domenica 9 novembre 2008

Secondo l'ambasciatore israeliano potrebbero esserci "reazioni viscerali" se il Papa procederà con la beatificazione di Pio XII (Brunelli)


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Nei giorni scorsi l'ambasciatore israeliano ha portato in Vaticano un messaggio per nulla rasserenante: se il Papa procederà con la beatificazione di Pio XII, nel mondo ebraico potrebbero manifestarsi reazioni viscerali che «lo Stato di Israele non è in grado di controllare». Dopo le dichiarazioni pubbliche del ministro Herzog contro il conferimento dell'aureola a Papa Pacelli, l'avvertimento dell’ambasciatore ha provocato comprensibili malumori nei sacri palazzi.
Malumori che hanno trovato voce nelle secche dichiarazioni del cardinale Tarcisio Bertone, mercoledì scorso, all’Università Gregoriana: «La causa di beatificazione di Pio XII è un fatto religioso, di esclusiva competenza della Santa Sede».
Parole seguite ieri dal nuovo intervento di Benedetto XVI che definisce Papa Pacelli «un dono di Dio» alla Chiesa e respinge come «unilaterali» le critiche al suo operato durante la seconda guerra mondiale.
In effetti le pressioni compiute da esponenti ufficiali del governo israeliano appaiono come un’indebita interferenza nelle decisioni interne della Chiesa cattolica. Esse stanno provocando sui collaboratori del Papa l’effetto opposto.
Secondo fonti ben informate, Benedetto XVI aveva già deciso, prima dell’ultima fiammata di contestazioni, di firmare nel mese di dicembre il decreto sull’eroicità delle virtù di Eugenio Pacelli. E pare che i recenti ’avvertimenti non bloccheranno tale decisione. Ci sono però due punti da chiarire, sui quali si fa spesso confusione.
L’eventuale firma papale del decreto sulle virtù non significa automaticamente la beatificazione di Pio XII. È solo un primissimo passo. Ci sono centinaia di cause, nella Congregazione per i santi, ferme da molti anni a questo primo stadio.
Oltre all’accertamento delle virtù, infatti, per meritarsi il titolo di Beato occorre la «prova di Dio», ossia il miracolo. Unitamente alla dimostrazione di una fama di santità.
E finora, per quanto riguarda Pio XII, non c’è notizia di miracoli e, onestamente, nemmeno evidenza di una persistente devozione popolare.
Il cammino di Papa Pacelli verso la gloria degli altari potrebbe quindi fermarsi a metà strada. Con il solenne riconoscimento delle sue virtù, ma senza giungere alla beatificazione.
E questo per una logica interna a un normale processo di canonizzazione, a prescindere dalle polemiche storiche e dai condizionamenti politici che hanno segnato l’iter della causa.
Un secondo motivo di confusione è la sovrapposizione fra il giudizio sulla santità del Papa e la valutazione del suo operato storico.
Errore in cui inducono, a dire il vero, sia gli avversari sia alcuni ultrà di Pio XII. Le due cose vanno invece distinte. Si può ritenere che Pio XII abbia fatto fino in fondo il suo dovere di Papa per salvare gli ebrei durante la seconda guerra mondiale, senza per questo venerarlo come un Santo. O al contrario, si può crederlo veramente Santo anche conservando aperto l’interrogativo su quale fosse la scelta più giusta da compiere nella Roma occupata dai tedeschi, se agire in silenzio o puntare sulla denuncia pubblica dell’Olocausto. Scelte in ogni caso non sorrette dall’infallibilità, e dolorosamente esposte entrambe a miliardi di pro e contro.
Certamente però è sacrosanto reagire alle accuse ingiuste mosse al Papa: di paura o peggio di complicità con gli aguzzini nazisti. È questione di amore alla verità. Nessun’altra istituzione religiosa o civile durante la seconda guerra mondiale ha salvato così tante vite di ebrei come la Chiesa cattolica.
Lo ha testimoniato più volte l’ex rabbino capo di Roma, Toaff, il quale ebbe i familiari salvati dai preti e lui stesso sfuggì alle retate naziste grazie all’intervento di un sacerdote.

© Copyright Eco di Bergamo, 9 novembre 2008

2 commenti:

Anonimo ha detto...

Trovo molto equilibrato questo articolo, volevo comunque segnalare la pregevole mostra su Pio XII dal 5 novembre 2008 al 6 gennaio 2009 a Roma, presso il "Braccio di Carlo Magno". Io ci sono stata oggi e ci ho trascorso quasi due ore. Sul problema di un ruolo attivo di Pio XII prima come Segretario di Stato e poi come Papa sul problema dell'Olocausto la mostra sinceramente non è stata illuminante, ma c'è esposta una lettera preoccupatissima scritta al Papa Pio XI nel 1933 o 1934 da Edith Stein e una risposta a firma di Mons.Pacelli, futuro Pio XII, per la verità non molto esaustiva. Credo che le polemiche continueranno. Tornando alla mostra, eccezionali le foto degli anni 1943-44 dei palazzi pontifici sia di Roma che di Castelgandolfo trasformati in ricoveri per gli sfollati e in depositi di generi alimentari da distribuire. Inoltre, le file dei poveri per un pasto caldo distribuito dalle opere pontificie nei quartieri di Roma devastati dai bombardamenti...E la documentazione dei tanti ebrei romani accolti in conventi. Amici del blog, anche non romani, se capitate a S. Pietro andate a vedere questa mostra , ne vale veramente la pena! Saluti Carla

euge ha detto...

Credo, cara Carla, che le foto che hai menzionato sono già una testimonianza illuminante di quello che la chiesa ha operato e non solo per i romani negli anni bui del nazismo e della guerra.