lunedì 31 agosto 2009
Quando il Papa pensa il mondo: speciale di Limes
Clicca qui per leggere lo speciale di Limes segnalatoci da Alessia.
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Il Papa agli ex alunni: la gioia di conoscere Dio spiega la missione
Si è chiuso il tradizionale incontro estivo su missione e dialogo
CASTEL GANDOLFO, lunedì, 31 agosto 2009 (ZENIT.org).
Solo se conosciamo Dio, e la sua volontà ci suscita gioia, il cristianesimo diventa missionario, ha affermato Benedetto XVI questa domenica nella Cappella del Palazzo Apostolico di Castel Gandolfo durante la Messa conclusiva dell'incontro con il circolo dei suoi ex alunni dell'Università di Ratisbona, celebrato dal 28 al 30 agosto.
Il Papa ha esortato a leggere la Bibbia per ascoltare il messaggio di Gesù e conoscere come Dio si avvicina a noi, ricorda la “Radio Vaticana”.
Se vogliamo ascoltare integralmente il messaggio di Gesù, il modo in cui ci guida a Dio, se vogliamo conoscere come Dio si fa vicino a noi dobbiamo leggere l'Antico e il Nuovo Testamento, ha detto.
Nella Scrittura c'è la legge che Dio ha dato agli uomini, ha aggiunto, che non deve essere vista come un giogo, una schiavitù, ma al contrario dona saggezza, la vera conoscenza, indica come essere e come vivere e deve essere causa di grande gioia.
Il Pontefice ha sottolineato che la gioia deve essere il segno che distingue il cristiano perché conosce la volontà di Dio, perché la Legge è espressione anche dell'amicizia di Dio, è parola che libera, che dà forza e purifica.
Benedetto XVI ha quindi spiegato il tema della purezza dell'uomo davanti a Dio, affermando che, quando l'uomo incontra Dio, in quel momento scopre di essere sporco e di non poterlo incontrare; nasce così la domanda su come purificarsi.
E' la saggezza che ci purifica, ha proseguito, e non viene da noi, possiamo solo riceverla.
Nella misura in cui ci lasciamo toccare da Dio, stabilendo con Lui un dialogo di amore e d'amicizia, possiamo amare come Egli ama, ha aggiunto.
Ha quindi citato Sant'Agostino, “Dà ciò che comandi e comanda ciò che vuoi”, per sottolineare che, attraverso l'amicizia con Dio ci rendiamo capaci del suo stesso amore.
Il tradizionale seminario estivo di Benedetto XVI con i suoi alunni del periodo di insegnamento all'Università di Ratisbona è stato celebrato a porte chiuse al Centro Mariapolis del Movimento dei Focolari, a Castel Gandolfo, sul tema della missione in una prospettiva ecumenica.
Gli incontri tra Joseph Ratzinger e i suoi ex alunni sono iniziati negli anni Settanta e, nonostante le nomine e gli impegni del Papa, non si sono interrotti.
Uno dei membri del circolo degli ex alunni, l'Arcivescovo di Vienna, il Cardinale Christoph Schönborn, ha spiegato che per il Santo Padre questi incontri sono “un momento di distacco dalla vita quotidiana per stare con i suoi ex alunni come tanti anni fa, quando era professore e noi i suoi alunni”.
Sul tema di quest'anno, il Cardinale Schönborn ha valutato la possibilità di una missione in collaborazione con le varie confessioni presenti in Europa e ha affermato che Gesù stesso “ci chiama a una testimonianza comune”.
Negli ultimi anni, i temi di queste giornate sono stati “Il rapporto con l'islam” (2005), “Creazione ed evoluzione” (2006, 2007) e “Il rapporto tra i Vangeli e il Gesù storico e il significato salvifico della Passione” (2008).
L'unità tra l'impegno missionario e quello ecumenico della Chiesa sarà anche il tema principale della prossima Settimana di Preghiera per l'Unità dei Cristiani, che si celebrerà nel gennaio 2010.
Il documento redatto per quell'occasione dal Pontificio Consiglio per la Promozione dell'Unità dei Cristiani e dalla Commissione Fede e Costituzione del Consiglio Mondiale delle Chiese è dedicato al tema “missione e unità”.
© Copyright Zenit
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Clicca qui per leggere il commento di Sandro Magister.
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Caso Boffo/ Gip: Agli atti non c'è nota su inclinazioni sessuali
Il giudice Pierluigi Panariello deciderà su rilascio atti
Il gip Pierluigi Panariello sarà chiamato a decidere se consegnare oppure no il fascicolo sulle molestie sessuali a carico di Dino Boffo, direttore di Avvenire, richiesto da numerosi giornalisti questa mattina. Un parere dovrà essere dato anche dal Procuratore di Terni, Fausto Cardella, che questa mattina aveva preferito non commentare la vicenda, ribadendo però l'esistenza di un fascicolo, datata 2004, a carico del direttore di Avvenire.
Negli atti in archivio però non ci sarebbe nessuna "schedatura" che riguarda le preferenze sessuali di Dino Boffo, come invece è stato riportato negli ultimi giorni dal quotidiano Il Giornale diretto da Vittorio Feltri.
A chiarire questo aspetto è stato il Gip Panariello che ai giornalisti ha detto "Non c'è agli atti nessuna nota sulle inclinazioni sessuali di nessuno dei protagonisti di questa vicenda".
