sabato 24 gennaio 2009
Concilio Vaticano II, la tribolazione della Chiesa (De Carli)
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Su segnalazione di Daniela leggiamo:
Concilio Vaticano II, la tribolazione della Chiesa
Giuseppe De Carli
C’è anche chi ha tentato con ogni mezzo di assolvere Papa Roncalli dalla colpa del Vaticano II. Chi, addirittura, ha considerato l’assise conciliare il capolavoro del diavolo, la grande tribolazione, l’inizio di una crisi irreversibile della Chiesa. L’evento religioso del XX secolo continua a dividere. Non è solo il conflitto delle interpretazioni, è lo stesso modo di essere Chiesa e di viverla che è continuamente messo in gioco.
Quello che, in faccia al mondo, rimarrà per sempre è il colpo di genio di Giovanni XXIII (come si afferma nel libro appena uscito di Alberto Melloni: Papa Giovanni. Un cristiano e il suo Concilio), ovvero la scelta di fare un Concilio.
Roncalli lo annuncia il 25 gennaio 1959 e lo apre solennemente l’11 ottobre 1962; viene chiuso l’8 dicembre 1965 da Paolo VI. Sull’altare della “Confessione” di Pietro verranno approvati, dai padri conciliari, sedici documenti, patrimonio della Chiesa universale. Quei testi, e le successive riforme, rappresentano il tentativo più radicale della Chiesa di porsi in dialogo col mondo. Ma la recezione dello “spirito conciliare” non è stato né facile né indolore. Il vento della contestazione fuori e dentro la Chiesa, il dissenso, la riforma liturgica che ha aperto il varco ad ogni estrosità facendo perdere il senso del mistero, il tentativo di far nascere una Chiesa orizzontale dimentica di ogni dimensione trascendente, l’opzione esclusiva per i poveri, la “teologia della liberazione” o, da destra, i nostalgici della Chiesa pre-conciliare alla Marcel Lefebvre.
Il bilancio, a distanza di mezzo secolo, è ancora in chiaro e scuro. Negli ultimi anni l’intervento più illuminante e, per tanti versi definitivo, è stato quello di Benedetto XVI del 22 dicembre 2005.
Un ampio discorso rivolto alla Curia Vaticana che ha indicato la chiave interpretativa e di applicazione del Concilio.
Joseph Ratzinger, all’ermeneutica della discontinuità e della rottura ha opposto l’ermeneutica della riforma, del rinnovamento nella continuità.
La prima è stata apportatrice di confusione e ha rischiato di portare la comunità cattolica alla deriva. Un processo di dissoluzione che è, in fondo, il tentativo di “protestantizzare” la Chiesa.
Il secondo, invece, imposta correttamente il rapporto fra fede e scienze moderne; il rapporto fra Chiesa e Stato moderno; fra fede cristiana e religioni del mondo. La Chiesa, insomma, secondo Papa Ratzinger, continua ad essere “segno di contraddizione”. Rinnovamento nella continuità. Papa Benedetto ha evocato una immagine forte, quella di una battaglia navale nel buio della tempesta.
Ai cardinali ha ricordato le espressioni di San Basilio che descrive così quello che è accaduto dopo il Concilio di Nicea: «Il grido rauco di coloro che per la discordia si ergono l’uno contro l’altro, le chiacchiere incomprensibili, il rumore confuso dei clamori ininterrotti ha riempito quasi tutta la Chiesa falsando, per eccesso e per difetto, la retta dottrina della fede».
© Copyright Il Cittadino, 24 gennaio 2009
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1 commento:
Merce' di noi,caro De Carli:"il bilancio,a distanza di mezzo secolo, e' ancora in chiaro e scuro".Ma figuriamoci.....
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