venerdì 10 aprile 2009

Funerali all'Aquila. Il Papa: Dio doni a tutti il coraggio di continuare a sperare. Card. Bertone: Gesù crocifisso trasformi questa morte in amore


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Funerali all'Aquila. Il Papa: Dio doni a tutti il coraggio di continuare a sperare. Il cardinale Bertone: Gesù crocifisso trasformi questa morte in amore

Duecentocinque bare - su 289 vittime totali - disposte su quattro file: è questo il commovente colpo d’occhio offerto dalla piazza d'Armi della Scuola Ispettori della Guardia di Finanza di Coppito, vicino L’Aquila, dove alle 11 di questa mattina si sono svolti i funerali di Stato delle vittime del terremoto in Abruzzo. A presiedere la cerimonia è stato, a nome di Benedetto XVI, il cardinale segretario di Stato, Tarcisio Bertone, affiancato, fra gli altri, dal segretario particolare del Papa, mons. Georg Gänswein, dall'arcivescovo dell'Aquila, Giuseppe Molinari, e da 18 vescovi in rappresentanza delle diocesi abruzzesi e delle regioni italiane. Presenti alle esequie le massime autorità italiane, dal presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, al capo del governo, Silvio Berlusconi, ai presidenti di Camera e Senato. Il racconto della celebrazione nel servizio di Alessandro De Carolis:

Due ore prima dell’inizio, le esequie hanno già la loro icona di un dolore apparentemente inconsolabile: una bara di mogano - allineata come le altre lungo una guida rossa - e poggiata su di essa un’altra, in miniatura, solo poche dozzine di centimetri, una macchia bianca troppo piccola per essere lì, troppo piccola addirittura per essere pianta. Quella miniatura bianca non è la sola: altre quattro sono posizionate così, sopra o accanto alle loro mamme, in un ultimo contatto che sostituisce abbracci e coccole, spezzati per sempre alle 3.32 di una notte che ha seminato macerie anche nel cuore di chi è sopravvissuto.

Quelle cinque bare, più di tutte, sono “l’enigma indecifrabile della morte”.
Usa questa espressione il cardinale segretario di Stato, Tarcisio Bertone, che il Papa, insieme con il suo segretario particolare, mons. Georg Gänswein, ha voluto accanto ai vivi e ai morti di una tragedia che ha scosso non solo l’Italia. Un enigma che parla di annientamento, di “assenza incolmabile”, se non fosse che l’apparente “silenzio di Dio” è preludio, come ricorda proprio il Venerdì Santo, di risurrezione. Benedetto XVI lo afferma in un Messaggio, cui presta voce il suo segretario particolare all’inizio della Messa:

“In momenti come questi, fonte di luce e di speranza resta la fede, che proprio in questi giorni ci parla della sofferenza del Figlio di Dio fattosi uomo per noi: la sua passione, la sua morte e la sua risurrezione siano per tutti sorgente di conforto ed aprano il cuore di ciascuno alla contemplazione di quella vita in cui 'non vi sarà più la morte né lutto né lamento né affanno, perché le cose di prima sono passate'”.

“Sono certo che con l’impegno di tutti si può far fronte alle necessità più impellenti”, aggiunge il Papa, assicurando che la Chiesa, in ogni ordine, grado e forma sarà in prima linea con le istituzioni italiane nell’assistenza ai terremotati, come del resto - sottolinea - già dimostra “la crescente onda di solidarietà” mostrata dai soccorritori. Benedetto XVI eleva la sua preghiera a Dio perché tutti abbiano "il coraggio di continuare a sperare senza cedere allo sconforto". Davanti all’altare è il momento in cui la memoria degli scomparsi cerca di ricomporsi, in chi li ricorda, in uno spazio oltre il dolore, pur fra le lacrime che quasi bagnano i feretri e i fiori che li ricoprono. E il cardinale Bertone accompagna questo difficile percorso interiore con delicatezza e rispetto. Come nel Crocifisso che si sentì abbandonato sul Calvario, afferma:

“Dio può sembrare assente, il dolore può apparire una forza bruta e senza senso, le tenebre degli occhi pieni di lacrime sembrano oscurare anche i più timidi raggi di sole e di primavera. Eppure è proprio mentre si fa provocatrice la domanda: ‘Dov'è il tuo Dio?’ che sentiamo emergere dal profondo la certezza dell'intervento amorevole di Dio”.

Una domanda e una certezza che squarciano il silenzio che gravò duemila anni fa sul Golgota e oggi sui tanti calvari che macerano gli occhi e l’anima di chi si addossa alle salme, le accarezza, sussurra parole. Nel silenzio della morte, la presenza di Dio diventa, afferma il cardinale Bertone, “una fiaccola di speranza":

“La morte ci fa toccare con mano che tutto in un attimo può cessare - sogni, progetti, speranze. Tutto finisce; solo resta l’amore. Resta solo Dio che è Amore. In quest’ora di dolore e di smarrimento profondo, è la Parola di Dio a sostenere la nostra fede, a confortarci e ad assicurarci che nulla può cancellare la forza dell'amore”.

Come il Papa nel suo messaggio, anche il segretario di Stato vaticano dà rilievo ai “valori della solidarietà e della fraternità” che - riconosce - “l’Italia intera”, idealmente unita alle vittime di questo dramma, ha una volta di più dimostrato di possedere “in profondità”:

“Riprendiamo dunque il cammino, fratelli e sorelle, insieme a Maria, portando insieme il dolore dell'incolmabile assenza dei defunti, con una presenza più assidua, fraterna e amichevole presso le loro famiglie, ancor più autenticamente diventate le nostre famiglie, nella grande famiglia dei figli di Dio. Grazie all’aiuto materno della Madonna cercheremo di trarre dalla morte una lezione di vita autenticamente cristiana. E sorretti dalla sua intercessione non temeremo le difficoltà che pur sono davanti a noi”.