© Copyright Apcom
Mons. Mogavero: Boffo valuti le dimissioni per il bene della Chiesa
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Boffo/ Mons.Mogavero: valuti le dimissioni per bene della Chiesa
La lettera anonima ai vescovi sembra un messaggio mafioso
Dino Boffo potrebbe anche valutare le dimissioni "non certo per ammissione di colpa" ma "per il bene della chiesa e del giornale". A suggerirlo è monsignor Domenico Mogavero, vescovo di Mazara del Vallo, il primo prelato a parlare chiaramente di possibili dimissioni del direttore di 'Avvenire', dopo l'attacco arrivato dal quotidiano "Il Giornale".
"Se ritiene che tutta la vicenda - dice monsignor Mogavero ad Apcom - pur essendo priva di fondamento, possa nuocere alla causa del giornale o agli uomini di chiesa Boffo potrebbe anche decidere di dimettersi".
Ma così non sarebbe un'ammissione di colpa?
"In effetti in Italia chi si dimette è sempre ritenuto colpevole. Ma non sempre è così. Ripeto: se lo facesse per il bene del giornale e della chiesa.... Se Boffo accettasse anche di passare per un disgraziato pur di non nuocere alla causa del giornale, farebbe la cosa giusta. Poi nelle sedi opportune si accerteranno debitamente i fatti".
A proposito della lettera anonima inviata a tutti i vescovi, monsignor Mogavero conferma: "L'ho ricevuta anche io, poco prima di Pasqua. E' un momento di grande imbarbarimento - prosegue il prelato - questa storia si contorna sempre più di tinte sgradevoli. Ho subito pensato che fosse un'operazione pilotata da qualcuno, diretta a noi vescovi, un'operazione squallida, quasi un avvertimento mafioso.
A me è arrivata una fotocopia, ma c'era tanto di carta intestata, e il pezzo riconduceva al casellario giudiziario. Le ipotesi dunque sono due: o qualcuno ha messo mano a documenti riservati - e questo è estremamente grave - o qualcuno ha diffuso la notizia falsa per far scoppiare una bomba ad orologeria. È un'operazione squallida, che non ha nessuna credibilità". Lo scopo della lettera? "Forse delegittimare i vescovi, o Avvenire, o Boffo? Oppure spaccare ulteriormente il mondo cattolico?
Ma nè l'uno nè l'altro scopo è stato raggiunto", chiosa Mogavero. Comunque, "quand'anche fosse vero ciò che è scritto sulla lettera anonima, le posizioni espresse in passato da 'Avvenire' sulle principali vicende politiche italiane (immigrazione, bioetica ecc. ndr) rimangono valide.
Rimane il fatto che se le accuse mosse a Boffo fossero vere sarebbe una situazione imbarazzante. Tuttavia - conclude - chi di dovere sa come sono andate le cose, avrà le sue ragioni se lo tiene al suo posto....".
© Copyright Apcom
E così i rapporti fra il Cavaliere e la Chiesa sono ancora infeltriti (Il Foglio)
Clicca qui per leggere l'editoriale del Foglio segnalatoci da Fabiola.
Il testo della bellissima omelia del vescovo dell'Aquila in occasione della "Perdonanza Celestiniana"
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La “riforma della riforma” e le smentite che non smentiscono (Tornielli)
Grazie alla segnalazione di un/a amico/a del blog (chiedo scusa ma non ricordo l'autore della fortunata "dritta") leggiamo la bellissima omelia pronunciata da Mons. Molinari in occasione della Messa di chiusura della Porta Santa di S. Maria di Collemaggio, 29 agosto 2009. C'e' molto su cui riflettere.
R.
S.E. Rev.ma Mons. GIUSEPPE MOLINARI , 715ª PERDONANZA CELESTINIANA
Omelia dell’Arcivescovo Metropolita dell’Aquila S. E. R. Mons. Giuseppe Molinari nella Messa di chiusura della Porta Santa
S. Maria di Collemaggio, 29 agosto 2009
Mi colpisce sempre nella liturgia della chiusura della Porta Santa , a conclusione della Perdonanza celestiniana, un’affermazione che ci ricorda questa grande verità: «Ricordatevi che mentre si chiude questa Porta, non si chiude, però, la Porta della misericordia di Dio». Ecco, ricordiamolo a ogni nostra Perdonanza, soprattutto in questa Perdonanza che abbiamo vissuta nel contesto della tragedia del terremoto.
Non si chiude la Porta della misericordia di Dio, perché non c’è mai la parola «fine» all’amore di Dio per noi. Perché questo nostro Dio non si stanca mai di volerci bene, anche se nel momento delle prove più grandi ci sembra tanto difficile credere all’amore di Dio. Come possiamo allora conservare intatta la certezza che Lui ci ama e che le vie della nostra riconciliazione con lui e con i fratelli rimangono sempre spalancate davanti a noi?
2. S. Giovanni Crisostomo, un grande vescovo e un grande testimone del Vangelo, per poter continuare a camminare, anche nei giorni che verranno nella via dell’amore a Dio e ai fratelli ci indica cinque vie di riconciliazione: la condanna dei propri peccati, il perdono delle offese, la preghiera, l’elemosina, l’umiltà
3. La prima via è quella, dunque, della condanna dei propri peccati.
L’indulgenza celestiniana, la Perdonanza, suppone, dunque, innanzitutto, dei peccati dei quali chiedere perdono. Ormai è stato scritto tanto sulla Perdonanza. Ma dobbiamo riconoscere che, spesso, è stato scritto anche a sproposito.
