martedì 24 novembre 2009

Una carezza del Pontefice alla cultura (Mondo)


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Una carezza del pontefice alla cultura

LORENZO MONDO

La sera prima dell’udienza papale nella Cappella Sistina, Ferdinando Camon, che si trovava in vena di ombrosità teologiche, mi trascinò con un gruppo di amici a parlare di crisi della cristianità, della difficoltà che prova spesso la Chiesa a farsi comprendere dagli stessi credenti, si tratti di Trinità o di giudizio finale. Di qui, il suggerimento di un auspicabile incontro con il Papa, seguito da un convegno di intellettuali di area cristiana, per dibattere intra moenia su certi problemi. Era una chiacchierata nei Musei Vaticani, davanti a due tartine e un calice di vino. Troppo poco per lasciar presumere - come ha fatto Camon in un suo articolo - la contrarietà mia e di altri a quello che sarebbe occorso l’indomani; per segnalare in particolare una avversione all’invito rivolto da Benedetto XVI (tramite monsignor Ravasi) ad agnostici e cultori di altre fedi religiose. Non si possono davvero confondere tempi, contesti e discorsi diversi.
Per quanto mi riguarda, sono invece profondamente grato per essere stato accolto tra tante persone di talento in quella Cappella Sistina che - come ha rimarcato Alain Elkann - è «patrimonio comune dell’umanità al di sopra di qualsiasi razza o religione».
Ed ho apprezzato il discorso del Papa, limpido ed elevato, tale da mettere in imbarazzo molti suoi critici. Benedetto XVI ha voluto esprimere, con tratti di affettuosa gentilezza, l’amicizia della Chiesa - testimoniata da una storia millenaria e dal possente Giudizio michelangiolesco - per chi si applica a creare e scandagliare la bellezza. E questa, al di là di ogni superficiale appagamento o estetistica bellurie, deve essere intesa nella sua proiezione verticale, come finestra aperta sull’assoluto, sul mistero dell’uomo, sulla sua originaria nobiltà. Ed era suggestiva l’analogia che, appoggiandosi ai nomi di Simone Weil, Dostoevskij, Hermann Hesse, Von Balthasar, ha saputo istituire tra l’ispirazione artistica e quella religiosa: «Una funzione essenziale della vera bellezza, già evidenziata da Platone, consiste nel comunicare all’uomo una salutare “scossa”, che lo fa uscire da se stesso, lo strappa alla rassegnazione, all’accomodamento del quotidiano, lo fa anche soffrire, come un dardo che lo ferisce, ma proprio in questo modo lo “risveglia”...". Come ha detto con epigrafica efficacia il regista Tornatore, si è avvertita, in quelle parole, rivolte senza esclusione a tutti i presenti, “una carezza del Papa alla cultura”».

© Copyright La Stampa, 24 novembre 2009 consultabile online anche qui.

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