giovedì 9 aprile 2009

La situazione della Chiesa Cattolica in Cina: il commento di Don Baget Bozzo


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GIANNI BAGET BOZZO

Con la lettera ai cattolici cinesi Papa Benedetto aveva cercato di superare la divisione dei cattolici cinesi in due chiese: l’una clandestina in comunione con la sede romana, l’altra legittimata dal governo di Pechino come chiesa nazionale.
La lettera voleva evitare che la clandestinità apparisse come una scelta della Chiesa, come se essa non riconoscesse la legittimità del governo di Pechino.
Voleva evitare che la Chiesa apparisse come estranea alla grande crescita della società cinese che il regime capitalista comunista aveva pur determinato.
Con il documento papale la Chiesa accettava il controllo dello Stato cinese nella nomina dei vescovi, che però rimanevano in comunione con Roma.
Il comunismo cinese non è come quello sovietico radicato in una lettura marxista della storia occidentale. È un regime di fatto che pretende soggezione ma non esercita un fascino ideale tra i credenti come accadde in Occidente.
Per questo Roma accettava il fatto del controllo del governo di Pechino sulla nomina dei vescovi cattolici. La commissione per la Cina, riunitasi in Vaticano per esaminare la situazione creata dalla lettera del Papa, ha dovuto constatare che nulla era cambiato, continuava la persecuzione contro la Chiesa clandestina e quella ufficiale non dava segni di riconoscimento della giurisdizione romana.
Lo sviluppo economico può dar vita a una domanda di tipo religioso, a compensazione delle energie spirituali liberate dalla soggezione al bisogno materiale. Le autorità cinesi temono il superamento di quella massificazione nell’essere generico del comunismo cinese e pensano che il rifiorire di esigenze religiose sia la prima forma che prende la domanda umana di libertà.
La memoria di Tienanmen, quando il liberalizzatore economico della Cina, Deng Siao Pin, si mostrò inflessibile contro la libertà politica e intellettuale rivendicata dagli studenti, è ancora nella memoria del governo cinese. Il timore che la domanda religiosa, soprattutto la domanda religiosa cristiana, sia un prodromo della libertà occidentale fa sì che anche una Chiesa cattolica che accetta la nomina dei vescovi da parte del regime cinese sia egualmente un pericolo per la cultura massificata che costituisce l’orizzonte senza orizzonte della società cinese.
Il nesso tra Cristianesimo e libertà politica che in Occidente viene negato con la rimozione delle radici cristiane della civiltà occidentale, appare così confermato dal timore che il regime cinese, fondato nella massificazione ideale del popolo e delle persone in un marxismo pietrificato, ha dell’emergenza spirituale del fatto religioso.
E, in particolare, del fatto religioso cristiano e cattolico.
Il comunismo cinese ha mostrato che una massificazione dell’uomo è compatibile con il regime capitalista e consente una nuova singolare edizione dell’economia di mercato. Ma il passaggio dall’economia di mercato a una società liberale non avviene, il nesso tra capitalismo e liberalismo viene negato dal più grande successo che l’economia di mercato abbia avuto in Asia.
La libertà non è un fatto che la condizione umana porti in se stessa, è il fatto cristiano che fa la differenza perché veicola il tema della divinità della persona nella figura di Cristo. Per questo il tentativo di papa Benedetto di accettare la perdita del controllo romano sulla nomina dei vescovi cinesi non ha avuto seguito.
Dove non ci sono le radici cristiane, la libertà spirituale, da cui conseguono la libertà civile e la libertà politica, non alligna. La libertà occidentale è un frutto della storia, non nasce dalle costrizioni della condizione umana. Per questo il regime comunista cinese ha vinto a Tienanmen, ha fatto della negazione della libertà politica la condizione del successo economico capitalistico del regime nato dal comunismo utopico di Mao Tze Tung. Forse proprio il maoismo nella sua idea di cambiare gli istinti profondi della natura umana è stato la maggiore influenza della cultura cristiano occidentale sulla cultura cinese.

© Copyright La Stampa, 9 aprile 2009 consultabile online anche qui.

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