E’ vero: perdonanza significa amore, pace, riconciliazione, dialogo, diritti umani riconosciuti, mondo più giusto e fraterno. Ma secondo papa Celestino, Perdonanza è prima di tutto rifiuto del male (peccato) e scelta del bene (Dio prima di tutto). Perdonanza è rottura radicale con tutto ciò che ci separa da Dio e quindi ci separa anche dai fratelli. Perdonanza è, come ci ricorda S. Giovanni Crisostomo, condanna dei propri peccati.
E sottolineo: “condanna dei propri peccati”
Siamo tutti estremamente bravi nel condannare i peccati degli altri. Ma il Signore ci chiede, innanzitutto, attraverso S. Celestino, di riconoscere e condannare, in modo inequivocabile e sincero, i nostri peccati.
4. La seconda via di riconciliazione (come ci ricorda S. Giovanni Crisostomo) è il perdono delle offese.
Non dovremmo mai dimenticare quella scena evangelica in cui ci viene presentato Gesù che va incontro al supplizio della Croce. Racconta S. Luca: «Quando giunsero sul luogo chiamato «Cranio» vi crocifissero Lui e i due malfattori: uno a destra e l’altro a sinistra. Gesù diceva: “Padre, perdona loro perché non sanno quello che fanno”» (Lc 23, 33-34).
Solo un Dio è capace di un simile perdono. Gesù vede i suoi crocifissori, sperimenta il dolore immenso per questa morte violenta che gli viene inflitta, ma trova la forza di perdonare. Del resto tutto il Vangelo trabocca di questa parola «provocatoria» e «scandalosa» per noi abituati a ben altre parole. Noi conosciamo più spesso la vendetta, il rendere male per male. La parola «perdono» è contro tutta la nostra mentalità e la nostra natura. Qualcuno ha detto che un segno della divinità del cristianesimo è proprio questo: è la religione che predica il perdono.
E solo la forza e la grazia che vengono da Dio possono renderci uomini e donne capaci di perdonare. Il perdono è il cuore stesso della Perdonanza celestiniana. Attraversare la Porta Santa e serbare nel cuore l’odio o il desiderio di vendetta nei confronti dei fratelli, non serve a nulla. E’, anzi, un gesto inutile, falso, clamorosamente contraddittorio. Ci dovrebbero risuonare continuamente all’orecchio le parole di Gesù: « Se amerete solo coloro che vi amano che merito ne avrete? Amate i vostri nemici...Perdonate e vi sarà perdonato». La carità senza la giustizia è una beffa. Ma la giustizia senza il perdono è qualcosa di terribilmente e paurosamente disumano. Solo il perdono spezza la spirale della vendetta, della violenza e dell’odio e apre la via alla riconciliazione.
5. La terza via della riconciliazione è la preghiera. Sì la preghiera. Perché la preghiera è parlare con Dio e anche ascoltare Dio. La preghiera è una esigenza fondamentale per ogni cristiano. La preghiera è costante apertura ai disegni di Dio, alla Sua volontà. La preghiera è un entrare gradualmente nella dimensione più vera della nostra esistenza. La preghiera ci ricorda che noi veniamo da Dio e verso di Lui siamo incamminati. La preghiera è (o dovrebbe essere) l’ambiente normale nel quale vive e si sviluppa ogni esistenza cristiana. Senza la preghiera la terra diventa l’unica realtà e il cielo (la nostra vera patria) diventa una favola inconsistente, lontana, di nessun interesse. La Perdonanza celestiniana ci ricorda che la nostra vera patria è il cielo. La terra merita tutta la nostra attenzione, il nostro amore, il nostro impegno leale e concreto. Ma non è la nostra patria definitiva anche se la nostra felicità futura, nell’altra vita che ci attende è condizionata dal nostro modo di vivere su questa terra, per far fruttare ogni talento e ogni dono che il Signore ci ha regalato.
6. La quarta via della riconciliazione è l’elemosina. Elemosina è una parola antica, che per noi cristiani moderni ha perduto ogni bellezza e ogni dignità. Ma «elemosina» nel suo significato più vero e bello (e sempre attuale) significa solidarietà, amore concreto verso gli altri, nobiltà di un cuore generoso che non si chiude di fronte ai dolori e alle necessità dei fratelli. Anzi si apre a queste necessità e si fa carico dei problemi degli altri. Elemosina è compassione, è attenzione agli altri, è capacità di piangere con chi piange. Elemosina è provare un’immensa vergogna nell’essere felici da soli. E, nello stesso tempo, condividere con gli altri anche le nostre felicità più piccole. Come si fa con un amico o con un fratello. La Perdonanza celestiniana è solidarietà, è condivisione con gli altri. Come grida l’Apostolo Giovanni:« Bugiardo! Come fai a dire che ami Dio che non si vede, se non ami il tuo fratello che vedi?. L’amore a Dio ha una prova sicura nell’amore al prossimo. Un amore a Dio che non porta ad amare i fratelli è una menzogna grande, una bestemmia insopportabile. E di queste bestemmie, oggi, purtroppo, è piena la terra. E’ piena anche la nostra Nazione. Ed anche, purtroppo, la nostra città. Ed oggi, dopo la tragedia del terremoto questa incoerenza massima, tra amore a Dio e amore al prossimo, non è più tollerata da nessuno.
