sabato 5 settembre 2009
Il Papa a Viterbo e Bagnoregio: «Forte invito alla comunione» (Cardinale)
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Il Papa a Viterbo e Bagnoregio «Forte invito alla comunione»
Domani l’attesa visita nella «città dei Papi» e nella patria di Bonaventura, santo caro a Benedetto XVI. Il vescovo Chiarinelli: la nostra priorità è educare alla fede per vivere da cristiani la realtà d’oggi
DI GIANNI CARDINALE
Domani Benedetto XVI visita Viterbo, la città dei Papi, e Bagnoregio, patria di san Bonaventura, il dottore della Chiesa particolarmente caro all’attuale Pontefice. Per l’occasione Avvenire ha intervistato il vescovo di Viterbo Lorenzo Chiarinelli che dal 1997 guida la diocesi.
Eccellenza, qual è la genesi di questa visita?
Nel marzo del 2008, quando siamo andati in udienza dal pontefice per consegnargli gli atti del Convegno «La fede nella storia: san Bonaventura e Joseph Ratzinger» e gli avevamo rivolto l’invito a visitare la nostra diocesi, una sua risposta era stata: «In effetti. a Pavia ci sono già stato!». E questo era stato un buon segno...
In che senso?
Il Papa aveva visitato la città lombarda come omaggio a sant’Agostino che era stato oggetto della sua tesi dottorale. E siccome la teologia della storia in san Bonaventura da Bagnoregio era stato il tema della licenza «docendi», quella sua risposta ci ha fatto intendere che forse questa, per così dire, ascendenza culturale, ci avrebbe portato a questa visita. E così è stato.
Qual è il legame quindi tra Ratzinger e san Bonaventura?
Ratzinger ha sempre enfatizzato il debito nei confronti del doctor Seraphicum*, della cui teologia, nella sua dissertazione, diede una interpretazione nuova, sia riguardo al suo concetto dinamico di rivelazione, poi fatto proprio dal Concilio Vaticano II, sia nel rapporto con la visione della storia di Gioacchino da Fiore. Ratzinger rovesciò la tesi corrente che san Bonaventura avesse condannato in toto il pensiero dell’abate calabrese, dimostrando invece come avesse accolto ciò che poteva esserlo.
Il Papa oltre alla Bagnoregio di san Bonaventura visita anche Viterbo, la 'città dei Papi'...
Si tratta di una definizione che ha la sua giustificazione storica. Cinquanta Papi l’hanno visitata, diciotto l’hanno abitata per più di sei mesi. Non solo: cinque vi sono stati eletti e quattro vi sono stati sepolti. Senza contare poi che Viterbo ospitò il primo conclave della storia, nel senso tecnico del termine. Ma Viterbo non è solo città di Papi, ma anche città di santi...
Si riferisce a santa Rosa?
Ovviamente, proprio oggi (ieri per chi legge, ndr) ne abbiamo celebrato la festa, dopo che la sera prima c’è stato il trasporto della cosiddetta Macchina. Ma non solo. La nostra diocesi ha dato i natali anche a santa Lucia Filippini, fondatrice delle Maestre Pie, e santa Rosa Venerini, iniziatrice della scuola femminile. Nonché la beata Maria Gabriella Sagheddu, della comunità trappista di Vitorchiano, patrona dell’ecumenismo spirituale. A queste figure poi voglio aggiungere quella del beato passionista Domenico Barberi che forse potrà interessare particolarmente al Santo Padre. Fu lui infatti che a Birmingham accolse la conversione dall’anglicanesimo del futuro cardinale John Henry Newman.
Cinquanta Pontefici hanno visitato Viterbo. Quale può essere la novità di questo incontro?
È la prima volta che un Pontefice viene nella nostra diocesi nella sua attuale configurazione. Giovanni Paolo II venne infatti nel 1984 e due anni dopo a Viterbo, sede episcopale che risale al VI secolo, vennero unite Acquapendente, Bagnoregio, Montefiascone, Tuscania e l’abbazia di San Martino al Monte Cimino. Questa visita quindi può essere considerata una presa d’atto di una realtà territorialmente nuova ma anche di una vocazione che potremmo dire nuova.
Quale?
Alla comunione, alla solidarietà, a come incarnare la fede nei dinamismi del territorio e della sua storia. Questo è ben rappresentato nelle tre porte di bronzo della Cattedrale che noi regaleremo, in esemplare, al Santo Padre.
Quali sono le questioni principali che la vostra diocesi si trova ad affrontare?
Oggi, come direbbe von Balthasar, «il caso serio », è la fede. Per questo abbiamo scelto come logo della visita «Conferma i tuoi fratelli». La questione è l’educazione alla fede, come diventare cristiani, come vivere da cristiani nel mondo di oggi. E in questo ci sono di grande aiuto quella straordinaria costellazione di santi di cui ho fatto cenno prima.
Qual è il clima di attesa che si respira?
Gioiosa. Da parte di tutta la popolazione. E devo dire che sono rimasto molto colpito della disponibilità e dalla fattiva collaborazione di tutte le autorità locali – Regione, Provincia, Comune, Prefettura, Forze dell’ordine – senza distinzioni di appartenenza politica. Spero che questo bel clima collaborativo possa essere contagioso per tutta la nostra nazione.
© Copyright Avvenire, 5 settembre 2009
*Ovviamente San Bonaventura e' il "Doctor Seraphicus".
R.
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