venerdì 14 novembre 2008

Sentenza che autorizza la morte di Eluana: i commenti di Casavola e Cerami


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I VALORI E IL DIRITTO

di FRANCESCO PAOLO CASAVOLA

LA CORTE di Cassazione autorizza la sospensione dell’alimentazione e idratazione forzata ad Eluana Englaro, dando così esecuzione al decreto della Corte di Appello di Milano contro cui aveva ricorso la Procura generale. È augurabile che su questa decisione non ci si abbandoni a commenti emotivi, che risulterebbero impropri, per almeno due ragioni. La prima è che si deve rispetto alla famiglia Englaro e alla loro figliuola, che vivono da 17 anni una vicenda tragica. In secondo si deve rispetto ai giudici. Ricordiamoci che 2.500 anni fa Socrate andò a morire per una sentenza ingiusta insegnando a chi lo accompagnava nel supremo commiato che se si disobbedisce ai giudici uno Stato è del tutto dissolto.
La magistratura ha avuto il suo travaglio dal primo percorso iniziato nel Tribunale di Lecco fino a questo traguardo al suo vertice romano. La giurisdizione è tenuta nel nostro ordinamento a non lasciare senza risposta il cittadino che la interpella, anche quando il legislatore tace, ma sono rinvenibili principi e regole nel sistema costituzionale ed in quello dei codici.
I giudici hanno fatto, pur palesemente soffrendo la problematicità del caso, il loro dovere, corrispondendo a tutte le garanzie che le nostre leggi sostanziali e processuali proponevano o imponevano. Ora è venuto il momento che il legislatore faccia la sua parte, intervenendo con una legge che affronti organicamente le ardue questioni della fine della vita umana.
Si usa distinguere diversi piani di argomentazione in materia, antropologico, religioso, culturale, scientifico, bioetico, giuridico. Ma si rischia che i tanti interlocutori restino prigionieri delle tele delle proprie competenze e distinte finalità, tanto da dimenticare che quando ci si appresta a costruire una legge, questa deve esprimere valori etici in grado di essere accettati dalla comunità intera e non da sue parti e meno che mai da una maggioranza o minoranza misurate nel Parlamento o nel Paese con metri diversi.
Molti e tra i più gravi problemi di bioetica richiedono formulazioni univoche, non ambigue, che non alimentino interpretazioni contraddittorie, che inducono turbamento nella coscienza pubblica e aggravano i drammi dell’esistenza, prodotti da quegli avanzamenti delle conoscenze e delle tecnologie che ambirebbero invece di rendere più serena la vita. Scienza, religione, cultura umana e civile, debbono potersi incontrare nelle aule parlamentari, scavalcando schieramenti di partito chiamati su altri frontiere a legittimamente contrastarsi, ma qui invece severamente tenuti a veicolare le sole ragioni del bene comune.

© Copyright Il Messaggero, 14 novembre 2008 consultabile online anche qui.

E' L'ORA DEL SILENZIO

di VINCENZO CERAMI

LA GIUSTIZIA si è fatta carico di una decisione estrema, che ha dovuto conciliare il diritto alla vita di eluana, una ragazza in coma da sedici anni, senza alcuna speranza di guarigione, con il diritto di genitori disperati che vogliono uscire da un incubo e dallo strazio di un’attesa infinita e senza più promesse.
La scienza afferma, senza ombra di dubbio, che la povera ragazza è un corpo senza coscienza, destinato a restare tale fino alla morte; la dottrina cattolica, fedele ai suoi alti principi che affidano alla trascendenza la decisione di interrompere il soffio divino di un’esistenza, considera usurpante e blasfema l’ingerenza umana.
La tragica scena che si svolge accanto al corpo inanime della ragazza vede da un lato persone precise.
Persone precise quali genitori e parenti con nome e cognome, vite che hanno un passato ma anche un futuro da affrontare, invischiati in un dolore senza fine, schiavizzati dalla tragedia dentro un vivere buio e senza via di scampo. E dall’altro lato i sacerdoti dell’inviolabile legge della sacralità della vita.
In conflitto sono ragioni legittime, che sulla bilancia etica e umana hanno lo stesso peso. La Giustizia, in quanto ius e non fas, in quanto legge degli uomini e non legge di Dio, ha deciso di schierarsi dalla parte dei genitori, lasciando a loro la responsabilità morale e religiosa di decidere. E i genitori chiedono da lungo tempo di interrompere la tribolazione di assistere impotenti all’invecchiamento vegetativo di Eluana.
Dice Qohélet che tra innocenti e colpevoli decida Dio. È questo il momento di lasciare soli e in meditazione le persone direttamente coinvolte in questa immane scelta. Risponderanno alla loro coscienza, alla comunità e al loro credo religioso. Il peccato è istituzione divina, guai se non esistesse. Forse è stato previsto dalle Scritture proprio in previsione di un caso come quello di Eluana. Non esisterebbe il perdono senza il peccato.
Facciamoci tutti in disparte, che si spengano i fari e le telecamere su questa terribile vicenda umana, diventata esercizio di teologia accademica e cronaca giornalistica. Forse un richiamo all’umanesimo cristiano potrebbe creare un clima più comprensivo e caritatevole.

© Copyright Il Messaggero, 14 novembre 2008 consultabile online anche qui.

Vedi anche:

Il padre di Eluana contatta Udine «Nessuno più mi fermerà»

1 commento:

Anonimo ha detto...

"La scienza afferma, senza ombra di dubbio, che la povera ragazza è un corpo senza coscienza, destinato a restare tale fino alla morte..."
Questa frase è assolutamente falsa e leggendo molti contributi di medici ed esperti - anche su questo forum - emerge chiarissimo. In generale questi commenti pelosamente buonisti, agro-dolciastri, con condimento di paternali e ricercate citazioni bibliche, a me creano disgusto forse persino peggio di quelli che, secondo una logica di valori diametralmente opposta alla mia, sono apertamente a favore dell'eutanasia.
Forse mi sto abbandonando a "commenti emotivi"? No, è la mia ragione che si ribella.
Ma che razza di umanesimo cristiano sarebbe quello che parla di: "...diritto di genitori disperati che vogliono uscire da un incubo e dallo strazio di un’attesa infinita e senza più promesse."
Se i genitori avessero lasciato curare la figlia alle suore e se ne fossero andati lontano alla ricerca di una vita normale (quanti genitori disperati non riescono nemmeno ad andare a trovare i loro figli orribilmente deformi al Cottolengo?) ne avremmo rispettato il dramma e la fragilità di esseri umani come noi, senza giudizi.
Ma la morte di una persona a che razza di "diritto" può mai rispondere?
Il rispetto e la preghiera vanno bene, ma attenzione che il silenzio da più parti invocato non risuoni della mancanza di coraggio e della comoda resa di Ponzio Pilato.
Dio perdoni questo mondo che mette se stesso al posto di Dio, arrogandosi di decidere sul bene e sul male e sulla vita delle persone "inutili" e inermi.