lunedì 20 luglio 2009

Il Papa, il polso ingessato, un paese accogliente, una mamma (Zavattaro)


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Il Papa nel Canavese: "Come vedete, a causa del mio infortunio, sono un po’ limitato nella mia agilità, ma la presenza del cuore è piena". Ai disoccupati: "Cari amici, non scoraggiatevi! La Provvidenza aiuta sempre chi opera il bene e si impegna per la giustizia; aiuta quanti non pensano solo a sé, ma anche a chi sta peggio di loro" (Angelus)

L'anello del Pescatore torna sulla mano destra con la quale il Papa ha dato la benedizione

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BENEDETTO XVI - Le tre immagini

Il polso ingessato, un paese accogliente, una mamma

Fabio Zavattaro

Tre momenti, tre immagini per la visita di papa Benedetto a Romano Canavese, avvenuta a pochi giorni dall’incidente che lo ha costretto a recarsi all’ospedale di Aosta, per la frattura del polso destro.
La prima, il Papa sorridente, che benedice con la mano destra, il polso ingessato, o meglio tenuto fermo da una protesi in vetroresina. L’anello tornato all’anulare destro. Le braccia tese quasi tentativo di abbracciare la folla che si è radunata nella piazza della chiesa dedicata a san Pietro e a san Solutore, un santo, quest’ultimo, che confessa di non conoscere: è sempre bello, dice, scoprire nuovi santi.
Le prime parole sono proprio per dire la gioia di essere “nella vostra bella città, nella vostra bella Chiesa”. Quindi il primo esplicito riferimento all’incidente di venerdì scorso: “Come vedete a causa del mio infortunio, sono nella mia agilità un po' limitato, ma la presenza del cuore è piena e sono con grande gioia con voi”. Il Papa ha anche parole di ringraziamento che pronuncia senza guardare il foglio del suo discorso. “Vorrei in questo momento dire grazie con tutto il mio cuore ai tanti che hanno in questo momento mostrato la loro vicinanza, la loro simpatia, il loro affetto per me, che hanno pregato per me, e così si è rafforzata la rete della preghiera che ci unisce in tutte le parti del mondo. Innanzitutto vorrei dire grazie ai medici e al personale medico di Aosta che mi hanno trattato con tanta diligenza, competenza e amicizia. Speriamo – ha concluso – con successo finale”.
La seconda immagine è più un gesto: è il suo interrompere il riposo a Les Combes per essere nella città del suo primo collaboratore, il cardinale Tarcisio Bertone, segretario di Stato Vaticano: un gesto di amicizia, con chi, per tanti anni, si è condiviso il lavoro e le preoccupazioni . Un racconto diretto è nelle parole del fratello più giovane del cardinale, Valerio, ancora emozionato per aver mangiato allo stesso tavolo con papa Benedetto. Dice: “A tavola eravamo una ventina. Il Papa è stato molto simpatico, abbiamo parlato dei problemi dei giovani, dei problemi del lavoro della nostra zona, ma anche della crisi di vocazione della diocesi”. Proprio con loro, in quel clima di cordialità che si respira tra le mura di casa, Benedetto XVI si è sentito in famiglia, e parlando del polso ingessato ha detto: speriamo di poter riprendere presto a suonare.
Il cardinale Bertone incontrando il sabato mattina i giornalisti, aveva un po’ anticipato quelli che sarebbero stati i temi del discorso del Papa, prima della recita della preghiera mariana dell’Angelus, e cioè il lavoro, la crisi e i giovani. Aveva anche sottolineato che al Papa sono giunti molti inviti da paesi che si trovano in continenti che Benedetto XVI ha già visitato. Bisognerà guardare a terre non ancora visitate – un chiaro riferimento all’Asia – ma bisogna tener conto anche della lunghezza dei viaggi.
