mercoledì 13 maggio 2009
Il Papa a Gerusalemme: i ponti del dialogo contro i muri dell'odio e della paura (Galeazzi)
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Riceviamo e molto volentieri pubblichiamo:
I PONTI DEL DIALOGO CONTRO I MURI DELL'ODIO E DELLA PAURA
di Giacomo Galeazzi*
Come le tessere di un grande mosaico, le tappe dell'intenso viaggio papale in Terra Santa si compongono a formare un quadro luminoso. Ogni giorno di più è evidente la piena riuscita della visita apostolica del Pontefice in Medio Oriente.
Benedetto XVI, primo papa a farlo, è entrato nella Cupola della roccia sulla spianata delle moschee, uno dei luoghi più sacri per i musulmani perché al centro vi sorge la roccia sacra, sulla quale secondo la tradizione ha pregato Maometto prima di volare in cielo. Invitato dal gran mufti di Gerusalemme Mohammed Hussein papa Ratzinger ha ascoltato da questi la denuncia della "aggressione israeliana contro i palestinesi", e per parte sua ha invitato a "superare conflitti e incomprensioni" per un dialogo "sincero" finalizzato a "un mondo giusto e pacifico". Congedandosi in un clima di grande cordialità dagli esponenti islamici, Benedetto XVI ha raggiunto il Muro del Pianto dove ha deposto tra le pietre del luogo che più parla alle corde dei cuori ebraici una scritta di suo pugno in cui invoca pace "per il Medio oriente e il mondo intero"; poi ha pregato in silenzio ai piedi delle mura."Gerusalemme sia città di pace aperta a tutti".
Appello per la "patria spirituale di ebrei, cristiani e musulmani" del Papa che chiede all'Islam gesti di conciliazione sulla Spianata delle Moschee, prega al Muro del Pianto, poi, al termine di una giornata in cui i mass media israeliani martellano sul suo passato nella Gioventù hitleriana, il portavoce vaticano, padre Federico Lombardi spiega che "Joseph Ratzinger è stato iscritto non per sua volontà alla Hitlerjugend insieme agli altri giovani del seminario, ma non ha avuto nessuna partecipazione attiva all'organizazione". Nel vuoto surreale creato da misure di sicurezza senza precedenti, il Pontefice ha visitato ieri mattina la Spianata e il Muro, luoghi sacri a musulmani ed ebrei, vicinissimi tra loro, simbolo del rapporto tra due religioni e due popoli, ma anche del devastante conflitto tra israeliani e palestinesi. Il muftì di Gerusalemme, Mohammed Hussein ha accolto Benedetto XVI (primo Papa ad entrare nella Cupola della Roccia dove Maometto ascese al cielo) chiedendogli di "svolgere un ruolo efficace per mettere fine all'aggressione israeliana contro i palestinesi a Gerusalemme, Gaza e Cisgiordania", consegnando un'infuocata lettera "sui diritti e le libertà negate da Israele al nostro popolo cui è impedito persino di pregare sulla Spianata". E mentre le autorità israeliane vietano la diretta tv, il Papa propone al muftì di condividere l' impegno "per superare incomprensioni e conflitti del passato e costruire insieme un futuro di giustizia". Punta sulle comuni radici tra i monoteismi: "Chiesa e Islam devono dialogare senza riluttanza o ambiguità, l'unicità di Dio è inestricabilmente legata all'unità della famiglia umana". Quindi, il Papa si sposta nel principale luogo sacro dell'ebraismo, deposita tra le fenditure del Muro una preghiera e legge in latino il salmo dell'invocazione "Pace su Gerusalemme". In cammino tra la Cupola e il Muro per rafforzare "l'alleanza" con musulmani e ebrei, il Pontefice ascolta levarsi dalla Valle di Giosafat il lamento sulla agonia del popolo palestinese e vede la Chiesa supplicare attenzione e protezione.
Al Papa che celebrava ai piedi del Getzemani davanti a tremila fedeli, il patriarca Fouad Twal ha ricordato l'"agonia del popolo palestinese, alla quale sono sordi sia la comunità internazionale sia i credenti". Perciò il Papa nell'omelia invoca Dio di "non permettere" che le famiglie siano ancora costrette a lasciare la Terra Santa a causa dei "conflitti". Intanto divampano le polemiche esplose lunedì. Sul versante islamico dopo l'attacco dello sceicco Tamini a Israele, in arabo, davanti al Papa ; e su quello ebraico per la delusione di alcuni rabbini perché a Yad Vashem il Pontefice non ha ribadito la condanna dell'antisemitismo e non ha ricordato di essere nato nella terra dei nazisti. Ieri ha incontrato i due gran rabbini di Gerusalemme, il sefardita Shlomo Amar e l'ashknazita Yona Metzger. Il Papa ha garantito loro, allarmati dal reintegro del vescovo negazionista Williamson, che la Chiesa non deflette dalla linea del Concilio di "riconciliazione tra ebrei e cristiani". Ma il presidente del parlamento israeliano, Reuven Rivlin protesta: "Il Pontefice è venuto al memoriale della Shoah e ha parlato come se fosse uno storico, qualcuno che osserva da fuori, su qualcosa che potrebbe non essere successo. Non si è scusato come tedesco e cristiano per il genocidio. Non possiamo ignorare il fardello che porta come giovane tedesco che si è unito alla Gioventù hitleriana e come persona che ha fatto parte dell'esercito di Hitler, che è stato uno strumento di sterminio». Già ad Auschwitz e negli Usa, Benedetto XVI ha parlato del suo essere tedesco, in relazione al nazismo. "La finalità religiosa del viaggio ha comunque dimensione politica perché comporta una volontà di amicizia per tutti", evidenzia il direttore dell'Osservatore romano, Vian.
*Giornalista, vaticanista de "La Stampa"
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