martedì 22 settembre 2009

Sinodo per il Medio Oriente: il commento di Elio Bromuri (Sir)


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SINODO MEDIO ORIENTE - Più antica e nobile

Elio Bromuri

Molti in Occidente non sanno di che cosa si tratta. Il mondo cristiano del Medio Oriente è frastagliato, complesso e difficile da definire e districare. Eppure è la parte più antica e nobile della cristianità, quella che affonda le radici nella Chiesa apostolica e dei Padri delle due prime grandi scuole teologiche la antiochena e alessandrina. Comunità cristiane fiorenti che si sono logorate nel tempo sotto il peso della tradizione non rinnovata e sotto l’urto talvolta sottile e continuativo e talaltra armato e violento di popoli ostili (il “battesimo di sangue” del 451 degli armeni assaliti dall’esercito i persiano) e poi a confronto con l’Islàm, una religione decisa ad affermarsi, considerando i cristiani (e gli ebrei) come “dimmi” (protetti), in realtà, ospiti della “umma” ma non membri a pieno titolo e perciò cittadini di seconda classe. Comunità logorate anche da discussioni cristologiche che hanno determinato il rifiuto del Concilio di Calcedonia (451) e il conseguente scisma dalla Chiesa di Roma e da quella di Costantinopoli. Per molte ragioni e circostanze storiche avverse si sono trovate in una pericolosa solitudine, pur perseverando nella fede e nella pratica liturgica dei riti pervenuti intatti fino ad oggi e dando una eroica testimonianza di martirio. Ora, la crescita del fondamentalismo islamico in Medio Oriente e la situazione di conflitto in tutta la vasta area geopolitica, che provocano quella che è stata chiamata “la grande fuga” (F. Scaglione, I cristiani e il Medio Oriente. La grande fuga. ed. S.Paolo) trovano una risposta nell’annunciato Sinodo speciale per il Medio Oriente, che si terrà dal 10 al 24 ottobre 2010. Da tempo si chiedeva di fare qualcosa di serio e importante per cercare qualche soluzione ai gravissimi problemi che gravano sulle spalle dei cristiani di queste Chiese. Ciò che è stato egregiamente fatto finora in ambito ecumenico è stato il chiarimento delle questioni dottrinali per cui non ci sono ragioni teologiche tali da giustificare la divisione tra queste antiche Chiese cristiane per il loro presunto monofisismo e le chiese cattolica e ortodossa che hanno accettato il Concilio di Calcedonia. Il Sinodo è rivolto soltanto ai membri delle Chiese orientali cattoliche, evidentemente. Il Papa non poteva invitare esplicitamente le Chiese che non riconoscono il suo primato. Dovrà tuttavia, spingere perché si costruisca almeno una unione vera tra i vari riti cattolici e poi tra in cattolici e i cristiani delle varie altre Chiese. La divisione tra cristiani è infatti un enorme ostacolo alla vitalità del cristianesimo in Medio Oriente e alla efficacia della loro testimonianza. Già nel decreto sulle Chiese cattoliche orientali del Concilio vaticano II era espressamente indicata come prioritaria la via dell’ecumenismo prima di tutto quello interno tra i cattolici e poi con i cristiani delle rispettive antiche denominazioni separate dalla Sede Apostolica romana. Altro grande tema sarà quello della relazione con la religione di maggioranza, con la quale devono misurarsi in un periodo più difficile del solito, dopo l’11 settembre e dopo la guerra in Iraq. I cristiani in generale e i cattolici in modo speciale si trovano di fronte alla lotta tra sunniti e sciiti, alla avanzata delle correnti musulmane più intransigenti. Devono affrontare e fermare il grande esodo, che è andato crescendo verso l’Occidente dove le varie Chiese hanno presenze notevoli, talvolta più numerose dei fedeli rimasti in patria. Chiese in diaspora con i problemi della assistenza agli immigrati che lavorano lontano dai loro Paesi e della costituzione di gerarchie e rappresentanza delle Chiese all’estero. Si tratta non solo di assistere momentaneamente singole persone, ma di costruire strutture ecclesiastiche e pastorali perché la loro fede non rimanga un vago ricordo dei loro paesi di origine. Il periodo di un anno che separa l’annuncio dalla celebrazione potrà fornire elementi di giudizio e offrire anche l’occasione perché le Chiese europee possano prendere coscienza e prendersi carico dei cristiani appartenenti a quelle Chiese sorelle per aiutarli a superare una fase della storia assai difficile e affrontare il duro compito della testimonianza nelle terre di origine, senza essere costretti a dover fuggire per paura e per necessità, concedendo vantaggio a chi pensa di eliminare da quelle terre una presenza ritenuta scomoda.

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