7. La quinta via della riconciliazione, sempre secondo S. Giovanni Crisostomo è l’umiltà.
Ecco un’altra parola che non esiste più nel nostro vocabolario, neppure nel vocabolario dei cristiani!
Eppure è una dimensione fondamentale nella vita cristiana. Perché Dio resiste ai superbi e ascolta gli umili. L’esempio più eloquente lo abbiamo in Maria Santissima, che piena di riconoscenza così canterà al Signore: «Egli ha guardato l’umiltà della sua serva. D’ora in poi tutte le generazioni mi chiameranno beata». L’umiltà è l’atteggiamento più naturale per una creatura umana. Umiltà è verità. E’ consapevolezza dei propri limiti. E’ lo stupore di fronte all’immensità di Dio che si china con amore verso le sue creature.
La Perdonanza celestiniana, in un’epoca dove l’umiltà non ha più dimora, dove per fino tra i cristiani gode di pessima fama è un invito chiaro e forte a ricordarci della nostra piccolezza e dei nostri limiti. A ricordarci che siamo poveri mendicanti e pellegrini, incamminati verso l’Assoluto. Celestino è così.
E’ questo umile eremita che per un disegno misterioso e sapiente di Dio è entrato in quella storia umana fatta , in apparenza solo dalla volontà dei potenti.
Celestino entra in questa storia con la sua umiltà, povertà, quasi ingenuità. E fa irrompere in questa storia il fuoco dello Spirito, la forza rivoluzionaria del Vangelo. Dimostrando ancora una volta che Dio sceglie ciò che nel mondo è piccolo, povero, debole per confondere chi crede di essere forte e sapiente.
8. Ecco, carissimi fratelli e sorelle, i suggerimenti saggi di un grande Santo, per continuare a vivere ogni giorno la nostra Perdonanza, per custodirla nel cuore quotidianamente.
S. Celestino ci esorta a questo. E ci assicura che rimane accanto a noi. Rimane accanto a noi con il suo esempio, con la sua parola, con il suo conforto, con la sua storia umile e grande, con il suo perenne annuncio che Dio è buono, è misericordioso, non dimentica nessuno dei suoi figli. Ora soprattutto che assaporiamo ogni giorno le conseguenze devastanti di una enorme tragedia, che turba profondamente il nostro cuore. S. Celestino ci ricorda che Dio è più grande del nostro cuore e conosce ogni cosa. Conosce anche la piccola storia di ognuno di noi, le nostre paure, la nostra “via crucis” interminabile. E ancora una volta S. Celestino ci esorta al coraggio, alla speranza ma, soprattutto, a quell’amore che è già un segno che siamo passati dalla morte alla vita.
Ci conceda tutto questo il Signore, per intercessione di Maria sua Madre, di S. Celestino e di tutti i Santi. Amen!
+ Giuseppe Molinari
Arcivescovo Metropolita Aquilano
http://www.webdiocesi.chiesacattolica.it/pls/cci_dioc_new/bd_edit_doc_dioc.edit_documento?p_id=924996&rifi=&rifp=&vis=1
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Dispiace che in Italia i media non siano mai all'altezza della situazione.
R.
Sui media internazionali, le parole rivolte per lettera dal senatore Ted Kennedy al Papa prima della morte e quelle in risposta di Benedetto XVI
Hanno avuto molta risonanza le parole che Benedetto XVI ha rivolto per lettera al senatore americano Ted Kennedy, scomparso lo scorso 25 agosto, dopo che questi aveva fatto recapitare al Papa una sua missiva, in occasione della visita in Vaticano del presidente Barak Obama. Agenzie e organi di stampa hanno ripreso gli stralci del carteggio resi noti sabato scorso dall’arcivescovo emerito di Washington, Theodore McCarrick, durante il rito della sepoltura da lui presieduto nel Cimitero degli eroi di Arlington, in Virginia. Sul contenuto delle due missive riferisce nel suo servizio, Alessandro De Carolis:
“So che sono stato un essere umano imperfetto - scrive Ted Kennedy - ma con l’aiuto della fede ho cercato di raddrizzare il mio cammino”.
Replica Benedetto XVI: “Prego che nei giorni a venire lei sia sostenuto dalla fede e nella speranza”. Comunicano così, per lettera e a distanza di pochi giorni l’uno dall’altro, il senatore statunitense e il Papa. Qualche prestigiosa rivista si è interrogata sull’assenza di un messaggio del Papa nel giorno del cordoglio mondiale dopo la morte dell’anziano leader politico americano, forse ignorando che la prassi vaticana prevede l’invio di un telegramma di cordoglio solo in caso di scomparsa di un presidente, di un ex presidente o di un capo di governo. Tuttavia, in questa occasione, è soprattutto il contatto cercato e ottenuto nelle ultime settimane di vita dall’esponente della famiglia Kennedy con il Pontefice a suggellare l’importanza di una comunicazione umana e spirituale che si è mantenuta nella discrezione del fatto privato.
