domenica 13 settembre 2009

Il Papa ai vescovi: basta egoismi (Galeazzi)


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Il Papa: I vescovi devono essere servi fedeli, prudenti e buoni. Non cerchino potere e prestigio

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Il Papa ai vescovi: basta egoismi

GIACOMO GALEAZZI

CITTA’ DEL VATICANO

«La Chiesa soffre perché molti lavorano per se stessi. I vescovi devono essere servi fedeli, prudenti e buoni. Non cerchino potere e prestigio».
La Curia si aspettava una solenne festa a San Pietro, mentre è arrivata una durissima denuncia dei problemi interni della Chiesa. Benedetto XVI ha condannato i mali che affliggono la Chiesa, come del resto anche la società civile: tra questi ha indicato il fatto che «molti, ai quali è stata affidata una responsabilità, lavorano per se stessi e non per la comunità».
Parole forti, pronunciate davanti ad un’assemblea composta soprattutto da cardinali, vescovi e uomini di Curia e loro familiari: l’occasione era il rito solenne di ordinazione di cinque nuovi vescovi, tutti personaggi del governo vaticano, tra cui Gabriele Caccia e Pietro Parolin, ed ora nuovi nunzi in Libano e Venezuela. Nell’omelia, il Papa ha ricordato che Gesù è venuto nel mondo per servire ed ha dunque esortato i vescovi ad essere «servi» fedeli, prudenti e buoni.
«Sappiamo come le cose nella società civile e, non di rado, anche nella Chiesa soffrono per il fatto che molti di coloro, ai quali è stata conferita una responsabilità, lavorano per se stessi e non per la comunità», ha scandito Joseph Ratzinger ricordando a sostegno delle sue parole due parabole del Vangelo.
Ratzinger ha sottolineato che la «prima caratteristica, che il Signore richiede dal servo, è la fedeltà». «Il servo - ha insistito - deve rendere conto di come ha gestito il bene che gli è stato affidato. Non leghiamo gli uomini a noi; non cerchiamo potere, prestigio, stima per noi stessi». La seconda caratteristica di un vescovo, ha aggiunto, deve essere la «prudenza», non intesa come astuzia, ma come capacità di giudicare in base all’insieme «e non a partire da dettagli casuali».
Infine, l’uomo di Chiesa deve essere «buono», nel senso del dialogo costante con Dio. Non è la prima volta che Benedetto XVI parla chiaramente del carrierismo e degli altri mali che indeboliscono la missione della Chiesa cattolica: in marzo, in piena tempesta per il «perdono» da lui concesso ai vescovi lefebvriani, aveva scritto una lettera in cui, riprendendo le parole dell’apostolo Paolo ai Galati, constatava che anche oggi nella comunità ecclesiastica, «ci si morde e ci si divora a vicenda».
La chiave di lettura del monito del Papa al carrierismo e ai personalismi nelle gerarchie ecclesiastiche è fornita dal più stretto collaboratore.
«Occorre introdurre nella vita personale di ognuno e nelle istituzioni religiose il principio della conversione del cuore e del dialogo coraggioso e sereno, aperto alla critica e all’autocritica - spiega il cardinale Bertone presentando “Ti credevo un altro”, il libro del vicedirettore dell’Osservatore Romano, Carlo Di Cicco -.
La missione di annunciare l’amore di Dio in maniera credibile al mondo che fatica sempre di più a percepirlo, richiede uno sguardo nuovo perché il mondo creda. Nell’ottica di Benedetto XVI, nessuna delle energie cattoliche deve sentirsi di troppo nella Chiesa». Per questo già nel maggio 2006 il Pontefice aveva deplorato il «tentativo di arrivare in alto» nella Chiesa.

© Copyright La Stampa, 13 settembre 2009

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