lunedì 13 luglio 2009

Caritas in veritate: un'enciclica innovativa. Fiducia, gratuità e dono (Leonardo Becchetti)


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LE VACANZE DEL PAPA IN VALLE D'AOSTA (13-29 LUGLIO 2009)

ENCICLICA "CARITAS IN VERITATE": LO SPECIALE DEL BLOG

Un'enciclica innovativa

Fiducia, gratuità e dono

Il 13 luglio si è svolto a Roma, nella sede del Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro, l'incontro "La nuova enciclica Caritas in veritate. Itinerari di ricerca per la cultura universitaria" organizzato dall'Ufficio di pastorale universitaria del Vicariato di Roma. Pubblichiamo una riflessione di uno dei partecipanti alla tavola rotonda.

di Leonardo Becchetti

La nuova enciclica Caritas in veritate conferma che "la fedeltà dinamica a una luce ricevuta" rende la dottrina sociale capace di aggiornare le proprie riflessioni seguendo le novità del panorama socioeconomico e non rimanendo ancorati a principi ritenuti immutabili.
Il testo è talmente innovativo che dalle prime reazioni della stampa e di alcuni commentatori sembra che non tutti dispongano delle necessarie categorie culturali per interpretarla.
Un vecchio modo di fare e concepire l'economia è quello di pensare che le cose del mondo debbano essere gestite da un ristretto gruppo di diplomatici e di esperti, di "pianificatori benevolenti" che lavorano per il bene comune. Da questo punto di vista l'enciclica allarga gli orizzonti proponendo novità fondamentali sia nella concezione degli attori sia nella valutazione degli ingredienti fondamentali nella visione profetica di un sistema economico orientato al bene comune e allo sviluppo integrale della persona.
Per sgombrare il campo dall'interpretazione errata Benedetto XVI scrive: "Lungo la storia, spesso si è ritenuto che la creazione di istituzioni fosse sufficiente a garantire all'umanità il soddisfacimento del diritto allo sviluppo. Purtroppo, si è riposta un'eccessiva fiducia in tali istituzioni, quasi che esse potessero conseguire l'obiettivo desiderato in maniera automatica. In realtà, le istituzioni da sole non bastano, perché lo sviluppo umano integrale è anzitutto vocazione e, quindi, comporta una libera e solidale assunzione di responsabilità da parte di tutti".
Non esistono insomma regole o pianificatori benevolenti al riparo dei quali si può agire a piacere o ci si può sentire in grado di trasformare magicamente i propri egoismi in bene comune. Le buone regole e le buone istituzioni sono ovviamente necessarie ma la soluzione dei problemi passa attraverso ricchezza delle scelte, responsabilità e comportamenti di imprese, cittadini consumatori e risparmiatori e corpi intermedi che sanno coniugare creazione di valore economico e sociale.
Nell'ambito della concezione dell'impresa il punto saliente è il superamento del riduzionismo economicista che vede come unica impresa possibile quella che massimizza il profitto. L'enciclica sottolinea che "occorre che nel mercato si aprano spazi per attività economiche realizzate da soggetti che liberamente scelgono di informare il proprio agire a principi diversi da quelli del puro profitto, senza per ciò stesso rinunciare a produrre valore economico. Le tante espressioni di economia che traggono origine da iniziative religiose e laicali dimostrano che ciò è concretamente possibile".
Essa inoltre comprende pienamente la ricchezza dell'interazione tra imprese sociali e imprese for profit quando afferma che "serve, pertanto, un mercato nel quale possano liberamente operare, in condizioni di pari opportunità, imprese che perseguono fini istituzionali diversi. Accanto all'impresa privata orientata al profitto, e ai vari tipi di impresa pubblica, devono potersi radicare ed esprimere quelle organizzazioni produttive che perseguono fini mutualistici e sociali. È dal loro reciproco confronto sul mercato che ci si può attendere una sorta di ibridazione dei comportamenti d'impresa e dunque un'attenzione sensibile alla civilizzazione dell'economia". Resta sullo sfondo (ma ben presente) l'intuizione che un'economia più civile è un luogo nel quale più facilmente le singole persone possono raggiungere quella soddisfazione di vita e quella realizzazione integrale della persona che sono fondamentali per la realizzazione del bene comune.
