lunedì 10 novembre 2008
Il cardinale Montezemolo risponde al rabbino Di Segni: ingenerose ed immotivate le critiche a Benedetto XVI (Galeazzi)
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Cari amici, ieri su "La Stampa" e' stata pubblicata un'intervista di Giacomo Galeazzi a Riccardo Di Segni.
Non sono per nulla d'accordo con le critiche del rabbino capo di Roma a Papa Benedetto "accusato" di avere dimenticato i mea culpa di Giovanni Paolo II.
Ricordo che essi non sarebbero stati possibili senza l'apporto teologico dell'allora cardinale Ratzinger.
Inoltre secondo il parere di autorevoli esponenti del mondo ebraico, da ultimo l'ex ambasciatore israeliano presso la UE (vedi qui), Benedetto XVI ha il merito di avere fatto ulteriori passi avanti nel dialogo interreligioso.
All'intervista a Di Segni risponde, oggi, sempre su "La Stampa" e sempre a firma di Galeazzi, il cardinale Andrea Cordero Lanza di Montezemolo.
Leggiamo la prima intervista e, di seguito, la seconda.
R.
“I mea culpa di Wojtyla restano solo un ricordo”
intervista a Riccardo Di Segni a cura di Giacomo Galeazzi
in “La Stampa” del 9 novembre 2008
Riccardo Di Segni, rabbino capo di Roma: Pio XII è stato «un dono di Dio» come dice il Papa?
«Sicuramente non lo è stato per il popolo ebraico. Non bisogna nominare il nome di Dio invano. A me sembra che in tutta la questione-Pacelli di unilaterale, per usare le parole di Benedetto XVI, ci sia solo la campagna condotta dalla Chiesa per riscrivere il profilo storico di Pio XII. Eppure l'evidenza dei fatti richiederebbe ben altra prudenza. Per esempio, dopo il rastrellamento degli ebrei al ghetto di Roma, il treno dei deportati è stato fermo alla stazione Tiburtina senza che Pio XII spendesse una sola parola per bloccarlo e non farlo partire verso i lager. C’è indignazione nella nostra comunità. Ormai ogni giorno dalla gerarchia ecclesiastica arriva una dichiarazione a favore della beatificazione, ma l’operazione in atto è più vasta e punta adunobiettivo molto più ambizioso».
Quale operazione?
«E’ in pieno svolgimento nella Chiesa uno scontro molto duro tra fazioni, proprio attorno alla figura di Pacelli. La parte della Curia più vicina al Papa sta utilizzando le polemiche su Pio XII per un disegno apologetico globale, cioè per arrivare ad una totale autoassoluzione della Chiesa. In pratica, si vuole sbandierare al mondo che la Chiesa è infallibile, ha sempre ragione e non c’è nulla nella storia ecclesiastica che richieda un meaculpa. Il clima, purtroppo, si è radicalizzato ed è mutato velocemente rispetto all’epoca di Karol Wojtyla».
In che modo?
«Si sta invertendo la rotta intrapresa con quella serie di coraggiosi pronunciamenti, incluso il discorso di Wojtyla alla sinagoga di Roma. Ora prevale l’orientamento contrario, quindi si ribalta il quadro e si dice che la Chiesa è sempre perfetta, non deve chiedere scusa di nulla e non ha mai tradito la sua missione. Si cerca di cancellare con un colpo di spugna tutto ciò che richiede un severo, onesto esame di coscienza. Gli accordi diplomatici del Vaticano con Hitler, i secoli di antigiudaismo, l’intera responsabilità del mondo cristiano durante la Shoah».
Da parte ebraica c’è una campagna anti-Pio XII?
«Noi siamo stati solo spettatori. E’ una disputa interna al mondo cattolico. Anzi, noi avevamo auspicato di pervenire ad un giudizio storico equilibrato, senza pressioni politiche, apologetiche e agiografiche. Non tocca a noi decidere della sua santità, però notiamo troppa concitazione e poca meditazione, mentre noi conserviamo la memoria di verità storiche innegabili».
Pio XII doveva venire al ghetto dopo il rastrellamento degli ebrei come fece a San Lorenzo per i bombardamenti?
«Non doveva neppure arrivare a tanto. Bastava che dicesse di fermare il treno diretto ai campi di concentramento, invece opportunisticamente tacque e il silenzio era il miglior alleato dei nazisti».
© Copyright La Stampa, 9 novembre 2008 consultabile online anche qui.
