giovedì 9 aprile 2009

Diario da L'Aquila: «Monsignore, Sua Santità al telefono...» (Sussidiario)


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TERREMOTO ABRUZZO/ Diario da L'Aquila: «Monsignore, Sua Santità al telefono...»

(Fabio Capolla)

Sono tornato a casa. La gioia di ricevere l’abbraccio della mia famiglia. Oggi è stata una giornata strana per certi versi. Il succedersi frenetico degli eventi delle scorse ore è scemato. Una giornata di assestamento, di presa di coscienza della realtà nelle diverse tendopoli, i nuovi ritmi di vita, i bambini che giocano e corrono in spazi verdi, i volontari che preparano i pasti, quelli che distribuiscono vestiario e beni di prima necessità, i medici che non hanno feriti gravi, ma anziani che vogliono misurarsi la pressione. Così come quando quasi quotidianamente si recavano dal medico di famiglia. La vita è nelle tendopoli. Per la città il silenzio, il deserto, la tristezza. Le macerie protagoniste. Alcune di queste strade sono chiuse, l’accesso è consentito solo ai soccorritori che fino al giorno di Pasqua continueranno a scavare, alla ricerca degli ultimi dispersi. Un lavoro difficile, intenso, ma adesso senza l’occhio invadente di telecamere, macchine fotografiche e di noi giornalisti alla ricerca della notizia in anteprima.
La vera notizia di oggi, più che la passeggiata in centro storico di Silvio Berlusconi che si è voluto sincerare in prima persona dei danni causati dal terremoto, rimanendo sconcertato dal fatto che visti dall’alto sembravano di minore entità e più circoscritti, è stata l’annuncio dell’imminente visita del Papa.

Una telefonata a ora di pranzo all’arcivescovo. Una cosa molto informale mi hanno raccontato i collaboratori di monsignor Molinari. «Avevo il cellulare in mano e chiamavo il vescovo, che era in riunione, facendogli capire che dall’altra parte c’era Benedetto XVI», hanno raccontato. Un episodio di una familiarità e di una semplicità impressionanti. Come quando nostra moglie o nostro marito si presenta con il telefono cordless per passarci un amico. E il Papa in questa occasione ha dimostrato di essere padre di tutti gli aquilani, vicino a loro con la preghiera, con la sua benedizione.

Dopo Berlusconi un momenti bello anche per me. Sono stato invitato a pranzo! Persone che non avevo mai visto prima, che non avevo mai incontrato, con cui non avevo mai parlato. E’ stato Ercole, il padrino di battesimo di mia figlia, che aveva raggiunto Marco, Gino, le loro famiglia nella frazione di Sant’Elia, pochi chilometri fuori L’Aquila, a chiamarmi a farmi andare lì. Non una villa… due camper che li accolgono dopo il terremoto. Eppure era come se stessi a casa. Mangiare era felicità allo stato puro; poi la conoscenza con loro, le loro storie, le difficoltà di chi il terremoto ha messo per strada ma la certezza che non bisogna fare grandi ragionamenti. La realtà va vissuta fino in fondo, con la certezza di chi pensa a me, anche nei momenti più difficili.
Il pomeriggio è stato vissuto con il vescovo. Gira, nonostante le difficoltà, tra la gente. Raccoglie testimonianze porta conforto come si può leggere nell’intervista. Esperienze di fede che si elevano in questi momenti terribili. Nella tendopoli che visitiamo insieme le facce di giovani e anziani che non vogliono abbandonare la propria terra, che sono pronti a ricostruire un futuro. Colpisce un padre di famiglia, che sotto le macerie del terremoto ha perso la moglie e una figlia. «Mi aggrappo alla fede, altrimenti sarei disperato, invece provo solo dolore, ma continuo a vivere nella consapevolezza di un destino più grande». Con queste parole affronto il Gran Sasso per tornare a casa, mentre una scossa di magnitudo 3.2 riporta alla realtà quotidiana che si sta vivendo. La macchina corre veloce sotto il Gran Sasso e sui successivi cavalcavia dell’autostrada, mentre prego di arrivare il prima possibile, per trovare quegli sguardi che mi mancano da ore… e anche una doccia.

© Copyright Il Sussidiario, 9 aprile 2009

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