venerdì 28 agosto 2009

Il messaggio di Celestino V. Perdonanza: occasione di pensieri e scelte per un'autentica rinascita (Sir)


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Perdonanza: occasione di pensieri e scelte per un'autentica rinascita

Non è un momento facile quello in cui L'Aquila festeggia la Perdonanza e l'inizio del giubileo celestiniano. Il terremoto ha lasciato delle ferite ancora aperte non solo negli edifici, ma nell'animo stesso della popolazione, delle istituzioni, delle comunità e della Chiesa aquilana. Risentimenti e rancori s'insinuano tra chi è partito e chi, invece, ha scelto di restare accettando la vita nelle tendopoli, tra chi si sta trovando a gestire i fondi e i progetti della ricostruzione e chi si sente escluso. Tarli, non sempre rivelati, ma che scavano dentro creando invidie e incomprensioni che rischiano di compromettere sul nascere il cammino di rinascita della città. È in questo clima che la festa della Perdonanza torna a invitare la popolazione alla riconciliazione e al dialogo mostrando tutto il suo valore non solo spirituale ma sociale e politico. Per farlo è però necessario tornare al cuore del messaggio celestiniano, riscoprendo come ha più volte ribadito mons. Giuseppe Molinari, arcivescovo di L'Aquila, "la figura di un uomo che ci chiama alla santità e alla conversione".

Per una riconciliazione sociale e politica.

"Come possiamo pretendere di festeggiare la Perdonanza e di varcare la porta santa se non ci riappacifichiamo con chi sta al nostro fianco?". È la provocazione posta da padre Quirino Salomone, presidente della Fondazione studi celestiniani per la pace, intervenendo al simposio organizzato dall'arcidiocesi per l'apertura del giubileo celestiniano; un anno di celebrazioni indette dalla Conferenza episcopale abruzzese-molisana in occasione degli ottocento anni dalla nascita di Celestino V. Pur se in forma minore e con un calendario di manifestazioni civili ridotte, la Perdonanza ha mantenuto anche quest'anno tutti i suoi elementi chiave: il corteo con la bolla, l'apertura della Porta Santa, quest'anno da parte del card. Tarcisio Bertone, il transito dei fedeli nella basilica, nonostante il crollo dell'intero transetto, e le varie cerimonie religiose come la Perdonanza dei giovani e quella dei malati. "Non possiamo festeggiare una riconciliazione non avvenuta - ha detto padre Salomone - perché i cortei e le manifestazioni non vogliono dire niente se non sono accompagnati da una volontà di riconciliazione. La Perdonanza nell'idea di papa Celestino non era semplicemente una questione spirituale ma era un invito alla città a riconciliarsi, a perdonare per essere perdonati in un ottica di giustizia sociale. I signori erano chiamati a restituire ai poveri quanto preteso ingiustamente e le fazioni in lotta a dialogare".

Quando il passato parla al presente.

Non si può pretendere di capire il senso profondo del messaggio di Celestino V e della sua Perdonanza senza fare un salto al 1294. Un anno difficile per la Chiesa, dilaniata da lotte intestine e con dodici cardinali riuniti in conclave a Perugia, a causa della peste che colpiva Roma, senza riuscire ad eleggere il nuovo Papa. Anche L'Aquila attraversava un momento di tensione con lo scontro tra fazioni rivali e un contrasto ormai aperto con Carlo II d'Angiò, re di Napoli. Fu allora che il conclave di Perugia ruppe lo stallo eleggendo Papa un eremita, Pietro da Morrone (Celestino V), che scelse di essere incoronato a L'Aquila all'interno di quella basilica di Collemaggio che lui stesso aveva voluto e costruito. È lì che Celestino V, nel giorno della festa di San Giovanni Battista, il 29 agosto 1294, concesse la Perdonanza: un'indulgenza plenaria rivolta a tutti coloro che, senza distinzioni di condizioni sociali, veramente pentiti, confessati e comunicati fossero entrati nella basilica dai Vespri della vigilia a quelli della festa. Non una semplice indulgenza, ha precisato padre Salomone, ma "un imperativo di coscienza che attraverso i secoli è arrivato fino a noi".

Un segno di unità indelebile.

Un messaggio che rischiava di andare perduto, insieme al senso profondo della Perdonanza, ma che fu, invece, salvato dalle autorità civili della città. "Se non fosse stato per le autorità civili - ha spiegato don Daniele Pinton, vicario episcopale per il culto dell'arcidiocesi - nel Medioevo avremmo potuto perdere la Perdonanza perché dopo la rinuncia di papa Celestino al trono di Pietro (il 13 dicembre 1294, ndr), papa Bonifacio VIII, annullò tutte le concessioni fatte dal suo predecessore, chiedendo la distruzione fisica di ogni suo atto, compresa la bolla. Un documento che era conservato in tre copie: nella basilica di Collemaggio, nell'archivio della diocesi aquilana e nella torre comunale. L'unica a non essere stata distrutta è stata appunto quella conservata dalle autorità civili della città". Per questo è ancora oggi compito del sindaco di L'Aquila leggere pubblicamente la bolla poco prima dell'apertura della Porta Santa. Nel 1967, Paolo VI, all'atto della revisione generale di tutte le indulgenze plenarie, ha "reso indelebile" la Perdonanza.

Dio non si dimentica della sua Chiesa.

"Proprio Paolo VI - spiega mons. Giuseppe Molinari - durante una visita a Fumone, parlò di Celestino come un Papa Santo che ci ricorda come anche nei momenti più difficili Dio non si dimentica della sua Chiesa. Anzi la sua figura in questo momento di difficoltà offre a noi aquilani una parola di fede ancora più grande e di speranza", invitandoci ad "essere più uniti di prima in un momento in cui la città compatta deve muoversi verso la sua rinascita". Perché a otto secoli di distanza Celestino continua a donare alla città un'occasione unica per voltare pagina e ritrovare l'unità. E L'Aquila, oggi, ne ha senza dubbio bisogno.

dall'inviato SIR a L'Aquila

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