Mi dispiace doverlo dire ma ci sono affermazioni in questa intervista che non posso accettare e non serve che vi citi quali!
Mi dispiace anche che il rabbino Di Segni non abbia sentito il dovere di dire una parola di commento all'Angelus di ieri.
R.
“Guai a chi si intromette negli affari della Chiesa”
intervista a Andrea Cordero Lanza di Montezemolo a cura di Giacomo Galeazzi
in “La Stampa” del 10 novembre 2008
Karol Wojtyla Benedetto XVI non azzera i «mea culpa» di Karol Wojtyla e prosegue sulla strada della purificazione della memoria, ma non si possono ammettere intromissioni in una questione interna della Chiesa come la beatificazione di papa Pacelli».
Al rabbino capo di Roma, Riccardo Di Segni, che ieri in un'intervista a «La Stampa» stigmatizzava l'inversione di rotta «apologetica» di Ratzinger rispetto alla mano tesa da Giovanni Paolo II ai «fratelli maggiori», replica seccamente l'arciprete della basilica di San Paolo.
«Pio XII ha salvato un numero enorme di ebrei, tutta la Chiesa lo vuole beato e in Curia non c'è nessuna contrapposizione», assicura il cardinale torinese Andrea Cordero Lanza di Montezemolo che nel 1993 stabilì per il Vaticano le relazioni diplomatiche con Israele.
Benedetto XVI si rimangia i mea culpa di Wojtyla per assolvere l'intera storia della Chiesa?
«Assolutamente no. Ho letto con stupore e dispiacere l'attacco del rabbino Di Segni. Non è affatto vero che Benedetto XVI faccia marcia indietro rispetto al suo predecessore e a quelle richieste di scuse per le colpe ecclesiali. Ogni papa ha il proprio carattere, peculiarità, maniera di agire, ma sul dialogo interreligioso e le grandi questioni di fondo non c'è discontinuità tra i due pontificati. Tanto meno nella valutazione dell'immensa figura di Pio XII. Quanto ha realizzato Pacelli in un difficile ventennio sul soglio di Pietro non può ricevere critiche e opposizioni».
Il rabbino di Roma deplora il «silenzio opportunistico» di Pio XII durante i rastrellamenti al ghetto...
«Chi lo accusa entra in campi di competenza non suoi, mentre spetta ad altri giudicare se dichiarare beato Pio XII. È in corso un processo canonico rigido, duro, complesso. Bisogna lasciar fare a coloro cui compete vagliare l'insieme e assumere la decisione finale. Benedetto XVI dà voce a tutta la Chiesa quando dice che siamo stanchi di questi attacchi. Ci accusano di non aprire certi archivi, ma ignorano che anche lì esistono delle regole. Non si aprono gli archivi prima di un determinato tempo anche per non coinvolgere persone che possono essere ancora vive. Non è serio mettere sotto tiro alcuni aspetti del profilo di papa Pacelli. Un'offensiva che non regge alla verifica dei fatti storici».
Il Vaticano è spaccato tra favorevoli e contrari alla beatificazione?
«Neppure questa affermazione del rabbino ha fondamento. Tutti speriamo di vedere Pio XII beato perché la sua testimonianza è ancora fortissima. La sua Curia era ricca di personalità eccezionali come Montini, Tardini, Ottaviani e anche dalla qualità dei collaboratori si valuta un pontefice. Migliaia di testimonianze dirette lo indicano come strenuo difensore degli ebrei durante le persecuzioni naziste. Ai suoi accusatori, invece della foga ideologica, servirebbe un ragionamento sereno. E poi ogni pontificato va contestualizzato e giudicato con le categorie del suo tempo. All'epoca di Pacelli avevamo una visione del papa molto diversa rispetto a quella dei decenni successivi. La questione è delicata e danno noia queste intromissioni negli affari interni della Chiesa».
Nei rapporti con l'ebraismo Ratzinger si differenzia da Wojtyla?
«No. La purificazione della memoria ecclesiale è stata condotta da Giovanni Paolo con il cardinale Ratzinger come principale collaboratore. E quella stagione prosegue tuttora e si esprime nelle accorate condanne di Benedetto XVI dell'antisemitismo. Le critiche da parte ebraica sono ingenerose e immotivate quanto sono inammissibili le intromissioni di Israele nella beatificazione di Pio XII. Sono giudizi esterni inopportuni che possono disturbare e sembrano voler obbligare il Papa a compiere scelte nel senso voluto. Fare o non fare cause di beatificazione sono questioni interne della Chiesa. Certo il Papa è sensibile, ma disturbano le intromissioni».
