venerdì 15 maggio 2009

Benedetto XVI, il Papa dell'allenza (Galeazzi)


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Riceviamo e con grande piacere pubblichiamo:

BENEDETTO XVI, IL PAPA DELL'ALLEANZA

di Giacomo Galeazzi*

L'impronta di Benedetto XVI sulla Terra Santa.
In mattinata, sul Monte del Precipizio, Joseph Ratzinger ha realizzato il sogno di Giovanni Paolo II al quale nel 2000 le autorità proibirono di celebrare la messa sulla collina. "Cristiani e musulmani convivano nel rispetto reciproco", ha ammonito il Papa riferendosi alla lunga controversia che ha opposto a Nazareth le due comunità per i diritti territoriali legati ai rispettivi luoghi santi. Poi, durante il rito dei vespri, ha incoraggiato i "fedeli di Cristo a rimanere qui nella terra che lui ha santificato con la sua presenza", a non emigrare nonostante le difficoltà "per costruire una genuina riconciliazione tra i diversi popoli che riconoscono Abramo come loro padre". Oggi, al Santo Sepolcro, la solenne conclusione della visita papale per la quale scenderanno dal tetto della basilica di Gerusalemme anche i venti monaci etiopici che hanno nel solaio le loro celle da quando li ha confinati lì lo "Statu Quo" che regola la custodia dei luoghi santi alle diverse confessioni cristiane. Intanto fa il giro del mondo l'immagine-simbolo del pellegrinaggio.
La preghiera comune di ieri, con un cerchio di mani, al canto di "Salam, Shalom": a sorpresa al santuario dell'Annunciazione il Papa si è levato in piedi e, dando la mano al rabbino David Rosen e a un imam della Galilea, ha pregato con loro mentre un altro rabbino al centro della sala intonava un canto di pace. Una risposta a chi, come l'Economist, ipotizza che del viaggio resterà solo il ricordo delle sue gaffe. "Per le grandi potenzialità delle tradizioni religiose nella promozione della pace", Benedetto XVI assegna alle fedi che si fronteggiano in Terra Santa il delicato compito di "plasmare i cuori dei giovani e il futuro dell'umanità attraverso l'insegnamento e la predicazione dei valori spirituali più profondi". Grande attenzione, dunque, sul colloquio Ratzinger-Nethanyahu, dopo la richiesta di soluzioni giuste per i palestinesi che il Papa ha rilanciato da Betlemme. Ma le parole più forti, almeno in pubblico, Benedetto XVI le ha dette oggi non ai leader politici, ma ai credenti: cristiani e musulmani respingano "il potere distruttivo dell'odio e del pregiudizio" e trovino "modi per una pacifica convivenza". E i cristiani vogliono allearsi con ebrei, musulmani e con tutti i credenti per "salvaguardare i bambini dal fanatismo e dalla violenza". Il gesto più simbolico poi lo ha fatto invocando "Salam, Shalom" con le mani giunte a imam e ai rabbini. A Nazareth, la più grande città araba in Israele, dove sembrano attenuarsi le tensioni tra cristiani e islamici cominciate nel '99 per il progetto - accantonato con strascichi nel 2001 - di costruire una moschea accanto alla basilica dell'Annunciazione, Benedetto XVI ha celebrato la più grande messa di questa viaggio in Terrasanta. La folla lo ha festeggiato con calore, giro in papa mobile nella spianata del monte del Precipizio, preghiere e canti in arabo, latino, inglese e l'omelia tradotta in pubblico e in simultanea parte in arabo e - questa sembra una prima volta - parte in ebraico.
Ai "cristiani di lingua ebraica" il pontefice ha rivolto anche un saluto particolare nei vespri serali: "sono per noi - ha ricordato - un richiamo alle radici ebraiche della nostra fede". Ma la forza che il Pontefice ttribuisce alle possibilità di pace delle religioni coalizzate si è vista soprattutto nell'incontro con i capi religiosi della Galilea: Benedetto XVI si è levato in piedi e, dando la mano al rabbino David Rosen e al capo dei drusi della Galilea, ha pregato con loro - e con gli altri leader disposti in cerchio - mentre un rabbino al centro della sala intonava "Salam, Shalom". I capi religiosi hanno pregato insieme e evidentemente, papa compreso, hanno messo da parte qualsiasi timore di cadere in una forma di sincretismo, da evitare. Un gesto che evoca l'incontro