giovedì 3 settembre 2009

DINO BOFFO SI E' DIMESSO


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Boffo dà le dimissioni, Bagnasco le accetta

Non sarà più direttore di Avvenire. La decisione al termine dei durissimi attacchi da parte de «Il Giornale»

MILANO - Il direttore di Avvenire Dino Boffo si è dimesso con una lettera inviata al cardinal Angelo Bagnasco, presidente della Conferenza episcopale italiana. Boffo era stato oggetto di duri attacchi da parte de Il Giornale quotidiano edito dal fratello del premier Paolo Berlusconi. «Non posso accettare che sul mio nome si sviluppi ancora per giorni e giorni una guerra di parole che sconvolge la mia famiglia e soprattutto trova sempre più attoniti gli italiani» scrive Boffo nella lettera a Bagnasco, presidente della Cei, nella quale presenta le dimissioni «irrevocabili» e «con effetto immediato» sia da Avvenire che dalla tv dei vescovi Tv2000 e da Radio Inblu. Le dimissioni sono state accettate da Bagnasco.

LA SUA VERITA' - Proprio oggi il direttore di Avvenire, attraverso le pagine dello stesso quotidiano, pubblicava un testo articolato in dieci punti, allo scopo di chiarire definitivamente i contorni della vicenda giudiziaria che lo ha visto coinvolto nel 2001 e che nei giorni scorsi è stata richiamata dal Giornale diretto da Vittorio Feltri per un duro attacco contro quello che era stato definito il «supermoralista». La querelle tra il quotidiano della famiglia Berlusconi e il direttore del giornale dei vescovi italiani va avanti ormai da una settimana. E oggi Boffo decide di condensare nelle sue dieci risposte la smentita alle accuse a lui rivolte. Ecco di seguito ampi stralci del dossier («Dieci falsità: le deformazioni del Giornale e la realtà dei fatti) pubblicato da Avvenire.

«1) Boffo "noto omosessuale" e protagonista di una "relazione" con un uomo sposato segnalata in atti del Tribunale di Terni. Questo - scrive Avvenire - è stato affermato dal Giornale sulla base di una lettera anonima diffamatoria, definita falsamente "nota informativa" di matrice giudiziaria e fatta altrettanto falsamente assurgere addirittura alla dignità di risultanza "dal casellario giudiziario" che in realtà, come ogni altro atto del procedimento, non conteneva alcun riferimento alle "inclinazioni sessuali" e a "relazioni" del direttore di Avvenire. Lo ha confermato il gip di Terni Pierluigi Panariello il 31 agosto: Nel fascicolo riguardante Dino Boffo non c'è assolutamente alcuna nota che riguardi le sue inclinazioni sessuali

«2) Boffo "attenzionato" dalla Polizia di Stato per le sue "frequentazioni". Anche questa affermazione, grave e ridicola al tempo stesso, è tratta non da atti giudiziari ma dalla stessa lettera anonima che il Giornale ha utilizzato per il suo attacco a Boffo. La schedatura è stata smentita dal ministro dell'Interno dopo pronta verifica fatta compiere nella struttura centrale e periferica della pubblica sicurezza.

«3) Boffo "querelato" da una signora di Terni. A Terni fu sporta denuncia/querela non contro Boffo, ma contro ignoti da soggetti che ben conoscevano Boffo e la voce di Boffo e che, quando hanno scoperto che era stato ipotizzato il coinvolgimento del cellulare in uso al suo ufficio, hanno rimesso la querela.

«4) Ci sono "intercettazioni" che accusano Boffo. Solo la lettera anonima parla di intercettazioni. Agli atti, invece, ci sono tabulati dai quali emergono telefonate partite da una delle utenze mobili che erano nella disponibilità di Boffo. Il gip di Terni Panariello lo ha confermato il 31 agosto.

«5) Boffo ha dichiarato di "non aver mai conosciuto" la donna di Terni colpita da molestie telefoniche. Come già detto, Boffo conosceva i destinatari delle telefonate, i quali, dunque, conoscevano la sua voce. Il Giornale non può, tuttavia, nella sua montatura accettare un elemento antitetico alla sola idea della colpevolezza di Boffo.

«6) Boffo si è difeso indicando un'altra persona come coinvolta in una storia a sfondo "omosessuale". L'omosessualità in questa vicenda è stata pruriginosamente tirata in ballo dall'estensore della famigerata "informativa" anonima e dal Giornale che ha coagulato l'attacco diffamatorio proprio su questo punto. Boffo ha solo e sempre dichiarato ai magistrati di essere arrivato alla conclusione che quel telefono cellulare, che era nella disponibilità sua e del suo Ufficio, fosse stato utilizzato da una terza persona che si trovava nelle condizioni lavorative per farlo. Il gip di Terni ha dichiarato che tale pista sul piano giudiziario non è stata "approfondita" perchè non "ritenuta attendibile da chi indagava", il quale evidentemente non conosceva i tempi e gli orari della professione giornalistica.

