giovedì 13 novembre 2008
Caso Englaro: una legge necessaria. Commenti al responso della Cassazione (Sir)
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CASO ENGLARO - Una legge necessaria
Commenti al responso della Cassazione
“Chiediamo che alla lunga fine di Eluana, proprio perché si tratta di una vera e propria condanna a morte in età repubblicana, non solo assistano alcuni testimoni, ma possa essere registrata in video e messa a disposizione di quanti ne facciano richiesta. Come accade nei Paesi che prevedono la pena di morte per i propri cittadini. Così i nostri figli e i nostri nipoti potranno scoprire come un cittadino italiano possa essere condannato da un giudice di uno Stato civile e democratico a morire di fame e di sete”. Questa la reazione dell’associazione Scienza e Vita alla sentenza che “condanna a morte Eluana”. Nel pomeriggio di oggi, 13 novembre, è arrivato infatti il responso definitivo delle sezioni unite civili della Cassazione, che hanno dichiarato inammissibile per “difetto di legittimazione” il ricorso della Procura generale di Milano sul caso di Eluana Englaro, autorizzando in questo modo la sospensione dell’alimentazione e dell’idratazione per la ragazza di Lecco in stato vegetativo persistente da quasi 17 anni. Già l’11 novembre il procuratore generale della Cassazione, Domenico Iannelli, nella sua requisitoria si era pronunciato a favore dell’inammissibilità. La Procura aveva impugnato la sentenza della Corte d’Appello di Milano, che su rinvio della Cassazione, lo scorso 9 luglio, aveva dato via libera al tutore di Eluana, suo padre Beppino Englaro, per interrompere l’alimentazione e l’idratazione artificiale. Secondo Iannelli, la procura di Milano non poteva impugnare la decisione della Corte d’Appello di Milano in quanto, come prevede la legge in questo caso, “non si tratta di tutelare un interesse pubblico ma si tratta di una situazione soggettiva individuale” (cfr SIR Quotidiano dell’11 e 12 novembre).
Condanna a morte.
“La decisione della Suprema Corte – osserva Scienza e vita – di fatto autorizza la sospensione dell’idratazione e dell’alimentazione che restano secondo noi, e anche per una larghissima parte dell’opinione pubblica italiana, semplici sostegni vitali e non terapie”. “Da questa scelta consegue – rimarca l’associazione – un’interpretazione riduttiva della vita, quale non degna di essere vissuta. E soprattutto l’idea che la vita umana sia disponibile. Ovvero, che ciascuno di noi possa esercitare addirittura un diritto di morire con il corrispettivo dovere di uccidere (perché qualcuno deve pure eseguire la sentenza). Diritto di morire che non è contemplato nella Costituzione e che sfida il criterio umanistico del favor vitae a cui essa si ispira”.
Non è un interesse privato.
“La vita di una persona non è solo un interesse privato”. A puntualizzarlo al SIR è Giuseppe Dalla Torre, rettore della Lumsa, che riguardo alla decisione della Cassazione puntualizza: “Non siamo dinanzi alla compromissione di un diritto privato qualsiasi, ma ad una violazione di un diritto costituzionale. Se si viola la Costituzione per uno, la si viola per tutti”. Di qui l’auspicio che “intervenga il legislatore per evitare situazioni di questo genere”. Una legge sul fine vita, secondo il giurista, è “assolutamente necessaria”, nella misura in cui “i giudici hanno imboccato una strada per cui decidono loro in assenza di norme”, per correggere una giurisprudenza “che non corrisponde al sentire degli italiani e al dettato costituzionale”. “Un’interpretazione formalistica del diritto – spiega il giurista – porta ad uccidere, a negare un principio fondamentale del nostro ordinamento, e cioè la centralità della persona umana e il diritto alla vita in ogni stato, in ogni condizione. Quando formalisticamente ci si attiene a certe norme procedurali, si arriva all’assurdo di legittimare la morte, che è un principio ripudiato dalla nostra Costituzione”. In sintesi, quella della Corte di Cassazione è stata, per Dalla Torre, “un’applicazione pedissequa e formalistica del diritto, che va contro i principi fondanti della nostra Costituzione”. Secondo Carlo Casini, presidente del Movimento per la vita, quella della Cassazione è una decisione che “mette in pericolo le altre migliaia di Eluana accudite amorosamente dai congiunti, le migliaia di vite di persone gravemente handicappate che dipendono dalla capacità di accoglienza da parte dell’intera società. In definitiva mette in pericolo tutti noi quando diventiamo marginali e inutili”. Allo stato attuale, per Casini, “è ancora possibile un ricorso alla Corte europea dei diritti dell’uomo, che però non ha effetto sospensivo”. Di qui la necessità di “impegnarsi subito con grave vigore per l’approvazione di una legge la quale, restituendo verità all’articolo 32 della Costituzione, impedisca che si verifichino ancora altri drammatici abbandoni di persone in stato di grave disabilità come Eluana”.
No alla “bioetica dei Tribunali”.
“È un fatto grave che si pretenda di risolvere questioni così delicate nelle aule dei Tribunali”. Così Antonio Spagnolo, docente di bioetica all’Università di Macerata, commenta il responso della Cassazione sul caso Englaro. “Questa sorta di giuridicizzazione della bioetica – spiega Spagnolo – toglie spazio alla relazione tra medico e paziente. Già il Papa, di recente, aveva espresso il timore che i pronunciamenti legislativi potessero prendere il sopravvento sui giudizi medici, auspicando che ogni situazione vada collocata nell’ambito dell’alleanza terapeutica tra medico e paziente, per prendere le opportune decisioni caso per caso”. L’iter “pesante e difficile” del caso Englaro, secondo Spagnolo, “ha fatto di Eluana la vittima sacrificale che ha caricato su di sé tutte le dinamiche che tendono a riportare le questioni sul fine-vita esclusivamente sul piano giuridico”. In questo contesto, per il bioeticista, “una legge sul fine-vita, purché di ampio respiro, potrebbe servire a evitare di arrivare a situazioni come queste, in cui non c’è bisogno di ricorrere ad interventi giudiziari, ma bisogna agire sul versante dell’assistenza, del sostegno alle famiglie e a chi si trova a vivere in tali condizioni”.
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1 commento:
Tante parole forse troppe: Ora serve solo silenzio e vero rispetto per Eluana.
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