venerdì 8 maggio 2009

La Terra Santa abbraccia Pietro che torna (Mazza)


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La Terra Santa abbraccia Pietro che torna

DA ROMA

SALVATORE MAZZA

Lo hanno già definito «il più difficile» dei suoi viaggi. E, di certo, con qualche ragione.
Ragioni che investono i delicatissimi equilibri che attraversano la Terra Santa, perennemente all’inseguimento di una convivenza che appare irraggiungibile; così come le relazioni della Santa Sede con le realtà che Benedetto XVI toccherà, Giordania, Israele, Territori palestinesi; e quelle interreligiose con l’ebraismo e l’islam. Abbastanza da far immaginare che i prossimi otto giorni di papa Ratzinger potrebbero essere visti più come uno slalom diplomatico tra strettissimi paletti politici e religiosi, sullo sfondo delle mille tensioni e contraddizioni dell’area, che un «pellegrinaggio apostolico», com’è in realtà questa sua dodicesima visita al di fuori dei confini italiani.
Ma cosa sarà questo viaggio, che da oggi e fino al 15 maggio lo porterà ad Amman, Gerusalemme, Betlemme e Nazaret, Benedetto XVI l’ha già detto: «Io verrò tra voi come pellegrino di pace», ha ripetuto una volta di più mercoledì scorso rivolgendosi ai suoi prossimi ospiti. E di sicuro, conoscendo l’uomo e il suo stile, c’è da aspettarsi che non defletterà da questo suo proposito. Deludendo forse quanti, secondo l’eterno principio della coperta che è sempre troppo corta, pretendono sempre di arruolare, o incasellare, il Papa in questo o quello schieramento; e certo sorprendendo quanti, anche tra i cattolici della regione, hanno espresso «perplessità» sulla «opportunità» di questa visita in un momento così delicato e, per molti versi, cruciale per il futuro della regione. «Attendo con ansia – ha spiegato Benedetto XVI mercoledì al termine dell’udienza generale – di poter essere con voi e di condividere le vostre aspirazioni e le speranze, sofferenze e lotte. Verrò tra voi come pellegrino di pace. La mia intenzione principale è di visitare i luoghi resi santi dalla vita di Gesù e lì di pregare per il dono della pace e dell’unità per le vostre famiglie e per tutti coloro per i quali la Terra Santa e il Medio Oriente sono la casa».
Sottolineando «i passi da gigante» compiuti «nel dialogo e nello scambio culturale» con ebrei e musulmani, e chiedendo ai in particolare ai cattolici di unirsi a lui «nella preghiera perché la visita rechi molti frutti per la vita spirituale e civile di tutti coloro che vivono in Terra Santa».
Pellegrinaggio di pace, aveva già detto domenica scorsa, «nel nome dell’unico Dio che è Padre di tutti». Per testimoniare «l’impegno della Chiesa cattolica in favore di quanti si sforzano di praticare il dialogo e la riconciliazione, per giungere ad una pace stabile e duratura nella giustizia e nel rispetto reciproco». Con un’inevitabile e «notevole» importanza «ecumenica e interreligiosa», perché «Gerusalemme è, da questo punto di vista, la città­simbolo per eccellenza: là Cristo è morto per riunire tutti i figli di Dio dispersi». Benedetto XVI declinerà tutto questo nella trentina tra discorsi, omelie e saluti che pronuncerà in questa intensa settimana. Visiterà la Basilica del Memoriale di Mosè sul Monte Nebo e la moschea al-Hussein bin­Talal di Amman, il mausoleo dell’Olocausto Yad Vashem e la Cupola della Roccia sulla Spianata delle Moschee di Gerusalemme, il Muro Occidentale e il campo profughi di Aida. E poi, ovviamente, i «luoghi dell’Incarnazione», Betlemme, Nazaret, il sito del Battesimo di Gesù sul Giordano, Gerusalemme. Incontrerà esponenti politici e del mondo della cultura, rabbini e ulema, cristiani e non cristiani. Per ripetere che «possiamo tutti lodare Dio per la sua bontà. Possiamo tutti essere uomini della speranza. Possiamo tutti essere risoluti nel nostro desiderio e nei nostri sforzi per la pace». Questi gli impegni, gli auspici di Pietro che «torna» in Terra Santa nei luoghi di Gesù, dov’è nata la Chiesa..

© Copyright Avvenire, 8 maggio 2009

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