lunedì 11 maggio 2009

Il Papa arriva in Israele portando una speranza ai cristiani di Gerusalemme (Ferrero)


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Il viaggio di Benedetto XVI

Il Papa arriva in Israele portando una speranza ai cristiani di Gerusalemme

di Bernardino Ferrero

11 Maggio 2009

Dopo aver indossato la Kefiah in Giordania, Benedetto XVI oggi sbarca a Tel Aviv dove lo attende il presidente Netanyahu. Il viaggio del Papa in Israele serve a sgombrare il campo, una volta per tutte, dalle polemiche seguite alla revoca della scomunica al vescovo negazionista e a rinsaldare il “legame inseparabile” tra la chiesa cattolica e l’ebraismo. Il rabbino Elio Toaff ha dichiarato ieri alla ADN Kronos che “la visita del Papa in Medio Oriente rappresenta un importante gesto sulla strada del dialogo fra i popoli e le religioni e un pellegrinaggio alle radici e sui luoghi delle religioni monoteistiche”.
Le misure di sicurezza sono straordinarie, circa 80.000 uomini tra poliziotti e forze della sicurezza sono impegnate nell’Operazione “White Cloak” per garantire l’incolumità del Pontefice e proteggerlo durante la visita nei luoghi santi. Benedetto XVI celebrerà la messa a Gerusalemme, a Betlemme e a Nazareth. La visita allo Yad Vashem – il memoriale dell’Olocausto – sarà un momento inequivocabile di condanna verso ogni forma di negazionismo e di antisemitismo.
Il Papa porta un messaggio di speranza alla comunità cristiana che vive nei luoghi santi e in particolare a quella di Gerusalemme. Ci sono circa 160.000 cristiani tra Israele, West Bank e Gaza. Nel 1946, alla fondazione dello Stato di Israele, a Gerusalemme vivevano circa 30.000 cristiani, il 20 per cento della popolazione; oggi sono diventati 1.400, il 2 per cento, compresi preti e monaci. E’ un’involuzione demografica preoccupante che colpisce le diverse denominazioni cristiane presenti nella città santa.
La comunità più estesa a Gerusalemme è quella cattolica (4.500 persone), seguita da quella ortodossa (3.500), armena (1.500), dalle denominazioni protestanti (850), dai copti di origine siriana (250) e dagli etiopi (60). L’obiettivo del viaggio del Papa è quello di risvegliare il mondo cattolico, per evitare che possa ripetersi anche in Terra Santa quel fenomeno di ‘diaspora’ cattolica che in altri Paesi, come la Turchia, ha portato a trasformare i luoghi della fede cristiana in musei.
La guerra, il fatto di essere considerati troppo amici degli ebrei dagli arabi, e troppo amici degli arabi dagli ebrei, ha spinto un gran numero di cristiani ad abbandonare Israele e la Palestina, contribuendo ad alimentare il senso di precarietà in cui vivono i fedeli. I cristiani sono sempre di più una minoranza e tendono a sentirsi stranieri nella propria terra. Consolare e dare speranza, ecco la missione di Gerusalemme del Papa.

© Copyright L'Occidentale, 11 maggio 2009

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