«7) Nelle telefonate attribuite a Boffo ci sarebbero state "intimidazioni" e "molestie" a sfondo "sessuale", anzi "omossessuale". E sarebbero state accompagnate da "pedinamenti". Le affermazioni del Giornale sono prive di fondamento. Boffo si è sempre dichiarato estraneo a una vicenda nella quale, anche presa solo come è stata presentata, sul piano giudiziario non include "pedinamenti" nè molestie legate alla sfera "sessuale". L'appiglio per chi ha cercato di far circolare un'idea opposta giace nel fatto che agli atti c'è un riferimento ad "allusioni" a "rapporti sessuali" Ma, ha specificato il gip di Terni il primo settembre, 'tra la donna e il suo compagno".

«8) Boffo in qualche modo ammise di essere colpevole e diede incarico al suo legale di "patteggiare" la pena. Boffo non ha patteggiato alcunchè e ha sempre rigettato l'accusa di essere stato autore di telefonate moleste. Ha considerato a lungo la questione giudiziaria ternana senza sostanziale importanza, in particolare successivamente alla remissione di querela sporta dalle persone interessate, tanto che in occasione della ricezione del decreto penale di condanna - lo si ribadisce: successivamente alla remissione di querela da parte delle interessate - non si rivolse ad alcun legale. Boffo non aveva dato soverchio peso al decreto in questione, in quanto l'aveva ritenuto una semplice definizione amministrativa, conseguente agli effetti della remissione.

«9) Boffo ha reso pubbliche "ricostruzioni" della vicenda. Boffo non ha reso pubblica alcuna ricostruzione della vicenda e ciò che Avvenire ha pubblicato è sotto gli occhi di tutti. Nessun'altra persona, nessun particolare, nessun ente e istituzione è stato indicato, citato o chiamato in causa dal direttore di Avvenire. Boffo nonostante il pesantissimo attacco diffamatorio del Giornale non intende consegnare niente e nessuno al tritacarne mediatico generato e coltivato dal Giornale. Sul Giornale anche a questo proposito si scrive il contrario. È l'ennesima dimostrazione di come su quella testata si stia facendo sistematica e maligna disinformazione.

«10) La "nota informativa" non è una lettera anonima diffamatoria e una "patacca" ma il contenuto del decreto penale relativo alla vicenda di Terni. La cosiddetta "informativa" è un testo gravemente diffamatorio contro Boffo di incerta (per ora) origine, ma sicuramente non scritto in sede giudiziaria nè per sede giudiziaria e non attinente alla vicenda ternana alla quale è stato surrettiziamente "appiccicato" all'interno di una missiva anonima dopo essere stato ideato allo scopo. Sul Giornale i giornalisti autori dell'aggressione contro il direttore di Avvenire continuano, persino dopo i chiarimenti intervenuti, a sostenere la sua autenticità. Dire che è una "patacca", secondo costoro, sarebbe una "bugia". E questo è comprensibile visto che la campagna diffamatoria incredibilmente ingaggiata dal Giornale si basa, sin dall'inizio, sulle gravissime affermazioni e deformazioni contenute in quel testo anonimo».

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14 commenti:

Ghigo ha detto...

Ha fatto quel che doveva fare. Attenzione, non sto dicendo che era colpevole (che tra l'altro non si è ancora ben capito di cosa), ma che l'aria si stava facendo pesante, attorno a lui e al Vaticano. Comunque mi spiace.

Anonimo ha detto...

La bruttisima figura della gerarchia italiana a ogni livello.

usciranno anche altri dettagli ora che ha mollato.

Anonimo ha detto...

E il primo birillo è caduto!

mariateresa ha detto...

mi dispiace. Ma purtroppo non vedevo tante vie di uscita. Avvenire sono ormai giorni che porta pagine e pagine su questa questione. E non parliamo degli altri giornali.
Nessuno può resistere a una pressione così.
Ora succede un macello fatto di dietrologie e ipotesi e anche solette mentali.
Resta parecchio amaro in bocca.
E mi dispiace, lo dico sinceramente, avere percepito tanto astio anche nel mondo cattolico su una vicenda che, per quello che ne sappiamo noi comuni mortali, non è chiara e non è limpida soprattutto da parte di chi l'ha scatenata.

Anonimo ha detto...

ora tocca ai vescovi speiegare i motivi di questa strada difesa priva di senso??

cosa avevano da nascondere di cosi' importante??

grazie feltri. la Chiesa ha bisogno di una grande purificazione, e non ha capito che la sua forza sta' nella santita', come questo anno giubilare dovrebbe insegnare principalmente a loro....... sacerdoti o vescovi

gianniz ha detto...