© Copyright La Stampa, 10 novembre 2008 consultabile online anche qui.
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5 commenti:
E' la prima voce che spiega e risponde a Disegni con chiarezza e senza farfugliamenti su come stanno veramente le cose sia per quanto riguarda la beatificazione di Pio XII, e sia su chi all'epoca l'autore passato nell'ombra delle ormai mirabolanti Mea Culpa di GPII che secondo il mio modestissimo punto di vista sono solo state un bel gesto ma, che non hanno portato a nulla di concreto.
E' ovvio e questo ormai lo ripetiamo da una vita da questo blog, che ogni Papa ha un suo carattere, una sua personalità ed un diverso modo di affrontare le problematiche Ma, come dice giustamente il cardinale Montenzemolo, sui principi basilari come il dialogo interreligioso ed i famosi principi non negoziabili, gli intenti sono gli stessi e tutto ciò è facilmente verificabile leggendo le encicliche sia dell'uno che dell'altro Pontefice ciò che coloro che si definiscono ora estimatori ed orfani di GPII non hanno mai fatto; perchè in tal caso noterebbero la continuità innegabile di insegnamenti fra i due Pontefici .
Le dichiarazioni di Disegni sono assurde e prive di qualsiasi buon senso ma, solo dettate dalla personale contrarietà della nazionalità del Papa dimenticando una cosa importantissima che anche nella famiglia Ratzinger c'è stata una vittima dell'atroce pazzia nazista che per questo evento ha sofferto come tanti in quel periodo e questo è risaputo.
Spero, di non dover leggere ancora da parte di Disegni certe prese di posizione che hanno dell'inconcepibile soprattutto, quando il Papa desidera con tutte le sue forze un dialogo chiarificatore che per l'ennesima volta, dico non c'è mai stato; un dialogo che favorisca in modo chiaro, determinato e definitivo, certi aspetti che in passato per quieto vivere sono stati trascurati.
Cara Raffaella,
seguo con piacere il tuo blog, soprattutto in questi giorni in cui si parla così tanto di Pio XII. Mi ha sinceramente stupito l'intervista del Rabbino Di Segni, persona solitamente molto equilibrata, al quotidiano "La Stampa" da cui si evince, a mio parere, che il rabbino ha il dente avvelenato. Con chi ce l'ha?
Forse con il cardinale Bertone con cui si becca sempre?
Cordiali saluti,
Sandra Spina
il rabbino ha il dente sempre più avvelenato...
ero presente quando, all'ingresso del card Lustiger (notoriamente convertito proprio per essere stato salvato dalla deportazione), in occasione del quarantennale della Nostra Aetate, documento fondamentale per il 'Dialogo', si alzò e si sottrasse alla partecipazione all'evento.
Un simile comportamento in una persona con la sua responsabilità e con l'impegno che chiede agli altri nel dialogo, non mi sembra indice né di equilibrio né di buona volontà... e credo fermamente che gli ebrei - come chiunque voglia avere un futuro - debbano guarire dalle ferite per quanto dure, del loro passato, e smetterla di sbattercele in faccia come per perpetuare un nostro senso di colpa che, come cristiani, non ha nessun motivo di esistere...
Hitler non era cristano, aveva riesumato un neo paganesino e il mito del superuomo...
Ma perchè nessuno gliele dice chiare queste cose?
Scusate, ma cosa volete aspettarvi da un comunista? Il rabbino Di Segni per sua stessa ammissione al Corriere - Magazine in un'intervista dello scorso anno, disse di aver scritto su Il Manifesto e di essere stato comunista. Orbene, con tutti i preti e i sacerdoti no global sul genere di Don Gallo o Don Vitaliano, lo so bene che è un testo dolente anche per i cattolici la militanza nelle file della sinistra; ma almeno nelle gerarchie ecclesiali non ce n'è stato ancora uno che venisse da un passato comunista. Il rabbino Di Segni, invece sì. E questo mi spiace ma conta. Conta nel suo aspro spirito polemico, conta in quel tasso di conflittualità permanente e livoroso. Eppoi è ora di rispondere per le rime e di dire che anche il comunismo ha fatto gli stessi sfracelli, e moltissimi morti ammazzati come il fascismo e nazismo.
Errata corrige: "Tasto dolente" e non "testo". Scusate il refuso
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