giovedì 14 maggio 2009

Oltre il muro della paura e della sfiducia (Osservatore Romano)


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Oltre il muro della paura e della sfiducia

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Superare il muro della paura e della sfiducia per spezzare la spirale di violenza, di vendetta, di distruzione che intrappola da anni israeliani e palestinesi. Da Betlemme, dove ha trascorso l'intera giornata di mercoledì 13 maggio, il Papa lancia un nuovo appello alle parti in conflitto e domanda iniziative coraggiose, forti e creative per cercare la riconciliazione dopo anni di scontri armati.
In un mondo in cui le frontiere si aprono sempre di più - osserva con amarezza visitando nel pomeriggio il campo profughi di Aida, il più numeroso dei tre esistenti nell'area di Betlemme - è tragico constatare che ancora oggi vengono innalzati muri. Poco distante dal palco dove parla si erge il muro che attraversa i territori e che - sottolinea il Pontefice - incombe sui rifugiati come simbolo della dura consapevolezza del punto morto a cui sembrano essere i negoziati israelo-palestinesi.
Benedetto XVI denuncia le condizioni precarie e difficili in cui vivono i profughi, manifestando solidarietà soprattutto a coloro che hanno perso casa e persone care durante il recente conflitto di Gaza. Per loro e per tutti i palestinesi chiede una pace giusta e duratura, nel rispetto delle esigenze legittime delle popolazioni, che hanno diritto di vivere in pace e con dignità secondo le norme del diritto internazionale. Essenziale a questo fine, secondo il Papa, è il sostegno della comunità internazionale. Ma gli sforzi diplomatici sono destinati a fallire - assicura - se non sono accompagnati dalla disponibilità delle parti in conflitto a rompere il ciclo delle aggressioni e ad andare oltre le recriminazioni reciproche, per lavorare insieme in un'atmosfera di fiducia. Occorre soprattutto tener conto degli interessi e delle preoccupazioni degli altri: se ciascuno insiste per ottenere concessioni preliminari dalla controparte - avverte Benedetto XVI - il risultato sarà solo lo stallo delle trattative.
Occorre, in definitiva, scegliere la strada del dialogo "onesto e perseverante", mettendo da parte "qualsiasi rancore e contrasto che ancora si frapponga sulla via della riconciliazione". Il Pontefice lo aveva già raccomandato al suo arrivo in mattinata a Betlemme. "La Santa Sede - aveva confermato rivolgendosi al presidente Abu Mazen - appoggia il diritto del suo popolo a una sovrana patria palestinese nella terra dei vostri antenati, sicura e in pace con i suoi vicini, entro confini internazionalmente riconosciuti". E aveva ribadito che "una coesistenza giusta e pacifica fra i popoli del Medio Oriente può essere realizzata solamente con uno spirito di cooperazione e mutuo rispetto, in cui i diritti e la dignità di tutti siano riconosciuti e rispettati".
Ai cristiani presenti alla messa celebrata successivamente nella piazza della Mangiatoia, il Papa aveva rinnovato l'invito a essere "un ponte di dialogo e di collaborazione costruttiva nell'edificare una cultura di pace che superi l'attuale stallo della paura, dell'aggressione e della frustrazione". "Non abbiate paura" aveva esortato, ricordando che la riconciliazione esige "il coraggio di abbandonare linee di pensiero, di azione e di reazione infruttuose e sterili" per fondarsi "sulla giustizia e sul rispetto dei diritti e dei doveri di tutti".

(©L'Osservatore Romano - 14 maggio 2009)

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