Papa Benedetto affronta le questioni più calde di questi luoghi: queste terre hanno una lunga storia di fede e la gente “è ben nota per il suo amore e per il suo attaccamento al lavoro. Attualmente, però, so che qui, nella zona di Ivrea, molte famiglie sperimentano una situazione di difficoltà economiche a causa della carenza di occupazioni lavorative. Su questo problema sono intervenuto più volte ed ho voluto affrontarlo più approfonditamente nella recente enciclica Caritas in veritate”. Ma il messaggio che lascia non è di pessimismo. Auspica che la sua enciclica sociale, la terza del suo pontificato, possa mobilitare forze positive per muovere il mondo. L’invito del Papa è a non scoraggiarsi perché “la Provvidenza aiuta sempre chi opera il bene e si impegna per la giustizia; aiuta quanti non pensano solo a sé, ma anche a chi sta peggio di loro”. È il tema dell’immigrazione che entra nella riflessione del Papa; ricorda che molti – “i vostri nonni”, dice – furono costretti a emigrare perché non c’era lavoro, ma poi questa terra è diventata terra di immigrazione da altri luoghi dell’Italia e dall’estero. Oggi la crisi tocca ancora queste terre; poco distante dal sagrato della chiesa dove parla il Papa si trova una realtà industriale, l’Olivetti, che è stata al centro di questo movimento migratorio negli anni dello sviluppo e oggi vive le difficoltà di una crisi che è comune a molte realtà produttive. E in occasione della visita, il Papa ha ricevuto in dono dall’amministratore delegato di Telecom Italia, Franco Bernabè, e dal presidente di Olivetti, Francesco Forlenza, un computer portatile nel quale era stato inserito un programma che mostrava una serie di immagini dei papi da Pio XII a Giovanni Paolo II, che sono stati in visita nel Canavese. Guardando il computer Benedetto XVI avrà forse pensato al consiglio che suo fratello gli ha dato dopo l’incidente del polso, e cioè che per completare il suo libro su Gesù avrebbe dovuto imparare ad usare proprio un computer.
Nelle parole che il Papa pronuncia davanti ad una folla che si è radunata nella piazza antistante la chiesa e dove il cardinale Bertone aveva celebrato messa assieme ai vescovi di questa terra, c’è un preciso invito a tenere saldi “i valori fondamentali della famiglia e del rispetto della vita umana, la sensibilità per la giustizia sociale, la capacità di affrontare la fatica e il sacrificio, il forte legame con la fede cristiana attraverso la vita parrocchiale e specialmente la partecipazione alla santa messa”, perché, dice, sono stati “lungo i secoli la vostra vera forza”. Saranno proprio questi valori, aggiunge ancora il Papa, “a permettere alle generazioni di oggi di costruire con speranza il proprio futuro, dando vita a una società veramente solidale e fraterna, dove tutti i vari ambiti, le istituzioni e l’economia siano permeati di spirito evangelico”.
Un pensiero particolare Benedetto XVI lo rivolge infine ai giovani, ai quali occorre pensare “in prospettiva educativa”. Qui, come dappertutto, “bisogna domandarsi quale tipo di cultura viene loro proposta, quali esempi e modelli vengano ad essi proposti, e valutare se siano tali da incoraggiarli a seguire le vie del Vangelo e della libertà autentica. La gioventù – ha aggiunto il Pontefice – è piena di risorse ma va aiutata a vincere la tentazione di vie facili e illusorie, per trovare la strada della vita vera e piena”.
Per il vescovo di Ivrea, mons. Arrigo Miglio – sul sagrato anche il vescovo emerito, mons. Luigi Bettazzi, testimone diretto come il Papa del Concilio Vaticano II – la visita di Benedetto XVI è un “dono reso ancora più prezioso perché si inserisce nel breve periodo di vacanza”. E aggiunge: “Siamo eredi e responsabili di una lunga tradizione cristiana che ci ha lasciato valori ben radicati, come la famiglia, la solidarietà, l'accoglienza degli emigrati, valori che oggi sono ancora vivi nella nostra comunità”.
Ed è proprio mons. Miglio che in un certo senso ci offre la terza immagine di questa visita del Papa a Romano Canavese. Mentre il Papa nella chiesa saluta i fedeli presenti, il vescovo di Ivrea gli presenta una donna. La terza immagine è proprio il pianto di questa giovane donna, cui è stato strappato un figlio in un tragico incidente. Quella carezza, quel tenere la mano sinistra sul suo viso ancora segnato dalle lacrime è il gesto più intenso di questa domenica del Papa: esprime vicinanza, dolore, solidarietà, affetto, conforto.

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