E’ stata la vedova del senatore, Vicki, a volere che il testo della lettera di suo marito - consegnata a Benedetto XVI dal presidente Barack Obama durante la visita in Vaticano del 10 luglio - fosse reso pubblico. “Scrivo con profonda umiltà - si legge in uno stralcio della lettera - per chiederle di pregare per me mentre la mia salute declina. Mi hanno diagnosticato un cancro al cervello oltre un anno fa e, nonostante le cure, la malattia sta avendo il sopravvento. Ho 77 anni e mi sto preparando al prossimo passaggio della vita''. Vita che il senatore Kennedy riconosce in tutta la sua straordinarietà, per il fatto - dice - di essere stato benedetto dall’essere “parte di una meravigliosa famiglia” e perché, aggiunge, “entrambi i miei genitori, soprattutto mia madre, hanno tenuto la fede al centro delle nostre vite. Il dono della fede - afferma - mi ha sostenuto e nutrito nelle ore più buie”. Poi, Ted Kennedy racconta al Pontefice lo spirito del suo servizio agli Stati Uniti, nei “quasi 50 anni” trascorsi al Congresso.
La propria “vicinanza spirituale” è il primo sentimento che Benedetto XVI esprime nella sua risposta al senatore Kennedy, inoltratagli circa due settimane dopo attraverso funzionari vaticani. Il Papa si dice preoccupato per la salute del leader politico ma anche “particolarmente grato della promessa di preghiere per lui e per i bisogni della Chiesa”. Prego, scrive il Pontefice, che lei “riceva la grazia della gioiosa resa alla volontà di Dio”, invocando “la consolazione e la pace promessa dal Salvatore Risorto a quanti condividono le sue sofferenze e la fiducia nella vita eterna”.
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Riflessioni di Salvatore Izzo per il blog sulle odiose vicende di questi giorni
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La “riforma della riforma” e le smentite che non smentiscono (Tornielli)
Riceviamo e con grandissimo piacere e tanta gratitudine pubblichiamo queste riflessioni di Salvatore Izzo scritte per il blog.
Ringraziamo con tutto il cuore il dottor Izzo per il regalo che ci fa.
R.
Cara Raffaella, ti chiedo ospitalita' per alcune riflessioni sulle odiose vicende di questi giorni.
1) La documentazione in possesso del Giornale sul direttore di Avvenire Dino Boffo e' la stessa che circola da mesi: un certificato del casellario giudiziale che attesta l'oblazione di un'ammenda e un foglio non intestato e non firmato che contiene accuse infamanti. Se avessero altri ''documenti'', a cominciare dagli atti relativi all'ammenda, a questo punto li avrebbero pubblicati.
2) Come ha spiegato in una lettera aperta il vescovo di Como, mons. Diego Coletti, la decisone di pagare un'ammenda non e' un'ammissione di responsabilta', ma puo' essere espressione della volonta' di non trascinare una lite giudiziaria che puo' avere risvolti dolorosi per altre persone in qualche modo coinvolte.
3) Le stesse informazioni contenute nel certificato erano state a suo tempo pubblicate da Panorama, e dunque erano di pubblico dominio. E' presumibile che il direttore Boffo abbia in quell'occasione dato ampie spiegazioni alla Cei su quanto era accaduto. E che, a sua volta, la Cei stessa ne abbia informato la Segreteria di Stato.
4) Il direttore Feltri sostiene di non aver informato Berlusconi sulla sua iniziativa di screditare Dino Boffo e comunque da Palazzo Chigi non sarebbero potute uscire quelle fotocopie gia' in circolazione. Il Corriere afferma infatti che il dossier era stato inviato a un gran numero di vescovi italiani, mentre non sembra credibile l'ipotesi ventilata ieri da Repubblica di una velina dei servizi, in quanto e' difficile che da questi ambienti possano partire centinaia di lettere anonime destinate a presuli.
Si potrebbe trattare invece di una campagna ''anti-boffo'' orchestrata da qualcuno che non aveva altro a disposizione che il certificato giudiziale, un pc con stampante, buste e francobolli.
5) Le critiche mosse da Boffo al premier - peraltro molto equilibrate, anche se ''forzate'' da altri organi di stampa - sono successive all'avvio di tale campagna e dunque si e' stabilita una singolare sinergia tra chi vuole scrditare il direttore di Avvenire per ragioni sue e la spregiudicata strategia - chiamamiamola cosi' - del nuovo direttore del Giornale in difesa del premier.
6) Non e' affatto una novita' il fatto che la Santa Sede e l'Osservatore Romano abbiano mantenuto un atteggiamento piu' moderato rispetto alla Cei e a Avvenire riguardo alle vicende personali del premier, come siega oggi il prof. Giovanni Maria Vian al Corriere. Era gia' accaduto ai tempi del Governo Prodi, ad esempio, quando alcuni ministri erano stati presenti al Gay pride di piazza San Giovanni mentre venivano lanciate accuse infamanti al Papa e al suo segretario, e il giorno dopo Benedetto XVI ebbe un cordiale colloquio con il premier nel Sacro convento di Assisi. Per non parlare della presenza di Prodi e della Bindi a una messa celebrata dal card. Bertone all'Ardeatino, per testimoniare che non c'erano screzi tra Santa Sede e ''cattolici adulti'' nonostante la Cei avesse condannato con una nota la proposta dei Dico (firmata dalla stessa Bindi) e appoggiato apertamente l'astensione al referendum sulla legge 40. Semplicemente la Santa Sede cerca di non entrare in questioni che sono demandate all'Episcopato (che tuttavia agisce consultandosi con la Segreteria di Stato). Non e' ipocrisia ma semplice rispetto dei ruoli, un po' come avviene - ma e' un esempio improprio - tra Quirinale e Governo.
