lunedì 23 novembre 2009

Incontro Papa-artisti: La bellezza salverà il mondo (Davide Rondoni)


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La bellezza salverà il mondo

di Davide Rondoni

Il Papa è entrato nella sala della Cappella Sistina rapido e sorridente.
Al seguito poche persone, uno con una borsa di pelle un poco sdrucita. Ho pensato: forse un medico, o uno con degli attrezzi. Ma di attrezzi strani non ha avuto bisogno il Papa per parlare a noi cinquecento artisti invitati da tutto il mondo. È stato semplice e diretto.
Ha detto, in sintesi: l'arte è una finestra sul mistero, sulla bellezza. Vi offro la mia amicizia, l'amicizia della Chiesa, di questo posto dove l'arte parla da millenni, perché la fede e l'arte hanno qualcosa di simile.
Ad ascoltarlo grandi artisti internazionali, come Bill Viola, famosi architetti come Mario Botta, e nomi e volti italicamente noti, da Moretti a Cocciante, da Sorrentino a Lino Banfi, da Ranieri al simpaticissimo Giacomo del trio di Aldo e Giovanni. E poi scrittori come Tamaro, Bevilacqua, Parazzoli, Mondo, Doninelli, Elkan, poeti come Cucchi, Conte, Lamarque, Mussapi. Tutti un po' in gita e un po' emozionati. Gente di molta fede, e gente di fede così così o di nessuna. O di altra fede. L'occasione dell'invito, curato da Monsignor Gianfranco Ravasi, è stato dato dal decennale della importante Lettera agli artisti di Giovanni Paolo II per il Giubileo. E nel 1964 anche Paolo VI aveva fatto un incontro simile.
Un po' smarriti e curiosi ci siamo aggirati per le sale dei Musei vaticani. Gente che si rivedeva dopo trent'anni, o compagni di avventure frequenti. Venerdì sera il ricevimento, dopo la visita alla parte moderna e contemporanea della collezione d'arte. La forza del crocefisso di Sutherland. O le due figure di Previati. Bacon, Boccioni…
E poi nella magnifica Sistina ieri l'incontro con Benedetto. Che è andato dritto al problema. Il problema che si chiama: la bellezza. Che ferisce e attrae, che non ci sta a essere irrisa dal sorrisetto cinico di tanti maestri del pensiero contemporaneo che la trattano come una invenzione del passato. Che non ci sta a essere solo una specie di esca per mettere in moto brame di possesso.
La bellezza che, insomma, non lascia in pace l'uomo, e dà tormento e visione agli artisti. Il Papa ha detto che la Chiesa è amica di tutto questo. Lo è stata lungo i secoli, e se pure qualcuno vorrebbe rompere questa amicizia, se pure tra clericali e gretti laicisti in molti ce la mettono tutta a far fuggire la bellezza dalle stanze del cuore e o delle stanze delle nostre città dove si pronuncia il nome di Dio, questa amicizia non si rompe. Il Papa l'ha riaffermata. Lo fa non in nome di una "teoria" cattolica dell'arte, ma di una storia spaventosa di bellezza e di fervore. E grazie alla forza di pensiero, di testimonianza d'arte e di amicizia che si esprimono in tante figure del nostro tempo. Non a caso ha citato Simon Weil, Von Balthasar e altri.
La grande scrittrice americana Flannery O'Connor quando le obiettavano che una cattolica non poteva essere una artista nel 900, rispondeva serafica e tagliente che lei proprio perché era cattolica non poteva che essere un'artista nel 900. Come dire: chi ha un senso vivo del mistero nella vita, chi non accetta la riduzione del cuore a pompa provvisoriamente funzionante, chi conosce l'arte come "ragione in atto", cioè ragione non ridotta a razionalismo e non bisognosa di fughe irrazionalistiche per toccare il mistero abissale del vivente, ecco, costui nel nostro tempo comprende la attualità dell'amicizia proposta nuovamente ieri da Benedetto. La storia dell'arte senza la Chiesa semplicemente non ci sarebbe. Ma quel che la può alimentare non è la resistenza di musei, o un dispiegamento istituzionale di mezzi.
So che al dicastero della cultura pensano di firmare un padiglione di arte vaticana alla Biennale di Venezia. Mi pare un'azione ambigua. Quel che alimenterà arte ferita e attratta dalla bellezza come feriva e attraeva Michelangelo sarà l'amicizia nella vita tra uomini di fede e uomini dell'arte. Così che nella vita degli uni l'arte non sarà una faccenda estranea -come troppe volte ora accade, anche ai più alti livelli di gerarchie e di istituti formativi - e nella vita di noi artisti il volto del mistero che tutto crea anche nelle nostre stesse mani s'incarni nei giorni e nelle ore consuete, e non solo come un profilo sfuggente nella bellezza e nelle ombre.

© Copyright Il Sole 24 Ore, 22 novembre 2009 consultabile online anche qui.

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