giovedì 9 aprile 2009
Mons. Molinari: «Il nostro Papa mi ha detto al telefono: verrò all’Aquila a portare conforto» (Ajello)
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«Il nostro Papa mi ha detto al telefono: verrò all’Aquila a portare conforto»
Parla il vescovo Molinari: «Ho risposto: grazie Santità, questo popolo non verrà meno»
MARIO AJELLO
dal nostro inviato
L’AQUILA
«Abbia la cortesia di pazientare un po’. Devo rispondere al telefonino».
Gli passano il cellulare. Giuseppe Molinari, vescovo dell’Aquila, un settantenne con un volto aperto da pastore del popolo che sarebbe piaciuto a Ignazio Silone, e con le scarpe sporche per i tanti calcinacci che ha pestato e le dita rosse per le tante mani di sfollati e di dolenti che continua a stringere e a carezzare, comincia a parlare con il Papa che lo ha chiamato dal suo studio in Vaticano.
E’ proprio lui, Benedetto XVI?
(Monsignor Molinari fa di sì con la testa. E continua a parlare al telefono, rispondendo con naturalezza cristiana alle cose che gli sta dicendo Ratzinger: «Santità, grazie! Santità, sono commosso dall’affetto che ci state rivolgendo. Santità, la forza di questo popolo non verrà meno»).
Monsignor Molinari, Benedetto XVI le ha annunciato che è in arrivo?
«Era lui al telefono. Ha parlato voce affranta e con amore. Mi ha detto che verrà quaggiù, nelle zone colpite dal sisma, nelle prossime settimane. Chissà, magari arriva il primo maggio. Comunque, la data precisa ancora non c’è. Lo aspettiamo. Al telefono, è stato buono, paterno. Ha espresso la sua vicinanza affettuosa alla nostra comunità che soffre ma è anche dotata di una tenacia che viene da lontano e che sta nelle radici di questo popolo. Ha detto che condivide la pena e le preoccupazioni di questa gente. Il Pontefice mi ha pregato di portare il suo conforto alle persone colpite nei beni materiali e nei beni spirituali, come la fiducia e la speranza».
Porterà il saluto del Papa agli aquilani durante i funerali di Stato che si svolgono domani?
«Sarà un momento di raccogliemento profondo, di dolore, ma anche un’occasione per farsi forza. Mi viene spesso alla mente, in questi giorni, un film in cui a un certo punto c’è questa battuta: ”A un sindacalista a che cosa serve la fede? A lottare di più”. La nostra lotta è quella per risorgere dalle macerie che abbiamo dentro e che abbiamo intorno. Ai vivi, ai sopravvissuti, toccherà insomma lo sforzo di ridare un senso e un futuro alla propria esistenza. Capisco che non è facile. Nella mia omelia, durante le esequie, esorterò i cittadini ad abbandonarsi al Signore. Lui sa ciò di cui abbiamo bisogno. E pregherò, insieme a tutti, perchè cessi il flagello».
Dopo il terremoto di Lisbona del 1755, Voltaire mise nero su bianco un concetto che molti provano davanti a queste sciagure: «Se Dio c’è, ed è onnipotente, perchè non è anche buono e impedisce ciò che sta succedendo»?
«Queste sono domande che non conoscono risposta. Ma chi ha la fede sa che all’origine di tutto c’è un avvenimento devastante che noi, nel catechismo, chiamiamo peccato originale. Non sto parlando banalmente della mela, che è un simbolo. Voglio dire che quel fatto devastante non ha rotto soltanto il rapporto fra l’uomo e Dio. Ma anche quello fra l’uomo e la natura. Se già da allora l’uomo si fosse affidato a Dio, e non ci fosse stato il peccato originale, il cammino dell’umanità sarebbe potuto essere diverso. E l’armonia fra l’uomo e il creato sarebbe stata più completa».
Secondo lei, il Dio che ha fallito in questo caso è stata la scienza, che non ha saputo prevedere il sisma?
«La scienza ha mostrato i suoi limiti. Ma noi sappiamo benissimo, al contrario di chi l’ha messa sull’altare e ne ha fatto un idolo, che la scienza non è onnipotente. Galileo, per esempio, non ha mai sostenuto questo. Ho anche seguito le polemiche, a mio modo di vedere sorprendenti e poco utili, sul fatto che questo terremoto fosse prevedibile. Ma i terremoti non sono prevedibili. Non so se sia stato il Padreterno a non averci dato questa facoltà o se siamo noi che siamo testoni».
Ma sono razionalmente spiegabili le tragedie naturali?
«No, non lo sono. Non c’è una spiegazione umana di questi fenomeni, ce n’è soltanto una sulla base della fede, almeno per chi ha fede. E noi sappiamo bene, come scriveva il grande scrittore e poeta cristiano Charles Peguy, che Dio è venuto sulla terra non a spiegarci la croce ma a distendersi sulla croce. E il libro di Giobbe arriva a questa conclusione: nessuno può spiegarci il dolore umano, è un mistero che sa solo il Signore. La ragione non può nulla in questo campo. E la scienza e la tecnica certo non riescono a consolare. Mentre uno spirito che levi lo sguardo al cielo, e guardi contemporaneamente nel profondo della propria umanità, può trovare la forza di rispondere dinnanzi alle sofferenze e la forza di non abbandonarsi alla disperazione del nulla».
Quindi, l’uomo può tanto?
«Qui le darò una risposta molto pratica. Noi possiamo usare tutta la misericordia che abbiamo dentro, la pietà, la solidarietà, la dedizione in favore del nostro prossimo».
Sta parlando di tutte le tantissime cose pratiche che ci sono da fare?
«Io, in questi giorni, oltre a portare parole di conforto, aiuto a portare coperte, tende, cucine da campo, scarpe, vestiti, pannolini, medicine. C’è da rimettere in piedi un universo umano, da ricostruire tutto. La gente viene da me, e mi racconta che ha perduto la casa, o il lavoro, o la casa e il lavoro. E anche noi abbiamo perduto tutto. Non c’è più una chiesa che stia in piedi. Bertolaso ci ha assicurato che dopo Pasqua potremo avere grandi tende da adibire alle funzioni religiose. Intanto, celebriamo le messe all’aperto. E la Curia, in piazza Duomo, nel centro storico, è inagibile. Ora è costituita da due capanne piazzate nel giardino della casa di mia sorella. Io sono fuggito nella notte dal palazzo vescovile, e senza la croce pettorale, senza l’anello, senza nulla con me. Mi stanno prestando tutto gli altri. E c’è da ricominciare da capo».
Il presidente Obama vi darà i soldi per rifare le chiese.
«In Obama ho sempre visto una grande spiritualità. E comunque, qualcuno dice: ”Bisogna pensare prima alle case e poi alle chiese”. Per noi, va bene. Ma va anche bene, se Obama pensa pure alle chiese. E lo ringrazio anticipatamente».
© Copyright Il Messaggero, 9 aprile 2009 consultabile online anche qui.
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