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4 commenti:
Io invece approvo quanto dice Ravasi. Senza nergare il valore di esperienze di arte sacra come quelle del Beato Angelico e di Andrej Roublev, o la fecondità (ai suoi tempi) dell'opera del card. Gabriele Paleotti, credo che sia giusto aprire le nostre chiese a espressioni artistiche che, per quanto non facciano direttamente catechesi, esprimono in vari modi l'anelito dell'uomo all'infinito, il suo desiderio di Dio, la sua tormentata ricerca della verità, le sue domande di "senso". Così, sul piano letterario, le poesie di Giacomo Leopardi (un non credente) esprimevano una profonda domanda religiosa. Lo comprese bene un grande mistico, don Divo Barsotti, che scrisse un libro su "La religiosità di Giacomo Leopardi".
Scusi dottor Raffaele,
ma mi spiega cosa c'entra l'anelito religioso leopardiano con Nanni Moretti e i Pooh?
O con Calatrava e Portoghesi?
O con Margaret Mazzantini e Castellitto?
Siamo seri! Se lei è uno storicista vuol dire che lei ritiene non fruibile e dunque ormai silenziosa ed incapace di svolgere la sua funzione spirituale e liturgica l'arte del Beato Angelico o di Rublev cui fa riferimento.
Invece oggi guardare Caravaggio e restare folgorati dalla potenza della sua arte nonchè convertiti da quella profondità spirituale è possibile e doveroso.
A guardare Rupnik invece si rischia di deformare la realtà... idem dicasi per i vari Kounellis e Pomodoro...
Santo cielo ma di quale arte parliamo?
Sono d'accordo con l'interpretazione datane, di un'intervista di "radical-chic".
Che poi Renzo Piani avesse puntato all'intimità della Chiesa di San Giovanni Rotondo, tho, questa mi è nuova!
La sua è una Chiesa profondamente dispersiva, con un ambone che toglie visuale, cosi' come molti basamenti delle volute....
sono d'accordo con Francesco Colafemmina e Maria.
Come si fa a portare come esempio la chiesa di Fuksas a Foligno. E' un cubo e chi vi entra ha un in-cubo.
Pietro
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