mercoledì 22 aprile 2009
Messaggio del Papa al card. Biffi: in Sant'Anselmo fede e ragione mirabilmente unite (Sir)
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"Anselmo sa che a Pietro e ai suoi successori (e non ad altri) Gesù ha detto: “Conferma i tuoi fratelli” (Lc 22,32); sa che a Pietro e ai suoi successori (e non ai vari opinionisti nella “sacra doctrina”, per quanto dotti e geniali) Gesù ha promesso: “Tutto ciò che legherai sulla terra sarà legato nei cieli, e tutto ciò che scioglierai sulla terra sarà sciolto nei cieli” (Mt 16,19); sa che a Pietro e ai suoi successori (e non all’una o all’altra colleganza ecclesiastica o culturale) Gesù ha dato il compito di pascere l’intero suo gregge (cf Gv 21,17)" (Monumentale omelia del card. Giacomo Biffi, Aosta, 21 aprile 2009)
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BENEDETTO XVI: IN SANT’ANSELMO “FEDE E RAGIONE MIRABILMENTE UNITE”
“Una tra le figure più luminose nella tradizione della Chiesa e nella stessa storia del pensiero occidentale europeo”, nella quale “fede e ragione” si “trovano mirabilmente unite”: così Benedetto XVI definisce Sant’Anselmo in un messaggio al vescovo di Aosta, mons. Giuseppe Anfossi, e a tutta la diocesi, affidato al card. Giacomo Biffi, suo inviato speciale alle celebrazioni per il IX centenario della morte del “dottore magnifico”, che prendono il via questa sera nel capoluogo valdostano città natale del Santo, e proseguiranno per tutto il 2009. Ripercorrendo la vita del futuro abate di Le Bec, poi arcivescovo di Canterbury, il Papa ne ha rammentato “l’intensa brama di sapere e l'innata propensione alla chiarezza e al rigore logico” che lo hanno spinto “verso le scholae del suo tempo” nella consapevolezza che “Dio si trova a una altezza inaccessibile, situata oltre i traguardi a cui l'uomo può arrivare, dal momento che Dio sta al di là del pensabile”. Per questo “il viaggio alla ricerca di Dio, almeno su questa terra, non si concluderà mai, ma sarà sempre pensiero e anelito, rigoroso procedimento dell'intelletto e implorante domanda del cuore”.
“È lui stesso – sottolinea il Pontefice - a confessare” che “l'intelligenza della fede è un avvicinarsi alla visione, alla quale tutti aneliamo e della quale speriamo di godere alla fine del nostro pellegrinaggio terreno”.
Sant’Anselmo, prosegue Benedetto XVI, “mirava a raggiungere la visione dei nessi logici intrinseci al mistero, a percepire la chiarezza della verità, e perciò a cogliere l'evidenza delle ragioni necessarie, intimamente sottese al mistero”. In realtà, precisa, “la sua ricerca dell'intelletto (intellectus) disposto tra la fede (fides) e la visione (species)” proviene “dalla stessa fede ed è sostenuta dalla confidenza nella ragione, mediante la quale la fede in certa misura si illumina”. Secondo Benedetto XVI l'intento di Anselmo è “innalzare la mente alla contemplazione di Dio”; per questo rimangono “programmatiche per ogni ricerca teologica le sue parole: Non tento, Signore, di penetrare la tua profondità”, ma “desidero intendere, almeno fino a un certo punto, la tua verità, che il mio cuore crede e ama.
Non cerco infatti di capire per credere, ma credo per capire”. Nominato arcivescovo di Cantebury, rammenta ancora il Papa, “appariranno in tutta la loro luce il suo amore della verità, la sua rettitudine, la sua rigorosa fedeltà alla coscienza” che gli faranno affermare: “Preferisco essere in disaccordo con gli uomini che, d'accordo con loro, essere in disaccordo con Dio”. Per tutte queste ragioni, conclude, benedetto XVI, Anselmo conserva “tuttora una grande attualità e un forte fascino”.
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