In tale contesto emerge un pieno riconoscimento del ruolo chiave delle nuove forme d'impresa nel creare quei valori che consentono al mercato di sopravvivere quando si sottolinea l'importanza di "forme di attività economica caratterizzate da quote di gratuità e di comunione" e si afferma che "Il binomio esclusivo mercato-Stato corrode la socialità, mentre le forme economiche solidali, che trovano il loro terreno migliore nella società civile senza ridursi ad essa, creano socialità".
I riconoscimenti non si fermano qui perché l'enciclica descrive con dettaglio alcuni di questi nuovi operatori quando parla di "forme nuove di commercializzazione di prodotti provenienti da aree depresse del pianeta per garantire una retribuzione decente ai produttori" e di "banche che propongono conti e fondi di investimento cosiddetti "etici"".
L'enciclica riconosce che nell'economia contemporanea "si sviluppa una "finanza etica", soprattutto mediante il microcredito e, più in generale, la microfinanza. Questi processi suscitano apprezzamento e meritano un ampio sostegno. I loro effetti positivi si fanno sentire anche nelle aree meno sviluppate della terra".
Giustamente a questo punto - di fronte alle tante imitazioni di un fenomeno ormai divenuto di moda - si sollecita anche l'attenzione a forme di possibile sfruttamento del termine etico sottolineando come sia bene "elaborare anche un valido criterio di discernimento".
Tuttavia, imprese responsabili - per potersi affermare - hanno necessariamente bisogno di cittadini che consumano e risparmiano in maniera responsabile. In questo caso, riprendendo un pensiero già sviluppato in precedenza nel Compendio della dottrina sociale si auspica che "la ricerca del vero, del bello e del buono e la comunione con gli altri uomini per una crescita comune siano gli elementi che determinano le scelte dei consumi, dei risparmi e degli investimenti".
Sempre su questo punto si afferma che "la sperimentazione di nuove forme di finanza destinate a favorire progetti di sviluppo" è un'esperienza positiva che va approfondita e incoraggiata "richiamando la stessa responsabilità del risparmiatore". La riflessione sull'argomento si chiude in modo sistematico constatando che "La interconnessione mondiale ha fatto emergere un nuovo potere politico, quello dei consumatori e delle loro associazioni. Si tratta di un fenomeno da approfondire, che contiene elementi positivi da incentivare e anche eccessi da evitare. È bene che le persone si rendano conto che acquistare è sempre un atto morale, oltre che economico".
La chiave di volta di tutta la riflessione dell'enciclica si trova, a mio avviso, nel riconoscimento che, se vogliamo che l'etica s'incarni nell'agire economico quotidiano, dobbiamo riconoscere che gratuità, dono e reciprocità non sono momenti secondari o successivi all'agire economico ma devono permearlo dall'interno. In modo ancor più stringente si afferma - facendo tesoro di molte recenti scoperte scientifiche dell'economia sperimentale e degli stessi insegnamenti tratti dalla crisi finanziaria - che il mercato e il sistema economico hanno bisogno di fiducia, gratuità e dono per poter funzionare correttamente e che è la società civile - attraverso l'interazione feconda di imprese sociali, imprese for profit socialmente responsabili, consumatori e risparmiatori solidali - a produrre quei valori di cui il mercato ha assolutamente bisogno per sopravvivere.
Non c'è dunque un prima e un dopo, una zona franca libera da considerazioni morali nella quale le imprese, pur di massimizzare il profitto, sono libere di creare effetti negativi per tutti gli altri attori del sistema confidando poi nella filantropia per risolvere i problemi sorti nel percorso. È proprio questo tipo di errore di fondo che ha creato le premesse della gravissima crisi che stiamo vivendo. Solo dando forza alle energie e sinergie positive tra istituzioni, regole e attori responsabili possiamo uscirne veramente fuori.

(©L'Osservatore Romano - 13-14 luglio 2009)

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