lunedì 20 aprile 2009

Anniversario del Pontificato di Benedetto XVI, Massimo Serretti: Quando è Pietro a salvare la ragione...(Sussidiario)


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PAPA/ 3. Quando è Pietro a salvare la ragione...

Massimo Serretti

lunedì 20 aprile 2009

Il pontificato di Papa Benedetto si avvia a ricoprire il secondo lustro del terzo millennio dell’era cristiana e già mostra alcuni tratti che ne rilevano in maniera definita la fisionomia interiore. Il ministero petrino, pur nella sua precisa caratterizzazione, è comunque polimorfo nelle sue espressioni e inoltre, ogni pontificato, pur qualificandosi in una continuità plurimillenaria, possiede anche un suo profilo proprio che si rivela fino in fondo solo nel suo termine.
Senza pretesa alcuna di completezza o di esaustività possiamo riconoscere come uno dei fronti sensibili sul quale Papa Benedetto si è cimentato a più riprese quello che egli stesso ha denominato variamente come «capitolazione della ragione» o «esperienza dell’irrazionale» oppure come «processo di immunizzazione dalla verità» e «patologia della ragione».
Dopo che i nipoti dei divinizzatori della ragione si sono votati all’irrazionalità sistematica, il Successore di Pietro non perde occasione per profondersi in una lucida quanto appassionata apologia della ragione umana.
Ma com’è accaduto che la cultura occidentale sia potuta pervenire ad un simile ribaltamento? E quale nesso virtuoso sussiste tra il ministero di Pietro fondato sulla fermezza e l’integrità della fede e quella facoltà dello spirito umano che è la ragione?
L’esito del percorso di fronte al quale si è trovato e si trova Papa Benedetto si può intendere ripercorrendo fugacemente alcune tappe fondamentali. L’Illuminismo (almeno quello “continentale”) non è riuscito a mantenere la sfida lanciata sull’affermazione della facoltà naturale della ragione, avendola autonomizzata e assolutizzata rispetto alla più complessa realtà dell’uomo preso nel suo insieme.
Inoltre, alla prima amputazione, se n’è aggiunta una seconda: quella concernente l’orizzonte entro cui la ragione si muove, cioè, la verità e quindi la sua naturale apertura sul mistero di Dio.
Questa duplice censura ha prodotto una incurvatura su se stessa di questa facoltà della natura umana di cui lo gnosticismo idealistico è un chiaro documento. Uno sbocco di questa seconda deformazione è la messa in questione della possibilità della ragione stessa (nihilismo). Un altro sbocco è quello dell’inizio del tentativo di concepire non solo la ragione quale facoltà della natura umana, ma la natura umana stessa in quanto tale come soggetta a un progetto di riformulazione e riprogettazione di principio illimitata e impedita nell’esecuzione solo dalla concreta fattibilità.
Insomma, Papa Benedetto si è trovato di fronte non più ad una “crisi della ragione” sofferta pateticamente e con spirito di disillusione, ma ad un’irrazionalità programmatica impugnata come vessillo delle sorti progressive di trasmutazione antropologica genetica, di cui la bioingegneria è solo un pallido riflesso, tutto sommato secondario.
Di fronte a questo panorama sconcertante per tutti coloro che siano rimasti in possesso delle loro facoltà di naturale dotazione, dato che l’«essere razionale» è parte integrante dell’«essere uomo», che cosa ha proposto il pontificato di Papa Benedetto?
Due sono le proposte a questo riguardo. La prima è quella di ricondurre la ragione entro lo spazio più ampio dell’essere persona dell’uomo evitando la pessima e fatale identificazione tra soggetto razionale e soggetto personale. Il soggetto dell’atto intelligente è l’uomo in quanto persona e non la ragione o l’intelletto (cfr. Tommaso d’Aquino).
Abdicando dalla ragione si abdica dall’umanità dell’uomo, ma, storicamente, la prima abdicazione è avvenuta non in primo luogo per una volontà di negazione di un dato di natura proprio dell’uomo, quanto a motivo della dimenticanza del fatto che l’uomo possiede e governa la propria natura, cioè, è persona.
A partire da questa prima proposta Papa Benedetto può riaffermare la ragione come coessenziale all’uomo nella sua bella e piena funzione vitale ed esistenziale e, nello stesso tempo, scongiurare la deriva gnostica e intellettualistica.
La seconda proposta di Papa Benedetto, nella controversia sulla ragione e nell’«ammutolire di ciò che è autenticamente umano» riguarda la naturale apertura della ragione umana alla verità, negando la quale si scade nella «serietà vuota» (K. Jaspers).
«La questione della verità non è un passatempo (...) è una questione di essere o non essere dell’uomo». Nella verità la ragione ha il suo termine e quindi in essa si trascende, procede oltre se stessa. In altri termini, si potrebbe dire che la ragione è un organo della natura originariamente comunionale dell’uomo. Infatti la pienezza della verità si manifesta all’uomo in Gesù Cristo. «La verità è più grande della mente dell’uomo» (Agostino). La ragione è quindi una facoltà la cui natura è quella di mediare tra il realismo dell’uomo e quello del Mistero.
Con queste due mosse Papa Benedetto ricolloca la ragione ricollocando il soggetto stesso e ricolloca il soggetto umano ristabilendolo nel suo nesso genetico col Mistero di Dio, cioè, nella sua dignità di persona.
Le conseguenze di questo ristabilimento sono enormi in tutti i campi del vivere umano personale e sociale. La morale, il diritto, la politica, l’economia, le scienze naturali, l’interculturalità, il pluralismo religioso, hanno qui un asse sul quale ricentrarsi.

© Copyright Il Sussidiario, 20 aprile 2009

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