martedì 11 novembre 2008

«Fatwa» contro il terrorismo. La svolta dei musulmani in India (Osservatore Romano)


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Nessun attentato può essere compiuto in nome dell'islam

«Fatwa» contro il terrorismo
La svolta dei musulmani in India


New Delhi, 11. Una condanna netta e inequivocabile degli attentati terroristici, come azioni contrarie all'islam, partita dai mullah della scuola islamica Darul Uloom Deoband - la più antica e autorevole dell'India, nello stato dell'Uttar Pradesh - e ora sottoscritta dalla più grande organizzazione di religiosi musulmani del Paese, la Jamiat-Ulama-i-Hind (Juh): l'approvazione della fatwa contro il terrorismo, al termine della ventinovesima assemblea generale della Juh che si è svolta sabato e domenica scorsi a Hyderabad, capoluogo dell'Andhra Pradesh, rappresenta una svolta, "un evento fondamentale" come hanno affermato gli stessi delegati: stabilisce che il terrorismo non appartiene alla religione islamica e non si possono portare azioni terroristiche in nome dell'islam.
Nella risoluzione finale, firmata all'unanimità, si ribadiscono le differenze tra il jihad e il terrorismo: la prima, in quanto autodifesa da un'aggressione e per ristabilire la pace, "è un fenomeno costruttivo e un diritto fondamentale degli esseri umani, mentre il secondo si basa sulla distruzione. È necessario definire jihad e terrorismo nella giusta prospettiva, che li vede come poli opposti. Il terrorismo è il più grande crimine stando al Corano" conclude l'editto.
Con il provvedimento, i religiosi musulmani indiani si sono impegnati a trasmettere questa posizione all'interno della comunità dei fedeli e a isolare e ad allontanare dalle proprie comunità gli elementi influenzati dalle ideologie terroristiche. Anche gli insegnanti delle madrasse (i convitti dove si impartiscono insegnamenti di religione e diritto) hanno dato la loro disponibilità a sensibilizzare gli studenti su temi di pace. L'approvazione della fatwa è stata salutata dai partecipanti al meeting come un evento che non può non avere conseguenze per il futuro.
I seimila delegati partecipanti si erano riuniti per definire, come ogni anno, le strategie da attuare e per fare il punto sulla situazione dei musulmani nel Paese. L'editto religioso contro il terrorismo era stato già emesso il 31 maggio da quattro muftì (dotti musulmani autorizzati a esprimere responsi in materia giuridica e anche teologica) che avevano definito il terrorismo "non islamico" e "non appartenente alla religione islamica". Pensiero ripreso adesso dalla Juh: "Un atto terroristico è compiuto da individui folli e nessuno deve associarli alla comunità musulmana che crede nella pacifica coesistenza con le altre comunità" ha detto il segretario generale dell'organizzazione, Maulana Mahmood Madani, che è anche senatore. "L'islam - ha concluso il leader musulma- no - è una religione di pace e ai suoi occhi lo spargimento di sangue e gli attentati sono atti e crimini inumani".
Come detto, l'iniziativa della fatwa ha preso le mosse a maggio dai mullah della Darul Uloom (la "casa della conoscenza") di Deoband, in Uttar Pradesh. Fondato nel 1866 - si legge nel sito dell'Associazione musulmani italiani (Ami) - il seminario religioso è secondo in importanza solo ad al Azhar, al Cairo. L'editto religioso è stato firmato non solo da Maulana Habibur Rahman, il grande muftì di Deoband, ma anche dai suoi tre delegati. Ma gli studiosi sono andati oltre organizzando, per annunciare la fatwa, una conferenza su "Anti-terrorismo e pace globale" tenutasi il 31 maggio al Ramilla ground di New Dehli. L'incontro ha visto riunite tutte le maggiori organizzazioni musulmane, come la Jamaat-e-Islami Hind e la All India Muslim Personal Law Board. Virtualmente erano rappresentate tutte le sette musulmane indiane, inclusi i wahhabiti, i sufi e i barelli.
La conferenza - afferma ancora l'Ami - ha dichiarato che non ci sono connessioni fra jihad e terrorismo. La sola idea di un terrorista che si glori nella violenza e descriva se stesso come un jihadista è stata denunciata come un abominio. I delegati hanno visto nel terrorismo la più grande minaccia che le società musulmane si trovano ad affrontare oggi. Tutti i mullah presenti hanno fatto un giuramento di fedeltà: "Siamo legati a questa fatwa di Darul Uloom Deoband e ci impegnamo a condannare il terrorismo e a diffondere il messaggio di pace globale dell'Islam".
Giuramento, messaggio, ripresi e sottoscritti lo scorso fine settimana a Hyderabad: "Nell'islam creare discordia o disordine nella società, interruzioni della pace, sommosse, spargimenti di sangue, saccheggi o razzie e uccidere persone innocenti in qualsiasi posto del mondo, sono tutti considerati crimini disumani. Coloro che usano il Corano o i detti del profeta Maometto per giustificare il terrorismo stanno dando credito a una bugia. Il vero scopo dell'islam - si sottolinea nella fatwa - è quello di cancellare tutti i tipi di terrorismo e di diffondere il messaggio di pace globale".
"Nel mondo è stato creato un clima che vuole legare il terrorismo all'islam; dobbiamo unire le nostre forze per rimuovere questa errata concezione" ha detto il maestro indù Sri Ravi Shanker che, come riferisce l'agenzia Misna, era fra i rappresentanti religiosi induisti ospiti all'incontro e che ha deplorato l'uso della violenza anche da parte di gruppi induisti ritenendola ugualmente contraria alla religione indù. L'assemblea generale della Jamiat Ulama-i-Hindi ha infatti sollevato anche il problema delle aggressioni contro minoranze islamiche e cristiane da parte di gruppi radicali induisti ma ha chiesto "al governo e ai media di cessare di mettere in relazione il terrorismo con qualunque religione".
Proprio ieri, dall'Italia, è giunta una netta presa di posizione contro queste violenze. L'aula della Camera, per alzata di mano, ha detto sì a tutte le mozioni presentate dalle forze politiche sulle iniziative riguardanti i ripetuti episodi di violenza e di persecuzione nei confronti dei cristiani in India e in altre parti del mondo. I testi approvati, in particolare, impegnano il Governo di Roma "a intervenire direttamente presso le autorità nazionali indiane affinché sia fatta chiarezza, siano individuati i responsabili che invocano pulizie etnico-religiose in India e presi seri provvedimenti nei confronti dei responsabili della polizia e dei governi locali che hanno sottovalutato o peggio ignorato volutamente i fatti sopraesposti". I deputati chiedono che vengano adottate effettive misure di sicurezza nei confronti delle minoranze religiose cattoliche, che sia previsto l'effettivo risarcimento dei danni subiti dalle comunità religiose oggetto di atti vandalici e siano assicurati alla giustizia gli autori degli omicidi e degli attentati. Inoltre la Camera sollecita un'azione, di concerto con i partner europei, affinché venga squarciato il velo di silenzio intorno a questa vicenda e affinché la comunità internazionale, anche attraverso risoluzioni dell'Organizzazione delle nazioni unite, "intervenga repentinamente per evitare che proseguano impunemente le gravi ferite inferte alla libertà religiosa e ai diritti umani in generale in tante parti del mondo". (giovanni zavatta)

(©L'Osservatore Romano - 12 novembre 2008)

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