7) Chi ne esce veramente male da questa vicenda e' la credibilita' dei giornalisti, a cominciare da Feltri e dai suoi collaboratori, ma non solo.
Repubblica e altri quotidiani si sono esercitati, ad esempio, nella ricerca dei mandanti e degli scopi dell'attacco, dimenticando che i fatti sono fatti e le deduzioni sono ipotesi. E' lecito scriverne, ma deve essere chiaro ai lettori che si tratta di scenari tutti da dimostrare: fanta-politica, fanta-vaticano e, contraddizione assoluta, fanta-cronaca.
8) Un'altra considerazione riguarda poi l'attendibilita' che i giornali confericono agli atti giudiziari. Non entro nella vicenda particolare perche' non la conosco, ma il fatto che sul sito del Giornale sia comparsa l'anastatica di un certificato del casellario giudiziario - pomposamente presentata con lo strillo ''Ecco le carte'', mentre non aggiunge nulla a quanto era da tempo di pubblico dominio - dimostra che si vuole attribuire alle carte bollate un valore che non tutti gli atti ovviamente hanno. Intendo dire che se io querelo qualcuno, l'atto di citazione riporta la mia tesi, non necessariamente la verita'. E lo stesso vale per i verbali degli interrogatori - l'imputato tende a difendersi, i testimoni possono sbagliare o addirittura mentire, basti pensare alle ''rivelazioni'' della Mainardi sul caso Orlandi - e per molti altri materiali istruttori. E certamente anche per un'ammenda che magari si accetta di pagare allo scopo di evitare seccature. A partire da quegli atti un giornalista dovrebbe scavare, interrogarsi sull'attendibilita' di quanto vi e' riportato e ben chiarire le distinzioni tra fatti, ipotesi e commenti. La stampa ha il dovere di analizzare criticamente anche le sentenze, figuriamoci le ammende, senza per questo mancare di rispetto ai giudici: il nostro ruolo e' quello di favorire il controllo dei cittadini sui poteri, per tutelare i deboli. E Dio sa quanto ce ne e' bisogno, basta pensare al caso di Eluana. Il guaio, e questa odiosa vicenda lo dimostra, e' che le regole essenziali della professione sono state dimenticate in molte redazioni. Ma non ad Avvenire. Per questo mi auguro - anche se posso capire la sua amarezza - che il direttore Boffo continui nel suo servizio. Riconfermandogli la fiducia il presidente della Cei, card. Angelo Bagnasco, certamente, ha agito conoscendo sia la vicenda che ha portato all'ammenda sia il pensiero della Santa Sede in merito.
Grazie per l'ospitalita'
Salvatore Izzo
Chi vuole imbavagliare i Cattolici? (Giovanni Romano)
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BENEDETTO XVI - Più che una madre
Santa Monica: un riferimento anche per i genitori di oggi
Fabio Zavattaro
La Giornata per la salvaguardia del creato – che da alcuni anni a questa parte si celebra il primo settembre – è occasione, per papa Benedetto, per ribadire, da un lato, l’importanza della questione ambientale e, dall’altro, per ricordare che l’occidente, il nord ricco del pianeta, ha una grande responsabilità nei confronti del sud del mondo. Soprattutto nel tempo della globalizzazione, l’ambiente e la salvaguardia del creato sono temi che devono essere coniugati con lo sviluppo sostenibile o, come scrive papa Benedetto nella sua enciclica “Caritas in veritate”, con uno sviluppo umano integrale.
Così a distanza di pochi giorni Benedetto XVI torna a parlare di ambiente con i fedeli convenuti a Castel Gandolfo, esortando tutti “ad un maggiore impegno per la tutela del creato, dono di Dio. In particolare, incoraggio i Paesi industrializzati a cooperare responsabilmente per il futuro del pianeta e perché non siano le popolazioni più povere a pagare il maggior prezzo dei mutamenti climatici”.
Ambiente come “dono prezioso”, creato, donato all’uomo dal Creatore che chiede a noi di averne cura mentre godiamo della sua bellezza e delle meraviglie che ci sono offerte. Di qui la necessità di avere un corretto rapporto con l’ambiente. Non si può restare indifferenti di fronte ai fenomeni di degrado ambientale; e non possiamo non guardare anche ai nostri errori nel rapporto con la natura,quando siamo colpiti da calamità naturali.
Il rispetto dell’ambiente va di pari passo con un corretto utilizzo delle risorse del pianeta. È nella mente di tutti quel rapporto tra nord e sud del pianeta che ci dice come il 20 per centro della popolazione del mondo – noi dell’occidente ricco e distratto – utilizziamo l’80 per cento dei beni. Ecco che papa Benedetto ci invita anche ad una ricerca di sobrietà nei nostri stili di vita; anzi, parlando alla vigilia di Pasqua, chiedeva di avere uno stile di vita azzimo, essenziale, dunque, come il pane non lievitato.
