domenica 9 novembre 2008

Benedetto XVI sui trapianti, parole limpide per un dono straordinario (D'Agostino)


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BENEDETTO XVI SUI TRAPIANTI

PAROLE LIMPIDE PER UN DONO STRAORDINARIO

FRANCESCO D’AGOSTINO

Rivolgendosi ai partecipanti a un con­vegno internazionale sulla donazio­ne di organi, Benedetto XVI ha riassunto con fermezza la dottrina della Chiesa in materia, ormai da tempo consolidata. La donazione di organi non solo è moral­mente lecita, ma ammirevole, perché in essa si esprime una genuina testimo­nianza di carità, capace di incrementare la cultura del dono e della gratuità.
Un do­no, quello che si esprime attraverso il tra­pianto di organo, straordinario e singola­rissimo, perché va ben oltre il beneficio te­rapeutico che ne ricava il ricevente. Se in­fatti in una prospettiva strettamente chi­rurgica ciò che viene trapiantato è un or­gano, in una prospettiva antropologica più ampia, in specie nelle donazioni da cadavere, l’organo non è riducibile a me­ro oggetto, né può essere assimilato a semplice materiale terapeutico, perché è l’intera persona del donante, sintesi in­scindibile di corpo e di spirito, che entra in questione. Donare un organo, così co­me riceverlo in dono, testimonia come l’universale fraternità tra gli esseri uma­ni non sia solo un nobilissimo postulato teorico, ma una vera e propria esperien­za umana, assolutamente estrema e nel­lo stesso tempo concretamente reale.

Con molta delicatezza il Papa insiste sul­la necessità di rispettare le numerose con­dizioni che legittimano la donazione di organi: condizioni sulle quali la bioetica ha ragionato a lungo e sulle quali si sono ormai raggiunte posizioni generalmente condivise.

Poiché la donazione deve es­sere assolutamente gratuita, ciò compor­ta l’illiceità di qualsiasi coercizione nel prelievo, di ogni forma di commercializ­zazione e soprattutto di criminale traffi­co di organi: ipotesi, queste, che il Papa non esita a definire abominevoli e alle quali egli associa la commercializzazio­ne e il traffico di embrioni (anche se com­piuti a scopo terapeutico), con la loro con­seguente inevitabile distruzione.
Nel caso della donazione da cadavere è indispensabile, insiste il Papa, che la mor­te del donante sia accertata scientifica­mente in modo assolutamente rigoroso, per eliminare 'il minimo sospetto di ar­bitrio'; di fronte ad ogni, sia pur minimo, dubbio sull’effettivo decesso del donato­re bisogna ricorrere nel modo più drasti­co al principio di precauzione, che esclu­de ovviamente che si possa procedere in tali casi a qualsiasi espianto di organi.

Il Papa non fa alcun cenno a quali criteri di accertamento della morte del donan­te vadano ritenuti legittimi, né mostra quindi alcuna perplessità sulla possibi­lità di ricorrere alle metodiche di accer­tamento della morte cerebrale: è que­stione, questa, di evidente ed esclusivo carattere scientifico.

Consapevole però di come la tematica dei trapianti attivi com­plesse questioni antropologiche, sociali, etiche, giuridiche, egli esorta scienziati e ricercatori a incrementare la loro ricerca, per fugare nell’opinione pubblica 'pre­giudizi e malintesi', per dissipare 'diffi­denze e paure' e per sostituirle con 'cer­tezze e garanzie'.
Sono parole estremamente soppesate, quelle del Papa, che inducono ad una du­plice riflessione. Da una parte è evidente che con questo discorso il Papa ha voluto ribadire come le tecniche di trapianto di organi vadano ritenute un’autentica con­quista della scienza, capace di aprire oriz­zonti di speranza per tanti malati, una con­quista che non può essere messa in ombra dai rischi morali, pur non trascurabili, che ad essa si riconnettono e che vanno fer­mamente controllati e denunciati. Dal­­l’altra va rilevato in questo discorso il con­sueto, chiarissimo, garbato (e spesso in­tenzionalmente sottovalutato) omaggio del Papa alla scienza e agli scienziati che operano per il bene umano: nei limiti in cui la morte è un processo biologico di cui bi­sogna accertare il definitivo compimento ( e questo è l’ovvio presupposto dell’e­spianto di organi) è esclusivamente alla specifica competenza degli uomini di scienza, dei ricercatori, dei medici che ci si deve rivolgere. Parole limpide, che non legittimano alcuna interpretazione in un senso indebitamente restrittivo.

© Copyright Avvenire, 9 novembre 2008

1 commento:

euge ha detto...

E pensare che c'è ancora chi si ostina a leggere nelle parole del Papa, non una condanna verso chi degli organi fa basso mercanteggio illudendo chi spera di continuare a vivere ma, i trapianti stessi.
E' allucinante come su certi argomenti la gente carichi a testa bassa come i mufloni e non si renda conto che ogni cattolico vero dovrebbe condannare che fa mercato di organi.