venerdì 17 aprile 2009

Ricordato in un Simposio al Palazzo di Vetro il discorso che Benedetto XVI pronunciò all'Onu il 18 aprile dello scorso anno (Radio Vaticana)


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Ricordato in un Simposio al Palazzo di Vetro il discorso che Benedetto XVI pronunciò all'Onu il 18 aprile dello scorso anno

L’ex ambasciatore degli Stati Uniti presso la Santa Sede, Mary Ann Glendon, ha tenuto il discorso principale, seguito dagli interventi di altre personalità. Alessandro De Carolis ricorda nel suo servizio i passaggi salienti del discorso del Papa:

Davanti alla platea schierata dei delegati Onu, Benedetto XVI fa ruotare tutto attorno a un punto cardine: il rispetto dell’inalienabile dignità di ogni persona umana, il “punto più alto del disegno creatore di Dio per il mondo e per la storia”. Questo, mette con insistenza in risalto il Papa, è stato ed è uno dei principi fondativi dell’Onu, insieme con “il desiderio della pace, la ricerca della giustizia”, la “cooperazione umanitaria e l’assistenza”.

Il Pontefice dice esplicitamente che la sua presenza al Palazzo di Vetro “è un segno di stima” per l’Organizzazione fondata nel 1945 e riconosce in un passaggio che il “merito della Dichiarazione Universale è di aver permesso a differenti culture, espressioni giuridiche e modelli istituzionali di convergere attorno ad un nucleo fondamentale di valori e, quindi, di diritti”. Tuttavia il mondo è molto cambiato in 60 anni. E in un mondo nel quale, osserva con schiettezza, “sperimentiamo l’ovvio paradosso di un consenso multilaterale che continua ad essere in crisi a causa della sua subordinazione alle decisioni di pochi”, mentre i problemi del mondo - soggiunge - esigono l’“azione collettiva da parte della comunità internazionale”, occorre allora “raddoppiare gli sforzi di fronte alle pressioni per reinterpretare i fondamenti della Dichiarazione”, senza “comprometterne l’intima unità, così da facilitare un allontanamento dalla protezione della dignità umana per soddisfare semplici interessi, spesso interessi particolari”:

“Tout État a le devoir primordial de protéger…

Ogni Stato ha il dovere primario di proteggere la propria popolazione da violazioni gravi e continue dei diritti umani, come pure dalle conseguenze delle crisi umanitarie, provocate sia dalla natura che dall’uomo. Se gli Stati non sono in grado di garantire simile protezione, la comunità internazionale deve intervenire con i mezzi giuridici previsti dalla Carta delle Nazioni Unite e da altri strumenti internazionali”.

Benedetto XVI denuncia quella declinazione al ribasso dei diritti derivanti dalla legge naturale operata, rimarca, da una “concezione relativistica” per cui a interpretare tali diritti diventano una certa politica o un certo contesto culturale e sociale, con i loro utilitarismi lontani dall’idea di bene comune. Al contrario, sostiene:

“The life of the community, both domestically and internationally…

La vita della comunità, a livello sia interno che internazionale, mostra chiaramente come il rispetto dei diritti e le garanzie che ne conseguono siano misure del bene comune che servono a valutare il rapporto fra giustizia ed ingiustizia, sviluppo e povertà, sicurezza e conflitto. La promozione dei diritti umani rimane la strategia più efficace per eliminare le disuguaglianze fra Paesi e gruppi sociali, come pure per un aumento della sicurezza”.

I diritti devono avere dunque un’anima. Se li si propone “semplicemente in termini di legalità - asserisce il Papa - rischiano di diventare deboli”. E anche i “nuovi diritti” che si affacciano sull’oggi della storia hanno bisogno di avere la spina dorsale della “solidarietà”. Questo diventa più facile, prosegue Benedetto XVI, quando la trascendenza diventa un valore oggettivo della vita e non solo soggettivo. La “dimensione religiosa” favorisce una maggiore sensibilità verso i valori della giustizia e della pace. E ciò, ribadisce il Pontefice, deve portare l’Onu a una rinnovata difesa del diritto di libertà religiosa:

"It is inconceivable, then, that believers…

È perciò inconcepibile che dei credenti debbano sopprimere una parte di se stessi – la loro fede – per essere cittadini attivi; non dovrebbe mai essere necessario rinnegare Dio per poter godere dei propri diritti (...) Non si può limitare la piena garanzia della libertà religiosa al libero esercizio del culto; al contrario, deve esser tenuta in giusta considerazione la dimensione pubblica della religione e quindi la possibilità dei credenti di fare la loro parte nella costruzione dell’ordine sociale”.

Benedetto XVI termina assicurando la volontà della Santa Sede di offrire con coerenza “il proprio contributo nella sfera etica e morale e con la libera attività dei propri fedeli”. Le Nazioni Unite, conclude, “rimangono un luogo privilegiato nel quale la Chiesa è impegnata a portare la propria esperienza ‘in umanità’, sviluppata lungo i secoli fra popoli di ogni razza e cultura, e a metterla a disposizione di tutti i membri della comunità internazionale”.

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