venerdì 17 aprile 2009

Lefebvriani, lettera del Papa ai vescovi: l'editoriale di Gianpaolo Barra (Il Timone)


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Anno XI - Aprile 2009 - n.82

Con il Papa

di Gianpaolo Barra

Il Papa ha scritto una lettera ai Vescovi della Chiesa Cattolica per spiegare le ragioni che lo hanno indotto a togliere la scomunica ai quattro vescovi consacrati nel 1988 da Mons. Marcel Lefebvre.
La lettera è stata ampiamente commentata sui media nazionali ed internazionali.
lo non ho nulla da aggiungere che non sia già stato detto.
Mi limito ad un'unica, dolorosa e triste constatazione, che emerge dalle parole del Sommo Pontefice.
La constatazione, detta senza giri di parole, è questa: ci sono cardinali e vescovi che si oppongono al Santo Padre. Di certo non saranno la maggioranza, ma ci sono. Chi nella Chiesa gli è ostile giunge perfino ad "attaccarlo" e "colpirlo", a "mordere" e "divorare", palesando sentimenti di "intolleranza" e di "odio".
Parole forti, quelle virgolettate, ma sono del Sommo Pontefice. E noi ne prendiamo atto.
Nella lettera si trovano affermazioni così chiare che non necessitano di spiegazione. Ne elenco alcune, evidenziando qualche espressione:
«La remissione della scomunica ai quattro vescovi, consacrati nell'anno 1988 dall'arcivescovo Lefebvre senza mandato della Santa Sede, per molteplici ragioni ha suscitato all'interno e fuori della Chiesa cattolica una discussione di una tale veemenza quale da molto tempo non si era più sperimentata».

«Sono rimasto rattristato dal fatto che anche cattolici, che in fondo avrebbero potuto sapere meglio come stanno le cose, abbiano pensato di dovermi colpire con un'ostilità pronta all'attacco».

«A volte si ha l'impressione che la nostra società abbia bisogno di un gruppo, almeno, al quale non riservare alcuna tolleranza; contro il quale poter tranquillamente scagliarsi con odio. E se qualcuno osa avvicinarglisi - in questo caso il papa - perde anche lui il diritto alla tolleranza e può pure lui essere trattato con odio senza timore e riserbo».

«Cari confratelli, nei giorni in cui mi è venuto in mente di scrivere questa lettera, è capitato per caso che nel seminario romano ho dovuto interpretare e commentare il brano di Galati 5,1315. Ho notato con sorpresa l'immediatezza con cui queste frasi ci parlano del momento attuale: "Che la libertà non divenga un pretesto per vivere secondo la carne, ma mediante la carità siate a servizio gli uni degli altri. Tutta la legge infatti trova la sua pienezza in un solo precetto: amerai il prossimo tuo come te stesso. Ma se vi mordete e divorate a vicenda, guardate almeno di non distruggervi del tutto gli uni gli altri!"».

«Sono stato sempre incline a considerare questa [ultima] frase come una delle esagerazioni retoriche che a volte si trovano in san Paolo. Sotto certi aspetti può essere anche cosi. Ma purtroppo questo "mordere e divorare" esiste anche oggi nella Chiesa come espressione di una libertà mal interpretata».

Che cosa dobbiamo fare in queste circostanze?
Semplicemente quello che ci compete: noi vogliamo bene al Papa e gli promettiamo la nostra preghiera. Vogliamo bene alla Chiesa, e quindi preghiamo anche per quanti, al suo interno, avversano il Pontefice.
È un fatto gravissimo, speriamo che Dio li guidi a ravvedersi, prima di presentare loro il conto. Infine, per quello che vale il nostro mensile, assicuriamo a Benedetto XVI che il Timone è al suo servizio e dunque a sua disposizione. Siamo con lui e gli promettiamo obbedienza e gratitudine. L'ostilità la lasciamo ad altri.

© Copyright Il Timone aprile 2009

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