domenica 13 settembre 2009

Se il Papa dice che i Vescovi non lavorano per la Chiesa (Gian Guido Vecchi)


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Su segnalazione di Gemma leggiamo la seguente (molto ben fatta!) analisi di Vecchi. Mi complimento con il "Corriere" che oggi pubblica anche ampi stralci dell'omelia del Santo Padre, oltre all'analisi qui riportata ed a un altro articolo di Gian Guido Vecchi. Bene anche "La Stampa" con due articoli di Galeazzi. No comment "Repubblica". Deludente la stampa cattolica.

Il richiamo

Se il Papa dice che i Vescovi non lavorano per la Chiesa

Dietro le quinte
Il precedente della lettera sui lefebvriani


Le parole di Ratzinger e la «riforma» nei posti chiave della segreteria di Stato

Gian Guido Vecchi

«Sappiamo come le cose nella società civile e, non di rado, anche nella Chiesa soffrono per il fatto che molti di coloro, ai quali è stata conferita una responsabilità, lavorano per se stessi e non per la comunità».
Lo ha detto Benedetto XVI di fronte a cinque sacerdoti di Curia sul punto di essere consacrati vescovi, quindi successori degli apostoli. Un richiamo preciso, dopo le fratture interne alla Chiesa in relazione al caso Boffo.
Di là dal Tevere si racconta come Benedetto XVI, declinato ogni altro impegno, abbia passato un’intera giornata a curare e limare l’omelia di ieri mattina, un testo «ratzingeriano » dalla prima all’ultima parola.
Il riferimento più immediato è la lettera del 10 marzo rivolta ai vescovi del mondo, nel pieno delle polemiche sulla remissione della scomunica ai lefebvriani.
Le parole pronunciate nella Basilica di San Pietro arrivano invece a pochi giorni dalla riunione del consiglio episcopale permanente della Cei (il 21 settembre a Roma) e dopo il caso Boffo, le tensioni che hanno mostrato un serio problema di governance nel rapporto tra la stessa Cei e la Santa Sede, la mancanza di sintonia tra Segreteria di Stato e Chiesa italiana nell’affrontare l’«attacco» all’ex direttore di Avvenire.
Sono due testi affini, a cominciare dai riferimenti alle parole drammatiche di San Paolo, il rischio di «mordersi e divorarsi a vicenda» e ora il monito ad essere «servi» e guardarsi, dice il Papa, da «litigi» e «correnti».
È un richiamo all’unità, a una responsabilità di cui tutti i protagonisti sono consapevoli. Sulla vicenda, si fa sapere in Vaticano, ci sono stati in questi giorni incontri «ai più alti livelli», lo stesso Papa si è tenuto informato.
Oltretevere fanno notare che nella Basilica le parole di Benedetto XVI s’accompagnavano ad un’immagine a suo modo simbolica: il cardinale Tarcisio Bertone, segretario di Stato, e il cardinale William Joseph Levada, scelto da Ratzinger come successore al vertice dell’ex Sant’Uffizio, chiamati a concelebrare col pontefice davanti a cinque vecchi collaboratori consacrati vescovi. Quasi una sintesi della «riforma gentile» della Curia condotta gradualmente da Benedetto XVI in quattro anni di pontificato. Tra i nuovi vescovi, in particolare, ci sono Pietro Parolin e Gabriele Caccia — promossi nunzi apostolici in Venezuela e Libano —, già «numeri tre» della Segreteria di Stato scelti da Giovanni Paolo II. Al loro posto, in estate, erano stati nominati monsignor Ettore Balestrero, 42 anni, sottosegretario per i Rapporti con gli Stati, e monsignor Peter Brian Wells, americano di 46 anni, assessore agli Affari Generali. Il 17 agosto si è così completato il nuovo assetto della Segreteria di Stato che ora è tutta di nomina ratzingeriana e «più che mai saldamente in mano» al cardinale Bertone: il segretario di Stato che fin dal 2007, in una lettera al neoletto presidente della Cei Angelo Bagnasco, ha rivendicato a sé la «guida» nei rapporti col mondo politico, una linea «istituzionale » aliena dalle polemiche. Di là dallo stile più «pastorale» del cardinale Bagnasco rispetto all’era «interventista» del cardinale Ruini, le tensioni con la Cei nacquero allora.
È in questo quadro che si collocano le parole del pontefice, il richiamo a tutti i vescovi alla «fedeltà», alla «prudenza» che non è «astuzia», a considerare l’essenziale del proprio ministero: «Risanare la ferita interiore dell’uomo, la sua lontananza da Dio». Se il caso Boffo ha fatto crescere il malumore tra i vescovi e nella base, i cardinali Bertone e Bagnasco sono ora i primi a volere che tra Santa Sede ed episcopato si ritrovi sintonia.
Magari intorno a ciò che lo stesso Benedetto XVI, citando Dante, diceva a Bagnoregio di San Bonaventura: «Pospose sempre la cura delle realtà temporali, la 'sinistra cura', al bene spirituale delle anime». Non si tratta solo di tenere la barra diritta, senza coinvolgimenti, la famosa linea «istituzionale».
Più a fondo, c’è la risposta alla domanda che il Papa rivolgeva ieri ai nuovi vescovi: «Volete prestare fedeltà, sottomissione, obbedienza, secondo le prescrizioni canoniche, al beato apostolo Pietro, a cui Dio ha dato il potere di legare e sciogliere, e a me e ai miei successori, i Romani Pontefici?» .

© Copyright Corriere della sera, 13 settembre 2009

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