venerdì 11 settembre 2009

Se il giornalista è un dilettante. Riflessioni del Prof. Giovanni Tridente sul "caso" Boffo


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Riceviamo e con piacere pubblichiamo questa riflessione del Prof. Giovanni Tridente:

Se il giornalista è un dilettante

Giovanni Tridente, professore incaricato di Etica informativa ed Opinione Pubblica

Facoltà di Comunicazione Sociale Istituzionale - Pontificia Università della Santa Croce

Ora che il direttore di Avvenire si è dimesso, i riflettori della stampa e della televisione – nazionale ed internazionale – cominciano a spegnersi uno dietro l’altro. C’è da scommettere che tra non molto tempo ci ritroveremo a parlare di un nuovo presunto scandalo, presentato a tamburo battente su tutti i mezzi di comunicazione.
Terminata la “guerra” (mediatica), come prassi assisteremo ai nostri inviati al fronte che si dirigono verso un nuovo conflitto, lasciandosi alle spalle e sul campo di battaglia le vittime e le macerie, senza interessarsi minimante della ricostruzione.
È la stampa, bellezza!, direbbe qualcuno molto più autorevole di me. Mi sia concesso di dire, però, che è un tipo di stampa che non mi piace. Soprattutto perché mina dalle fondamenta la bellezza vera che dovrebbe sempre caratterizzare, in qualunque ambito e situazione, la vocazione giornalistica. Perché, in fin dei conti, il nocciolo di tutta la vicenda che ha coinvolto innanzitutto il povero Dino Boffo – ma anche la Santa Madre Chiesa e noi “indifesi” destinatari di materiale spacciato per informazione – sta nella differenza tra giornalismo e dilettantismo.
Un giornalista sa distinguere una lettera anonima da una fonte attendibile, o quantomeno sa indagare sulla sua provenienza e trovare le pezze di appoggio per sostenere eventualmente determinati fatti. È un dilettante quando, al contrario, spaccia per affermazioni di un Tribunale della Repubblica le “chiacchiere raccolte in portineria” (il Giornale, 28 agosto 2009). E qui bisognerebbe domandarsi anche come è possibile che persone autorevoli cadano nel tranello di sospettare (Corriere della Sera, 2 settembre 2009), seppur minimamente e con le dovute cautele, le esternazioni di un foglio anonimo, tra l’altro – e qui il sospetto è d’obbligo - inviato in giro per la nazione e ricco di imprecisioni ed evidenti alterazioni della verità, che non stiamo qui a riprendere.
Un giornalista non utilizza mai la sua testata per cedere alle provocazioni dei colleghi, che tra l’altro considera erroneamente “avversari” (i giornalisti non possono considerarsi tra di loro avversari – quello lo fanno i politici, casomai – perché al lettore interessa poco delle loro beghe personali). È un dilettante quando si riduce dichiaratamente a “pescare sui fondali del pettegolezzo spacciando per notizie le attività più intime degli uomini e delle donne” (il Giornale, 28 agosto 2009) e quando cede inverosimilmente nel turbine pietoso dell’auto-referenzialità.
Un giornalista non entra mai nella vita intima delle persone (tra l’altro se è veramente intima non avrebbe la capacità di farlo). Non spetta a lui giudicare, né tanto meno immaginare od ipotizzare. O, peggio ancora, cosa del tutto inverosimile, far credere che lui nell’intimo della persona è riuscito a penetrarci. È un dilettante se attraverso le armi della retorica e non necessariamente in maniera dissimulata espone al pubblico ludibrio un individuo di cui non conosce nulla – e lo dichiara pure – salvo però darne per scontati gusti, tendenze e “debolezze”.
Un giornalista, mentre è seduto davanti al computer, guarda frequentemente la targa che ha di fronte a lui sulla scrivania e sulla quale è scritto a tutto tondo che la notizia è sempre e comunque “un fatto vero”. Quando poi riflette su questo assunto, se è veramente bravo si mette ad immaginare le conseguenze che i suoi scritti potrebbero provocare negli altri; valuta se vale la pena rinunciare a qualche copia del giornale in più ed avere qualche vittima in meno; riflette sul perché ha deciso di intraprendere questa professione e sceglie se andare avanti o cambiare mestiere. È un dilettante se invece, volutamente, fa in modo che “le chiacchiere” possano “crocifiggere una persona” e attua tutta quella serie di meccanismi da fare invidia ai trascorsi tempi della caccia alle streghe.
Un giornalista, quando si accorge di aver preso una cantonata – a tutti può capitare, è magistralmente capitato! – rettifica immediatamente la sua errata interpretazione dei fatti, chiede scusa ai lettori e se del caso ospita la versione delle persone coinvolte.
È un dilettante se per giorni porta avanti la sua interessata “campagna”, rimischia le carte sul tavolo, risistema e ricompone con una nuova versione lo scadente materiale presuntamene “scottante” di cui è in possesso, ipotizza e richiama a cupi e segreti scenari, rimane al suo posto e non indietreggia di una virgola.
In pratica, la differenza tra un giornalista ed un dilettante si gioca tutta sull’onestà, sulla forza della verità, sulla capacità di saper scegliere cosa è notizia e cosa appartiene invece al mondo delle favole, sulla inattaccabile volontà di continuare a “non perdere quota” (il Giornale, 28 agosto 2009) senza immergersi nel pantano – se davvero esiste – della cattiva stampa.

3 commenti:

Anonimo ha detto...

"Un giornalista, quando si accorge di aver preso una cantonata – a tutti può capitare, è magistralmente capitato! – rettifica immediatamente la sua errata interpretazione dei fatti, chiede scusa ai lettori e se del caso ospita la versione delle persone coinvolte".

ehhh, come no!!! se dovessero chiedere scusa per tutte le cantonate che hanno sparato sul Santo Padre, un'edizione sì e una no sarebbe dedicata alle scuse!

Antonio ha detto...

Boffo è stato condannato per molestie con una sentenza passata in giudicato...ha mentito e continua a mentire. Dica la verità!
Esiste una sola morale....

Anonimo ha detto...

Chi attacca Boffo e difende Feltri è oggettivamente nelle mani di Satana