 maggio. La cosa ha scandalizzato diversi studenti e professori.
Per loro è inaccettabile che un presidente dichiaratamente «pro choice» venga invitato in università. Anche qui, insomma, le posizioni aperte di Obama sull’aborto e la ricerca di cellule staminali embrionali non vanno giù.
Alla petizione per chiedere a Jenkins di ritirare l’invito hanno già aderito oltre cento mila persone e il numero pare destinato ad aumentare.
Due settimane fa, in una nota del presidente della conferenza episcopale americana nonché arcivescovo di Chicago, il cardinale Francis Eugene George, si leggeva «estremo imbarazzo» di fronte all’invito fatto dall’università a Obama, un segnale che fa luce su rapporti tesi e incomprensioni non risolte. Durissima anche la presa di posizione del vescovo John D’Arcy di Forth Wayne-South. Questi ha fatto sapere che non parteciperà alla cerimonia di laurea: «Il presidente Obama ha ribadito recentemente, e ora lo ha ribadito anche attraverso le sue decisioni politiche - ha detto il presule -, la sua riluttanza a considerare sacra la vita umana. Nel voler separare la politica dalla scienza, (il presidente) ha di fatto separato la scienza dall’etica e ha portato il governo americano, per la prima volta nella storia, a sostenere direttamente la distruzione di vite umane innocenti».

© Copyright Il Riformista, 9 aprile 2009 consultabile online anche qui, sul blog di Rodari.

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