Il rispetto dell’ambiente chiede anche una nuova attenzione nei rapporti con i Paesi in via di sviluppo, nuove strategie da mettere in atto, capaci di costruire non passiva dipendenza ma attiva partecipazione ai programmi di sviluppo. Si tratta di mettere in atto politiche in grado di combattere la fame e la povertà, troppo spesso legate a fenomeni di violenze e guerre a volte aiutate, in un certo senso, proprio dal nord ricco, attraverso il commercio delle armi, lo sfruttamento delle ricchezze delle nazioni povere, l’utilizzo di mano d’opera, spesso minorile, pagata in modo tutt’altro che adeguato. È allora impensabile che siano i Paesi poveri a pagare i costi dello sviluppo del nord ricco del mondo; è impensabile che le persone, i bambini muoiano per malattie facilmente curabili; che le tecnologie legate allo sviluppo siano esclusiva dei Paesi ricchi. Ambiente, pace, sviluppo, rispetto della vita sono aspetti sempre più legati tra loro.
C’è tutto questo in quell’attenzione all’ambiente che papa Benedetto chiede alla vigilia della Giornata voluta dalla Conferenza episcopale italiana e dedicata, quest’anno, al tema dell’aria. “Non è forse vero – si è chiesto il Papa mercoledì scorso – che l’uso sconsiderato della creazione inizia laddove Dio è emarginato o addirittura se ne nega l’esistenza? Se viene meno il rapporto della creatura umana con il Creatore, la materia è ridotta a possesso egoistico, l’uomo ne diventa l’ultima istanza e lo scopo dell’esistenza si riduce ad essere un’affannata corsa a possedere il più possibile”.
Analisi, quest’ultima, che ci porta a mettere l’accento sulla prima parte della riflessione domenicale del Papa, e cioè la famiglia vista come luogo dove Dio è trasmesso, consegnato ai figli. Ricorda la figura di santa Monica, la madre di sant’Agostino, “modello e patrona delle madri cristiane”, e sottolinea come il grande vescovo “bevve il nome di Gesù con il latte materno e fu educato dalla madre nella religione cristiana, i cui princìpi gli rimarranno impressi anche negli anni di sbandamento spirituale e morale”.
Santa Monica, ricorda il Papa, non smise mai di pregare per la conversione del figlio “ed ebbe la consolazione di vederlo ritornare alla fede e ricevere il battesimo”. Agostino non solo si convertì – diceva: “è impossibile che un figlio di tante lacrime vada perduto” – ma divenne monaco e fondò una comunità di monaci. Monica era diventata per il figlio “più che madre, la sorgente del suo cristianesimo”.
La storia del cristianesimo, afferma ancora papa Benedetto, “è costellata di innumerevoli esempi di genitori santi e di autentiche famiglie cristiane, che hanno accompagnato la vita di generosi sacerdoti e pastori della Chiesa”. Tra i nomi che ricorda, ci sono quelli dei coniugi Luigi Beltrame Quattrocchi e Maria Corsini, vissuti tra la fine del XIX secolo e la metà del 1900, beatificati da Giovanni Paolo II nell’ottobre del 2001, in coincidenza con i vent’anni dell’esortazione apostolica “Familiaris consortio”. Un documento, quest’ultimo, che illustra il valore del matrimonio e i compiti della famiglia. Dice il Papa ai fedeli a Castel Gandolfo: “Quando i coniugi si dedicano generosamente all’educazione dei figli, guidandoli e orientandoli alla scoperta del disegno d’amore di Dio, preparano quel fertile terreno spirituale dove scaturiscono e maturano le vocazioni al sacerdozio e alla vita consacrata”. Famiglie, dunque, come piccole chiese “in cui tutte le vocazioni e tutti i carismi, donati dallo Spirito Santo, possano essere accolti e valorizzati”.
E forse non è difficile concludere che proprio all’interno della famiglia, cellula fondamentale della società, scuola di formazione delle future generazioni, si possa non solo trasmettere la fede, ma anche dare quella capacità di discernere tra comportamenti rispettosi della natura, dell’ambiente, e scelte che possono compromettere il dono ricevuto dal creatore. La scommessa di un futuro migliore, un mondo più bello da consegnare ai nostri figli, passa anche dalla famiglia.
© Copyright Sir
Ed ecco come le agenzie interpretano l'intervista a Vian. Osservatore romano: su Avvenire editoriali esagerati
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Osservatore romano: su avvenire editoriali esagerati
"E' vero, sulle vicende private di Silvio Berlusconi non abbiamo scritto una riga. Ed è una scelta che rivendico, perché ha ottime ragioni".
Gian Maria Vian, direttore dell'Osservatore romano, prende le distanze da un giornalismo che "pare diventato - osserva in un colloquio pubblicato dal Corriere della sera - la prosecuzione della lotta politica con altri mezzi. Segno che la politica, in tutti i suoi schieramenti, è piuttosto debole. Infatti da alcuni mesi la contesa tra partiti - spiega - sembra svolgersi soprattutto sui giornali, che hanno assunto un ruolo non soltanto informativo, come mostrano anche le vicende degli ultimi giorni". Sulla solidarietà a Dino Boffo non si discute, ma Vian esprime qualche perplessità sulle scelte di Avvenire: "Non si è forse rivelato imprudente ed esagerato - chiede - paragonare il naufragio degli eritrei alla Shoah, come ha suggerito un editorialista del quotidiano cattolico?".
