martedì 22 settembre 2009

Card. Bagnasco: «Sobrietà, disciplina e onore, lo dice la Costituzione». E su Boffo: «Colpita la Chiesa» (Ambrogetti)


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Riceviamo e con grande piacere e gratitudine pubblichiamo:

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«Sobrietà, disciplina e onore, lo dice la Costituzione». E su Boffo: «Colpita la Chiesa»

Angela Ambrogetti

Roma.
Senza fare nomi o cognomi il cardinale Angelo Bagnasco lancia la sua offensiva. E usa la Costituzione della Repubblica italiana per chiedere «sobrietà, disciplina e onore per chi assume un mandato politico», e stigmatizza il «degrado del vivere civile».Con eleganza e fermezza il porporato apre la prolusione al Consiglio Episcopale Permanente a Roma, dopo una preghiera per i militari caduti a Kabul, ed entra subito nella questione Boffo.
«Un passaggio amaro - dice il cardinale - che, in quanto ingiustamente diretto ad una persona impegnata a dar voce pubblica alla nostra comunità, ha finito per colpire un po' tutti noi».
Un attacco che non spaventa la Chiesa che «non può essere coartata né intimidita solo perché compie il proprio dovere». Un no deciso agli «intenti strumentali» o agli «obiettivi che nulla hanno a che fare con un rinnovamento complessivo della società». Premessa di fondo per il ragionamento successivo.
Attraverso la enciclica del papa Caritas in veritate, con la centralità della persona e la sua «responsabilità sociale», Bagnasco arriva a quello «scossone» che allontana «comode ed improponibili illusioni» sulla soluzione della crisi mondiale. Non si può tornare senza pericoli «all'esuberanza del passato» in economia. L'Italia ha saputo fino ad oggi affrontare «con grande dignità» una crisi economica che, tuttavia, l'ha «impoverita», chiedendo «sacrifici pesanti a tutti, specialmente i meno abbienti». Disparità, illegalità, finanza mal utilizzata si superano con la cooperazione internazionale e una «sentita partecipazione dei cittadini alla res publica», altrimenti si è solo impoverito il mondo. Ma per farlo servono politici a prova di articolo 54 della Costituzione.
Parola per parola. Per il presidente della Cei «chiunque accetta di assumere un mandato politico» deve essere «consapevole della misura e della sobrietà, della disciplina e dell'onore che esso comporta».
L'Italia, spiega Bagnasco, è attraversata da un «malessere tanto tenace quanto misterioso che non la fa essere talora una nazione serena». E in questo il compito della politica è la ricerca del bene comune. Compito che accomuna la Chiesa e lo Stato, ma che richiede uomini retti. Per questo la Chiesa raccomanda ai giovani la strada «della politica vera e propria, nelle sue diverse articolazioni, quale campo di missione irrinunciabile e specifico». Per valutare l'agire politico il criterio da usare è«la reale efficacia di ogni azione politica rispetto ai problemi concreti del Paese». Il cardinale disegna sempre più chiaramente la sua propria linea politica. «È urgente per tutti guadagnare in serenità» dice. Invita ad una autocritica «che sia in grado di superare un clima di tensione diffusa e di contrapposizione permanente che fa solo male alla società». Quanto alla Chiesa non può essere limitata nella sua libertà di dire «ciò che davanti a Dio ritiene sia giusto dire», ma anche quando «annuncia una verità scomoda, la Chiesa resta con chiunque amica».
Amica anche dello Stata italiano. Anche se, tra sentenze sull'insegnamento della religione, decisione sulla Ru 486 e politiche migratorie, l'unica consolazione per i vescovi è il «prezioso» lavoro del Senato sulla legge del fine-vita. Riguardo all'ora di religione, Bagnasco plaude al ricorso presentato dal ministro Gelmini contro la sentenza del Tar del Lazio supportata - dice - da «motivazioni speciose». «Parlare di catechismo di Stato - ha affermato - finisce per far incespicare quell'indispensabile e prezioso dialogo interculturale, per altri versi e in altri contesti auspicato». Il presidente della Cei vede «reiterata offensiva», frutto del «nichilismo» di chi nega la legittimità di ogni principio. Così, avverte, «educare diventa un'impresa impossibile». E sul biotestamento, la Cei auspica, alludendo alla recente sentenza del Tar contro la direttiva Sacconi, che la Camera non si lasci «fuorviare da pronunciamenti discutibili». Netta anche la posizione dei vescovi sulla RU486. Per i vescovi sarebbe opportuno un dibattito in Parlamento che chiarisca i possibili effetti negativi della pillola, ma che, soprattutto, scongiuri una «banalizzazione del valore della vita», in cui «l'aborto stesso finisce per essere considerato un anticoncezionale». E sul Concordato. Se pure a 25 anni dalla «felice riforma», «riserve e velleitarismi» emergono anche da «settori insospettabili della opinione pubblica», è pur sempre attuale «l'accordo di libertà che accomuna Stato e Chiesa non solo nel riconoscimento della reciproca autonomia, ma anche nell'impegno condiviso di collaborazione per la promozione dell'uomo e il bene del Paese». La Chiesa «non indietreggia, e mai rinuncerà» alla presenza nel dibattito pubblico, con passione ed onestà, sperando in «convergenti sintonie». Una tesi che sembra trovare consensi anche Oltretevere, e l'Osservatore Romano pubblica il discorso di Bagnasco e titola "Con lo Stato si confermano reciproca autonomia e impegno condiviso per il bene dell'uomo e del Paese".

© Copyright Il Secolo XIX, 22 settembre 2009

1 commento:

Antonio ha detto...

Sobrietà,disciplina,onore,obbedienza,umiltà,benevolenza,onestà,prudenza, rettitudine,purezza...
se i vescovi avessero praticato queste virtù non avrebbero difeso un molestatore bugiardo e impuro!
Ma Nostro Signore un giorno squarcerà il velo della loro ipocrisia!