venerdì 10 aprile 2009
Il Papa nella Messa in Coena Domini: «Questa è l’ora dell’amore donato senza limiti» (Muolo)
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«Questa è l’ora dell’amore donato senza limiti»
Durante la celebrazione in «Coena Domini», in cui ha ripetuto il gesto della lavanda dei piedi, il Pontefice si è soffermato sulla centralità dell’Eucaristia: «Ci insegna a guardare il mondo come Gesù, riconoscendo i fratelli e le sorelle che hanno bisogno di noi»
Mimmo Muolo
DA ROMA
È l’ora di Gesù, l’ora dell’amore donato senza limiti e confini. Lo stesso amore che ora viene chiesto ai suoi discepoli. Perciò ieri pomeriggio, nella Messa in Coena Domini, che ricorda l’istituzione dell’Eucaristia e del sacerdozio ministeriale, il Papa ha sottolineato: «Preghiamo affinché guardiamo il mondo con occhi di amore, con gli occhi di Gesù, riconoscendo così i fratelli e le sorelle, che hanno bisogno di noi, che sono in attesa della nostra parola e della nostra azione». La celebrazione che ricorda l’Ultima Cena e che apre il Triduo Pasquale si presta sotto molti aspetti a «irrobustire» questo tipo di sguardo. Innanzitutto attraverso la ripetizione della lavanda dei piedi, compiuta da Gesù la sera del Giovedì Santo a beneficio degli Apostoli.
Era il lavoro riservato agli ultimi tra gli schiavi e il Signore, effettuandolo, volle far capire fino a che punto deve arrivare il servizio vicendevole tra gli uomini.
Anche Benedetto XVI, come tutti i vescovi del mondo, ieri lo ha ripetuto, lavando i piedi a dodici sacerdoti della diocesi di Roma. Inoltre durante la Messa nella Cattedrale della Capitale sono state raccolte offerte che saranno destinate alla piccola comunità cattolica di Gaza. E dunque appaiono in straordinaria continuità con questi gesti anche le parole che il Papa ha pronunciato nel corso dell’omelia, proprio mettendo in risalto la ricca gestualità della celebrazione eucaristica.
«La Chiesa orante guarda alle mani e agli occhi del Signore – ha sottolineato –. Vuole quasi osservarlo, vuole percepire il gesto del suo pregare e del suo agire in quell’ora singolare, incontrare la figura di Gesù, per così dire, anche attraverso i sensi». Innanzitutto le mani.
«Guardiamo a quelle mani con cui egli ha guarito gli uomini – ha esortato il Papa –; alle mani con cui ha benedetto i bambini; alle mani, che ha imposto agli uomini; alle mani, che sono state inchiodate alla Croce e che per sempre porteranno le stimmate come segni del suo amore pronto a morire.
Ora siamo incaricati noi di fare ciò che egli ha fatto: prendere nelle mani il pane perché mediante la preghiera eucaristica sia trasformato ». Quindi gli occhi. «Il Signore ci insegna ad alzare gli occhi e soprattutto il cuore – ha ricordato Benedetto XVI –. A sollevare lo sguardo, distogliendolo dalle cose del mondo, a orientarci nella preghiera verso Dio e così a risollevarci. In un inno della preghiera delle ore chiediamo al Signore di custodire i nostri occhi, affinché non accolgano e lascino entrare in noi le vanitates, le vanità, le nullità, ciò che è solo apparenza. Preghiamo che attraverso gli occhi non entri in noi il male, falsificando e sporcando così il nostro essere. Ma vogliamo pregare soprattutto per avere occhi che vedano tutto ciò che è vero, luminoso e buono; affinché diventiamo capaci di vedere la presenza di Dio nel mondo».
Infine lo spezzare il pane. «È il gesto del padre di famiglia che si preoccupa dei suoi e dà loro ciò di cui hanno bisogno per la vita. Ma è anche il gesto dell’ospitalità con cui lo straniero, l’ospite viene accolto nella famiglia e gli viene concessa una partecipazione alla sua vita. Dividere, con-dividere è unire. Mediante il condividere si crea comunione. Nel pane spezzato, il Signore distribuisce se stesso. Il gesto dello spezzare allude misteriosamente anche alla sua morte, all’amore sino alla morte». In altre parole «Gesù trasforma il pane, non dà più pane terreno, ma la comunione con se stesso. Questa trasformazione, però, vuol essere l’inizio della trasformazione del mondo. Affinché diventi un mondo di risurrezione, un mondo di Dio».
Allo stesso modo nella trasformazione del vino nel proprio sangue, «il Dio vivente stabilisce con noi una comunione di pace, anzi, Egli crea una 'consanguineità' tra sé e noi. Mediante l’incarnazione di Gesù, mediante il suo sangue versato siamo stati tirati dentro una consanguineità molto reale con Gesù e quindi con Dio stesso». «Preghiamo il Signore – ha concluso il Pontefice – affinché comprendiamo sempre di più la grandezza di questo mistero».
© Copyright Avvenire, 10 aprile 2009
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