E "come dar torto al ministro degli Esteri italiano - insiste il direttore dell'Osservatore romano - quando ricorda che il suo governo è quello che ha soccorso più immigrati, mentre altri, penso per esempio a quello spagnolo, proprio sugli immigrati usano di norma una mano molto più dura? Mi sembra davvero un caso clamoroso, nei media, di due pesi e di due misure". Peraltro, assicura Vian, i rapporti tra Italia e Santa Sede "sono buoni. Berlusconi è stato il primo a chiarire che non sarebbe andato a Viterbo per la prossima visita del Papa quando ha capito che la sua presenza avrebbe causato strumentalizzazioni".
E l'incontro all'Aquila "è saltato per non alimentare le polemiche", ma "si è trattato di un gesto concordato, di responsabilità istituzionale da entrambe le parti. Tanto più che i rapporti tra le due sponde del Tevere - insiste Vian - sono eccellenti, come più volte è stato confermato". Insomma, "nelle relazioni tra Repubblica italiana e Santa Sede non cambia nulla".
Da Unione Sarda
Un'altra chicca:
POL - Vaticano, Vian: Con governo rapporti ottimi, bene su immigrati (Il Velino)
Vian: rivendico di non aver scritto sulle vicende private del Cavaliere (Cazzullo)
Clicca qui per leggere l'intervista di Vian al Corriere.
Mah...mah...mah...sarebbe meglio non alimentare l'impressione di una certa commistione fra Santa Sede e potere politico. Quanto alla famosa cena dell'Aquila, spero che sia servita da lezione: per evitare strumentalizzazioni i cardinali ed i vescovi devono girare al largo dai politici. E' ovvio che la cena stessa ha occupato sui media tutto lo spazio che andava riservato alla cerimonia della Perdonanza ed ai terremotati e la "colpa", consentitemelo, non e' solo di Berlusconi.
R.
Mah...mah...mah...sarebbe meglio non alimentare l'impressione di una certa commistione fra Santa Sede e potere politico. Quanto alla famosa cena dell'Aquila, spero che sia servita da lezione: per evitare strumentalizzazioni i cardinali ed i vescovi devono girare al largo dai politici. E' ovvio che la cena stessa ha occupato sui media tutto lo spazio che andava riservato alla cerimonia della Perdonanza ed ai terremotati e la "colpa", consentitemelo, non e' solo di Berlusconi.
R.
Il Papa ai suoi ex allievi: La saggezza ci purifica (Sir)
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BENEDETTO XVI AGLI EX ALLIEVI: “LA SAGGEZZA CI PURIFICA”
“Nel vangelo incontriamo un tema fondamentale della storia religiosa dell'umanità: la questione della purità dell'uomo davanti a Dio.
Quando l'uomo incontra Dio, in quel momento scopre di essere sporco e di non poter incontrare Dio. Così nasce la domanda su come purificarsi”.
Lo ha detto Benedetto XVI, ieri, nella Cappella del Palazzo apostolico di Castel Gandolfo, durante la messa celebrata per il circolo dei suoi ex allievi formatosi all’epoca della sua docenza all’Università di Ratisbona.
Prendendo spunto dalle letture della liturgia di ieri il Papa ha precisato che “se vogliamo ascoltare interamente il messaggio di Gesù, il modo in cui ci guida a Dio, se vogliamo conoscere come Dio si avvicina a noi, dobbiamo leggere sia l’Antico che il Nuovo Testamento”.Nella Sacra Scrittura c’è la Legge che Dio ha dato agli uomini, ma questa non deve essere letta come “un giogo, una schiavitù”, ma deve essere “causa di grande gioia”. Dio “ci regala saggezza, la vera conoscenza, come dobbiamo essere e vivere, e che Dio è vicino. Dio ci ascolta, possiamo avvicinarci a lui”
“La saggezza – ha proseguito il Papa - ci purifica. E la purezza viene da Dio stesso.
La saggezza non viene da non stessi, possiamo soltanto riceverla”. Dovremmo essere grati, ha sostenuto Benedetto XVI, “che Dio si è fatto conoscere da noi” e che ci ha mostrato la sua volontà e “come dobbiamo vivere”. “
Solo se conoscere Dio e la sua volontà provocano in noi gioia – ha sottolineato il Pontefice -il cristianesimo diventa anche missionario. Solo se nella rivelazione di Dio agli uomini si riconosce un dono il cristianesimo diventa stimolante”.
La gioia, dunque, deve essere il segno che contraddistingue il cristiano perché conosce la volontà di Dio, perché la Legge è anche espressione dell’amicizia di Dio.
“È parola che rende liberi, che dà forza, purifica”, ha dichiarato. Parlando ai suoi ex allievi, il Pontefice ha aggiunto che nella misura in cui ci lasciamo toccare da Dio, instaurando con Lui un dialogo d’amore e d’amicizia, anche noi possiamo amare come Lui ama. È un po’ quello che Sant’Agostino ha sintetizzato nella frase “Dà ciò che comandi e comanda ciò che vuoi”, un modo per spiegare che attraverso la sua amicizia Dio ci rende capaci del suo stesso amore.
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