Sentimenti che con diversa sensibilità religiosa, fa propri l’imam, Mohamed Nour Dacia, presidente dell’Unione delle comunità islamiche, che prega al termine della Messa per le sei persone di fede islamica rimaste senza vita sotto le macerie, ma anche - dice - per tutti gli altri.

Contro lo scenario delle montagne ancora imbiancate come la cima di quella piccolissima bara che continua ad attirare preghiere e lacrime, termina il Venerdì Santo di un pezzo d’Abruzzo e di tanti altri nel mondo. Sullo sfondo, la festa della Risurrezione. Sia la vostra consolazione, è l’augurio del cardinale Bertone: “Sarà la vostra Pasqua, una Pasqua che rinascerà ancora una volta dalle macerie di un popolo tante volte provato nella sua storia”. Gli fanno ecco le parole finali dell’arcivescovo dell’Aquila Giuseppe Molinari, piene di commozione quasi estenuata:

“Cari fratelli e sorelle, colpiti negli affetti più cari, è il momento della grande fede, come mi diceva il papà di due fratellini morti in questa tragedia. Una fede che è più forte del dolore, dello smarrimento, della paura, del dubbio e della disperazione (…) Signore, fa' che da questa insopportabile e assurda storia di morte nasca una nuova e luminosa storia di vita e di speranza”.

Ma ascoltiamo alcune voci raccolte da Massimiliano Menichetti nel piazzale dove si sono svolti i funerali:

R. – Chiaramente, si vuole testimoniare la vicinanza a coloro i quali hanno in questo momento purtroppo perso delle cose che sono essenziali: hanno perso delle vite. Quindi, noi rispettiamo il loro dolore e siamo vicini e vogliamo testimoniare la nostra vicinanza. Noi siamo dei fortunati: abbiamo perso dei beni materiali, ma quelli li ricostruiremo …

D. – Una città che si stringe in un momento di dolore così grande …

R. – Sì. Sicuramente. Noi ci conosciamo tutti: noi, quando eravamo piccoli, eravamo pochi. Gli amici miei stanno tutti qui …

D. – Cosa si può dire in un momento di così grande dolore a chi soffre così tanto?

R. – Che da Gesù, dal Vangelo, viene sempre la speranza, che non è spiegabile, che non è comprensibile, che non è razionale però è qualcosa che è più forte di noi.

D. – Che cosa portate in questa giornata di tanto dolore?

R. – Portiamo il silenzio del cuore, portiamo un po’ di speranza. Abbiamo la scuola, qui: quella scuola di Via XX Settembre, vicino alla Casa dello Studente che è crollata. Hanno detto che forse abbiamo anche degli alunni che sono morti. Stavamo a Roma, ma oggi siamo qua per loro.

D. – Lei dice: portiamo anche della speranza …

R. – Portiamo il nostro affetto con il silenzio perché in queste circostanze è meglio non parlare.

R. – Oltre ai servizi materiali che si possono svolgere nei campi, stare vicino a loro e far sentire a queste persone che non sono sole, che non sono abbandonate, che qualcuno è loro vicino, che sono importanti.

D. – Qual è il suo pensiero per queste persone che oggi soffrono?

R. – Condividere con loro la sofferenza. Fermarmi, stare con loro, la preghiera con loro, l’affetto, cercare degli spiragli di luce in questo buio … (Montaggio a cura di Maria Brigini)

Sul mistero della sofferenza ecco la riflessione del vescovo di Avezzano mons. Pietro Santoro, al microfono di Federico Piana:

R. – Una sofferenza che quest’anno si riversa nella morte e nel dolore delle sorelle e dei fratelli della Chiesa aquilana. E’ un mistero di domande lancinanti, che sconvolgono e attraversano anche le dimensioni della fede, abbandonata ad invocazioni che chiedono risposte: ma risposte della ragione non ci sono, come non ci furono quel Venerdì Santo, quando sul Calvario moriva il Giusto, l’Innocente. Dice il Vangelo di Matteo: “Si fece buio su tutta la terra, il velo del Tempio si squarciò in due, da cima a fondo, la terra tremò e le rocce si spezzarono”. La prossimità della Croce di Cristo è stata e sempre sarà prossimità alle oscurità della sofferenza dell’uomo, perché dentro questa oscurità Cristo è voluto entrare non come spettatore impassibile ma come un abissale assunzione del dolore.

D. – La Pasqua è Risurrezione…

R. – E’ Risurrezione, ma la Risurrezione è soprattutto la dimensione della speranza perché il Cristo Risorto non è una pagina del passato, il Cristo Risorto continua a camminare nel volto e attraverso il volto delle persone. Non dimentichiamo che il Cristo Risorto conserva le piaghe della Croce e dentro queste paghe bisogna leggere anche il volto della speranza che per noi è Cristo, il Cristo che consola, che entra nelle dinamiche del dolore, fa sue le lacrime di ogni persona e dice: nel mistero di queste lacrime tu devi capire non soltanto le mie lacrime ma devi anche capire che c’è una certezza di Risurrezione. Certo, in questo momento è difficile capire tutto questo. Quando vedremo Cristo faccia a faccia e contempleremo il suo volto, allora sarà tolto il velo e capiremo il perché di tutto questo. Adesso si tratta semplicemente di affidarsi al cuore del Cristo Risorto e dire: tu, nonostante tutto cammini con noi, fai la nostra vita, sei impastato con la nostra storia: fa' che il nostro dolore possa essere anche un seme di Risurrezione per tutto quello che siamo riusciti a compiere e che riusciremo a fare con Te, per Te e per la tua Chiesa.

(Montaggio a cura di Maria Brigini)

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