interreligioso di Assisi '86 con Wojtyla, fatto da un papa considerato piu' efficace nelle parole che nei gesti. Un gesto, quello di prendersi per mano, "non previsto" secondo il portavoce, e davvero "una bella improvvisata". Netanyahu dunque ha scelto Nazareth, e la sede del convento di francescani, per il colloquio con Benedetto XVI, provocando qualche scontento tra i cattolici. Questi hanno paventato un tentativo di "accaparrarsi" la presenza del Papa in Terrasanta, nel giorno dedicato ai cattolici dei diversi riti, al piccolo gregge quasi in estinzione che nuovamente il Papa, nei vespri, ha sollecitato a "rimanere in questa terra". Quindici minuti di colloquio nel quale Ratzinger e Netanyhau si sono confrontati sul "modo per far progredire il progresso di pace", mentre le due delegazioni, parlandosi per venti minuti, hanno affrontato i nodi concreti del mai firmato accordo economico e finanziario Santa Sede- Israele, parlando tra l'altro del problema dei visti per i religiosi cattolici in Israele. Per il custode di Terrasanta Pierbattista Pizzaballa, non poteva essere un incontro di pura cortesia, ma anche "operativo": non ci si può aspettare una "risposta definitiva ma almeno una spinta a trovare una soluzione". La chiesa di Terrasanta è convinta, e lo ha spiegato al Papa, che se non si metterà fine alla frustrazione di tanti palestinesi, la polveriera mediorientale potrebbe esplodere. La richiesta di uno Stato per i palestinesi rilanciata da Ratzinger a Betlemme Netanyhau l'ha risentita stamattina nel colloquio ad Aqaba con re Abdallah di Giordania. Ma a Abadallah il premier israeliano ha replicato di essere impegnato per il processo di pace ma ha ribadito che tra questioni "politica, di sicurezza e finanziaria" nessuna "avrà la precedenza sulle altre", col che ha eluso la questione dello Stato palestinese. Eppure il momento internazionale è considerato favorevole, per la svolta impressa dalla presidenza Obama, che ha recentemente ricevuto il re di Giordania mentre il 18 maggio sono fissati colloqui, cruciali, a Washington; lunedì Netanyahu ha visto Mubarak e domenica Peres vedrà il sovrano hashemita. "Fedi unite nel predicare il perdono, respingere l'odio, salvaguardare i bambini dal fanatismo", pregano abbracciati il Papa, il rabbino, l'imam, superando "nell'interesse dell'armoniosa convivenza" il rischio-sincretismo degli incontri interreligiosi. La giornata più temuta dai servizi segreti israeliani (che per motivi di sicurezza hanno negato a Benedetto XVI il giro in papapamobile nelle strade di Nazareth e allontanato dalla città lo sceicco estremista Salim Sakhafa) è racchiusa nelle strette di mano. Quella con il premier Netanyahu a suggellare la mediazione vaticana nel piano di Obama e quella con i leader religiosi per invocare insieme da Dio la pace in Terra Santa. In mezzo al fuoco incrociato delle critiche israeliane scatenate dal monito a Betlemme contro il Muro in Cisgiordania e di Hamas per "la mancata denuncia dei crimini di Israele", il Pontefice saluta in arabo ("assalam aleikum", la pace sia con voi) i 40mila fedeli, reclama la conciliazione tra le religioni ed esorta cristiani e musulmani a respingere "il potere distruttivo del pregiudizio che uccide l'anima umana prima che il corpo". Qui in Galilea, dove la croce e la mezzaluna sono contrapposte, invita a "riparare il danno fatto, edificare ponti in fedeltà all'unico Dio, sostenere la famiglia, rispettare la dignità delle donne in una indispensabile ecologia umana". Ieri assieme a Netanyahu il Pontefice ha affrontato "i temi del processo di pace in Medio Oriente e i modi per farlo progredire", poi le delegazioni israeliana e vaticana si sono incontrate per parlare per l'accordo economico-giuridico tra Israele e Santa Sede (visti per i religiosi e luoghi santi), dopo che mercoledì, con una "indelicatezza" protocollare, persino il segretario di Stato, Bertone e i cardinali del seguito papale sono stati fatti scendere dalle macchine per attraversare a piedi il Muro.

*Giornalista, vaticanista de "La Stampa"

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