Ho sentito la notizia al TG 1.
Mi dispiace per Boffo, ma, indipendentemente dalla sua "colpevolezza" o "innocenza", doveva farlo.
Questo gioco del "tutto è fango quindi niente è fango", ormai, andava interrotto. Se si interromperà!? Cosa che dubito!
Resta, infatti, l'interesse iniziale, e occulto, di colui (o coloro) che ha iniziato il gioco. Persona reale (o persone reali) non di fantasia. Questa (o queste) potrebbe (o potrebbero) desiderare un prolungamento all'infinito, a oltranza, di questo schifo!
Chi sa quali sono gli obiettivi che si sono prefissi iniziando il gioco?

gianniz ha detto...

Caspita! Ho scritto un post quasi-fotocopia! Scusa Maria Teresa!

mariateresa ha detto...

se il futuro della purificazione dipende da Feltri vado ad allevare lombrichi su un'isola deserta.

mariateresa ha detto...

caro gianniz sono contenta che ci siamo fotocopiati i pensieri.
Non sono contenta quando sento astio e livore.
Ora dagospia dice che è stato messori a dargli il colpo di grazia. Ma va là.

Anonimo ha detto...

Sono umanamente vicina a Dino Boffo. Del resto non vi era altra via di uscita. Credo che adesso l'onere di fornire delle spiegazioni tocchi al presidente emerito della CEI e ai suoi più stretti collaboratori.
Alessia

Anonimo ha detto...

Tiriamo un respiro di sollievo, e speriamo che ora la CEI e Avvenire possano cambiare rotta e recuperare la credibilità di cui hanno (e abbiamo) bisogno.

Dispiace per Boffo, che vede la sua carriera finire per un peccato non certo grande a confronto di tanti altri. Ma certo avrebbe fatto meglio a dimettersi senza chiasso e senza scandalo anni fa, quando cadde in tentazione e fu scoperto. Un portavoce della Chiesa non può permettersi d'essere ricattabile.

Questa triste vicenda, che speriamo ora si concluda, dovrebbe essere una lezione per la CEI. Quando la Chiesa si mette in politica e vuole lottare coi gruppi di potere politico con le loro stesse armi, si trova ad essere come un vaso di coccio in mezzo a vasi di ferro. È riuscito a Scalfari e De Benedetti di far dimettere Berlusconi? No. È riuscito a Berlusconi e al Giornale di far tacere Repubblica e rovinare De Benedetti? No. Loro sono vasi di ferro, si urtano l'uno con l'altro senza danneggiarsi! Ma il vaso di coccio preso nel mezzo si è rotto, invece, e ora toccherà rimettere insieme i pezzi.

La Chiesa non ha forza materiale. La sua forza sta nell'innocenza delle sue persone e nella purezza
dei suoi motivi. Se si mette sullo stesso piano degli altri, a fare politica di parte e a farsi rappresentare da persone non limpide, allora è perduta.

Rocky

euge ha detto...

Una bruttissima faccenda che è terminata ( forse ) nel modo più giusto.

Le dimissioni erano inevitabili.

Anonimo ha detto...

Mi auguro soltanto che le dimissioni, che anch'io condivido per il bene della Chiesa, non vengano considerate come un'ammissione di colpevolezza. Maria Pia

Fabiola ha detto...

Posto qui il breve commento di Giuliano Ferrara alla lettera di dimissioni di Dino Boffo.
Esemplare. Non è un vaticanista.

"Questa è una bella lettera. E’ anche un pezzo di storia italiana. Un uomo riservato, un cattolico della mite provincia trevisana, che ha assunto per tre lustri un ruolo chiave nell’informazione, nella battaglia culturale, nel governo della chiesa italiana prediletta dai Papi, vescovi di Roma, abbandona la sua postazione in moto aperto, personale, clamoroso, con un grido di dolore disperato nella sostanza ma decente e ben motivato nella forma. Il direttore del quotidiano dei vescovi, attaccato e mostrificato in prima pagina nell’ambito di una violenta ritorsione politica, in un paese imbarbarito da violenze mediatiche belluine, accanite, grottesche, ora travestite da eroica lotta per la verità e per la libertà, si dimena come un cane bastonato, contrattacca con alterne fortune, capisce il meccanismo che lo sta stritolando e lo sta mettendo in una posizione oggettivamente intenibile, e al termine di una settimana di passione consegna la resa al suo vescovo, proclama il suo “ora basta”, promette alla sua chiesa un servizio discreto e riservato per liberarla dalla trappola in cui rischia di cadere insieme con lui. Entra in una beata clandestinità per aver portato alla luce, con toni pungenti ma senza l’accanimento moralistico rimproveratogli, l’acrimonia di una parte consistente del mondo delle diocesi verso la vita licenziosa di un primo ministro sotto assalto, che ha deciso di rotolarsi nel fango con i suoi nemici. Un direttore ultrapolitico, che ha incanalato il dissenso episcopale come poteva, ha poi visto crollare l’argine della sua autonomia personale in un devastante episodio di rappresaglia immoralista. Resta un lascito interessante, che onora il dimissionario: l’opera non banale, pluralista e critica, di un cattolico laico interessato con intelligenza alle grandi questioni della vita umana e della società civile e politica, fino al punto da fare un giornale cattolico che si poteva leggere. Che si doveva leggere.
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