lunedì 20 aprile 2009

Una “solidarietà spirituale” sostiene il Papa (Zavattaro)


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Una “solidarietà spirituale” sostiene il Papa

Fabio Zavattaro

“Non mi sento mai solo, mi circonda e mi sostiene una solidarietà spirituale”.
È il giorno che fa memoria del quarto anno di pontificato e Benedetto XVI, che nella quiete della residenza di Castel Gandolfo, ringrazia per gli auguri ricevuti – e sono veramente tanti, dice – per i segni di affetto e di vicinanza spirituale giunti da tutte le parti del mondo: “Ho sperimentato la comunione che mi circonda e mi sostiene: una solidarietà spirituale, nutrita essenzialmente di preghiera, che si manifesta in mille modi.
A partire dai miei collaboratori della Curia Romana, fino alle parrocchie geograficamente più lontane, noi cattolici formiamo e dobbiamo sentirci una sola famiglia, animata dagli stessi sentimenti della prima comunità cristiana”.
Quattro anni di pontificato che si possono riassumere in alcune cifre: gli undici viaggi internazionali – e tra questi come non ricordare le tappe di Auschwitz, Istanbul con la visita alla Moschea Blu, e New York con il discorso alle Nazioni Unite – e i dodici compiuti in Italia; e poi le due encicliche, l’esortazione apostolica sull’Eucaristia, il libro su Gesù di Nazaret.
Ma in Benedetto XVI non sono tanto le statistiche a contare, quanto la parola.
A volte proprio la parola male interpretata o non capita ha creato incomprensioni e distanze; è un Papa che sceglie un modo nuovo di comunicare, chiedendo a noi tutti uno sforzo in più per comprenderlo veramente. Forse è proprio nelle parole che ha pronunciato nella notte di Pasqua, la madre di tutte le veglie per Sant’Agostino, in quel suo chiedere uno stile di vita azzimo, cioè essenziale, in quel suo modo di affrontare le questioni raggiungendo il cuore dei problemi e chiedendoci uno sforzo in più nel pensare, nel cogliere la verità anche nella novità di un dubbio capace di farci uscire dagli schemi di un pensiero unico, che va colta la novità di Benedetto XVI, nella continuità con gli altri Papi e con il magistero della Chiesa. È un Papa che sceglie di abbandonarsi con fiducia nelle mani di Cristo e che ci sorprende quando ci chiede di pregare per il suo ministero, di pregare “perché io non fugga, per paura, davanti ai lupi”, come ebbe a dire proprio all’inizio del suo pontificato, quattro anni fa.
Domenica, da Castel Gandolfo, il Papa ricorda che è l’amore misericordioso di Dio – la seconda domenica di Pasqua è anche la festa della Divina Misericordia, per volere di Giovanni Paolo II che accolse il messaggio di santa Faustina Kowalska – a unire la Chiesa e a fare dell’umanità una famiglia sola, un’unità nuova “più forte di prima, invincibile, perché fondata non sulle risorse umane, ma sulla divina misericordia”. Una unità della famiglia umana che si arricchisce nella diversità. Lo ricorda, il Papa, affrontando l’altro tema del suo intervento al Regina Cæli: l’incontro che si è aperto a Ginevra, e che si pone in continuità con la riunione del 2001 a Durban contro il razzismo, la discriminazione razziale, la xenofobia. Un vertice tra molte polemiche, per l'accusa di antisemitismo formulata da Israele e dagli Stati Uniti dalla prima versione del documento preparatorio, dal quale si erano dissociati diversi Paesi, tra cui l'Italia, minacciando di non partecipare. E in realtà sono molte le nazioni assenti all’appuntamento Onu in Svizzera: oltre ai Paesi già citati, anche il Canada, l’Australia, l’Olanda; ci sarà invece la Gran Bretagna e ci sarà soprattutto il presidente iraniano Mahmud Ahmadinejad. Il Vaticano sarà presente con una sua delegazione e l’Osservatore della Santa Sede a Ginevra, monsignor Silvano Tomasi, sottolinea che ora il testo è “accettabile”; e comunque per il Vaticano partecipare a un incontro di questo livello su un tema sensibile come quello del razzismo è “irrinunciabile”.
Così il Papa auspica che ora “i Delegati presenti alla Conferenza di Ginevra lavorino insieme, con spirito di dialogo e di accoglienza reciproca, per mettere fine ad ogni forma di razzismo, discriminazione e intolleranza, segnando così un passo fondamentale verso l’affermazione del valore universale della dignità dell’uomo e dei suoi diritti, in un orizzonte di rispetto e di giustizia per ogni persona e popolo”.
“Si tratta – dice ancora il Papa parlando dopo la recita della preghiera del Regina Cæli, che nel tempo di Pasqua si recita al posto dell’Angelus – di un’iniziativa importante perché ancora oggi, nonostante gli insegnamenti della storia, si registrano tali deplorevoli fenomeni”. Per questo chiede “un’azione ferma e concreta, a livello nazionale e internazionale, per prevenire ed eliminare ogni forma di discriminazione e di intolleranza”. Occorre, soprattutto per Benedetto XVI, una “vasta opera di educazione, che esalti la dignità della persona e ne tuteli i diritti fondamentali”.
La Chiesa, afferma ancora il Papa, “ribadisce che solo il riconoscimento della dignità dell'uomo, creato ad immagine e somiglianza di Dio, può costituire un sicuro riferimento per tale impegno. Da questa origine comune, infatti, scaturisce un comune destino dell’umanità, che dovrebbe suscitare in ognuno e in tutti un forte senso di solidarietà e di responsabilità”.

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