venerdì 23 gennaio 2009

Lefebvre: la storia di un scisma lungo venti anni. Il ruolo di Ratzinger e quello dei vescovi francesi (Rodari)


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Su segnalazione della nostra Alessia leggiamo:

Lefebvre: la storia di un scisma lungo venti anni. Il ruolo di Ratzinger e quello dei vescovi francesi

È difficile sapere come l’episcopato francese prenderà la notizia della decisione del Papa di revocare la scomunica (il decreto, firmato dal Pontificio Consiglio per i testi legislativi, uscirà nei prossimi giorni) ai quattro vescovi scismatici appartenenti alla Fraternità San Pio X fondata nel 1970 da Marcel Lefebvre. Una cosa, comunque, la si può dire: in una parte di questo episcopato la notizia non susciterà particolari emozioni. Anzi.
Non è un mistero, infatti, che nei mesi passati, prima ancora che il Papa approvasse nel settembre del 2007 il motu proprio Summorum Pontificum col quale liberalizzò il cosiddetto rito antico (è il messale di San Pio V riformato nel 1962 da Giovanni XXIII) era stato l’allora presidente della conferenza episcopale francese, il cardinale Jean-Pierre Ricard, a esprimersi su tale decisione in molto critico. Questi, infatti, paventava (le sue previsioni si sono dimostrate poi fondate) che con il motu proprio si sarebbe aperta la strada al rientro dei lefebvriani nella Chiesa cattolica.

E la cosa non gli andava a genio: la Chiesa francese, infatti, viveva (e vive tutt’oggi) una profonda crisi. Le celebrazioni eucaristiche hanno raggiunto il minimo storico di presenza di fedeli.

Nell’ultimo anno, nei seminari di tutte le novantuno diocesi francesi, sono entrati soltanto centoventi seminaristi e quaranta di questi provenienti da comunità tradizionaliste, non scismatiche come quella lefebvriana, ma comunque legate a una visione di Chiesa similare a quella della Fraternità San Pio X.

Insomma, oltralpe sono le comunità tradizionaliste che stanno sempre più prendendo piede e la cosa, per una gerarchia ecclesiastica che più che in altre parti d’Europa ha spinto sull’applicazione in chiave intra-mondana della riforma liturgica del post Concilio Vaticano II, fa preoccupare.

Il 12 settembre scorso, tuttavia, Benedetto XVI, volando verso Parigi, fu chiaro. Egli lanciò un messaggio inequivocabile all’episcopato francese: il motu proprio Summorum Pontificum - disse - «è semplicemente un gesto di tolleranza, in ottica pastorale, per delle persone che sono state formate a questa liturgia, che l’amano, la conoscono, e vogliono vivere con essa». Come a dire: chiunque preghi seguendo l’antico rito (lefebvriani in testa) non va discriminato, in quanto fa parte della Chiesa cattolica a pieno titolo.
Poco dopo il viaggio papale a Parigi (con tappa a Lourdes), furono i lefebvriani a recarsi in pellegrinaggio a Lourdes. Qui il superiore generale della Fraternità San Pio X, Bernard Fellay, lanciò un’iniziativa singolare. La chiamò «Crociata del rosario». In sostanza, chiese a tutti i fedeli lefebvriani di sgranare rosari affinché il Papa ritirasse la scomunica pendente su di lui e sui tre suoi confratelli vescovi. Secondo Fellay in meno di due mesi sono stati recitati in tutto il mondo un milione e settecentotremila rosari. Ultime notizie alla mano, un numero sufficiente per fare divenire il decreto di revoca di scomunica una realtà.
Il decreto verrà reso noto dal pontificio consiglio per i testi legislativi nei prossimi giorni e permetterà a Ratzinger di ricordare con meno dolore quanto accadde nel 1988: allora Giovanni Paolo II comminò la scomunica a Lefebvre dopo che questi rifiutò un accordo già siglato con l’allora prefetto della congregazione per la dottrina della fede, appunto il cardinale Ratzinger.
Certo, molte questioni restano ancora aperte: i lefebvriani non hanno mai detto apertamente di accettare in toto i documenti del Concilio Vaticano II. In particolare, su alcuni aspetti della dottrina sulla Chiesa, si dichiarano ancora perplessi - soprattutto sulle nozioni di libertà religiosa e di ecumenismo -. Eppure, a ben vedere, un accordo di riappacificazione definitiva con Roma sembra ormai più che possibile. Non ci sono divergenze gravi tra le due parti e il gesto di questi giorni di Ratzinger non può che accelerare il tutto.

L’episcopato francese dovrà farsene una ragione. E probabilmente dovrà fare autocritica. E ammettere che il rinnovamento liturgico attuato in Francia negli ultimi decenni ha avuto sviluppi a volte maldestri o grossolani, che senz’altro (volutamene o meno) hanno dato la netta sensazione di una rottura della tradizione. Una sensazione che ha portato Lefebvre a reagire e a scegliere la strada della rottura con Roma pur di non sottomettersi a una Chiesa che, soprattutto in Francia, vedeva inquinata da un vento progressista.

Quando la piena comunione con Roma sarà defintivamente sancita si potrà scoprire sotto quale forma la Fraternità San Pio X farà parte della Chiesa. E si potrà scoprire quale destino avrà la pontifica commissione Ecclesia Dei, istituita da Wojtyla con lo scopo di seguire i rapporti coi lefebvriani.
Si parla di un suo possibile accorpamento con la congregazione per il culto divino. Ecclesia Dei manterrebbe una propria autonomia, ma dedicherebbe principalmente a vagliare la corretta applicazione del motu proprio Summorum Pontificum.
A conti fatti, il decreto di revoca di scomunica che il Papa ha voluto per i vescovi lefebvriani, rappresenta una vittoria per il cardinale Darío Castrillón Hoyos, presidente di Ecclesia Dei. È lui che ha curato in questi anni i rapporti con la Fraternità San Pio X. È stato lui a tenere una fitta corrispondenza con Fellay, alimentatasi soprattutto dopo che questi, pochi mesi dopo l’ultimo conclave, incontrò privatamente Benedetto XVI a Castel Gandolfo.

© Copyright Il Riformista, 23 gennaio 2009 consultabile online anche qui, sul blog di Rodari.

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