domenica 20 settembre 2009

Il richiamo del cardinale Bagnasco: «Degrado politico senza etica sociale» (Bobbio)


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Su segnalazione della nostra Elisabetta leggiamo:

«Degrado politico senza etica sociale»

Il richiamo del cardinale Bagnasco: «Mancanza di progettualità e resa a interessi di corto respiro»

L'etica individuale non va contrapposta a quella sociale. Che si regge sulla qualità delle singole persone

nostro servizio

Alberto Bobbio

Roma
Il richiamo è forte.
A due giorni dal Consiglio permanente della Cei, che si apre domani a Roma, il cardinale Angelo Bagnasco, presidente dei vescovi italiani e arcivescovo di Genova, denuncia la «resa a interessi di corto respiro» e la «mancanza di progettualità», contenuta in «taluni fenomeni di degrado politico» a cui stiamo assistendo in Italia.
In una «lectio magistralis», dedicata all'ultima enciclica di Benedetto XVI, «Caritas in veritate», tenuta ieri a Genova, il cardinale ha spiegato che la «libertà individuale deve sempre fare i conti anche con la responsabilità sociale».
Il ragionamento di Bagnasco ha ripreso il filo di quell'etica pubblica e sociale che sta in piedi solo «sulla qualità delle singole persone».
Il riferimento va agli «uomini retti», operatori economici e uomini politici, evocati dal Papa nell'enciclica, che devono sentire «fortemente nelle coscienze l'appello al bene comune», ma richiama anche il desiderio del Pontefice di vedere all'opera cattolici impegnati con maggior passione in politica.
Ratzinger lo aveva detto l'anno scorso nella visita a Cagliari e lo aveva ripetuto il 6 settembre a Viterbo.
Bagnasco ieri ha sottolineato l'errore che hanno fatto in questi anni, «anche nel nostro Paese», quelli che hanno opposto «l'etica individuale» all'«etica sociale».
Non si possono infatti «tenere separati i temi della giustizia sociale da quelli del rispetto della vita e della famiglia». Altrimenti non ci potrà mai essere «sviluppo vero». Bagnasco ha fatto l'esempio della questione demografica, osservando come ormai vi sia una «crescente consapevolezza» che essa riguardi certamente «dinamiche affettive e familiari», ma sia rilevante, anzi sia uno «snodo decisivo», anche sul piano «delle politiche economiche e perfino del welfare».
Eppure per troppo tempo è stato «sottovalutato l'impatto della famiglia sul piano sociale ed economico» e la si è ridotta solo a una «questione personale», se non «addirittura a un retaggio culturale del passato».
Oggi di quelle politiche, costruite su una limitata responsabilità sociale e molto miopi, secondo il cardinale, le conseguenze vengono pagate «soprattutto dalle giovani generazioni, sempre meno numerose e sempre meno importanti».
Bagnasco ha chiesto di saldare «etica sociale ed etica della vita», proponendo una riflessione che non mancherà di suscitare polemiche, ma che va al cuore di una questione terribilmente seria e che «porta a convincersi, ad esempio, che l'eugenetica è molto più preoccupante della perdita della biodiversità nell'ecosistema o che l'aborto e l'eutanasia corrodono il senso della legge e impediscono all'origine l'accoglienza dei più deboli».
Sono ferite che hanno «enormi conseguenze» in termini di degrado per tutta la comunità degli uomini. Insomma, i cosiddetti «diritti individuali» devono essere inseriti in un «quadro di doveri più ampio», altrimenti la libertà personale non è «correttamente» intesa. Bagnasco rischia di passare per un nemico dell'ecologia? Assolutamente no, e infatti ieri ha spiegato che l'enciclica del Papa aiuta a comprendere la complessità di un tema delicato, poiché «il degrado della natura è strettamente connesso alla cultura che modella la convivenza umana».
Sono parole di Benedetto XVI, che Bagnasco cita per sottolineare che «la crisi ecologica» non è fatto «esclusivamente tecnico», ma rimanda a una sorta di deserto nell'animo umano: «Alla morte dei boschi attorno a noi fanno pendant le nevrosi psichiche e individuali dentro di noi». E non solo, secondo il cardinale: «All'inquinamento dell'acqua corrisponde l'atteggiamento nichilistico nei confronti della vita».
È questo che preoccupa il presidente dei vescovi italiani, quel «nichilismo contemporaneo» richiamato anche dal Papa in un Angelus all'inizio di agosto, che fa scivolare la tenuta morale della società, indispensabile invece per costruire un vero sviluppo.
Bagnasco tuttavia non è pessimista o fatalista, come, spiega, non lo è il Papa nell'enciclica, quando invita a elaborare una «nuova progettualità» oltre che «nuove regole». È quella che chiama la sfida di un «nuovo pensiero non solo economico e sociale».
Serve anche per capire i guasti prodotti della globalizzazione, per comprendere che «lo sviluppo non è solo una questione quantitativa» e che la «giustizia esige la carità, così come la ragione ha bisogno della fede».
Ma per comprenderlo occorre sottrarsi a una lettura dettata solo dal «cieco determinismo» della globalizzazione e convincersi dell'importanza della «variabile umana». Si comprende allora, commenta alla fine il cardinale, «perché il Vangelo si rilevi il maggior fattore di sviluppo» e perché la Chiesa «può dare il proprio contribuito allo sviluppo».

© Copyright Eco di Bergamo, 20 settembre 2009

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