giovedì 3 dicembre 2009

Naturale, spirituale, senza guru. L’arte che fa felice Papa Ratzinger (Nikos A. Salingaros)


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Naturale, spirituale, senza guru L’arte che fa felice Ratzinger

In occasione dell’incontro di Benedetto XVI con gli artisti, avvenuto lo scorso 21 novembre nella Cappella Sistina, il Papa, prendendo in prestito le parole del teologo Hans Urs Von Balthasar, ha condotto una riflessione sulla responsabilità di chi è chiamato a portare la bellezza in un mondo umano altrimenti gravato dalla cupidigia e dalla tristezza. In effetti la manifestazione dell’espressione spirituale, per molti secoli, ha coinciso con una profonda ricerca del significato del bello e del vero nelle arti, costituendo un presupposto indispensabile a partire dal quale venivano ammaestrate generazioni di talentuosi, nelle piccole botteghe come nelle grandi scuole. Arte come segno esteriore di virtù, soglia di un mondo non visibile, eppure sperimentabile con un tramite sensibile, cui la Chiesa ha aperto le porte per la creazione di opere grandiose.

A una lettura superficiale, quello di Benedetto XVI può sembrare un discorso limitato all’arte religiosa, forse un appello a elevare la qualità per futuri incarichi artistici da parte della Chiesa Cattolica. Noi siamo invece consapevoli che l’intenzione del Santo Padre sia stata di ordine generale. L’arte coinvolge l’intera società, e in riferimento alle influenze nichiliste sulla cultura degli ultimi decenni, Benedetto XVI ha usato parole significative: «Troppo spesso (…) la bellezza che viene propagandata è illusoria e mendace, superficiale e abbagliante fino allo stordimento e, invece di far uscire gli uomini da sé e aprirli ad orizzonti di vera libertà attirandoli verso l’alto, li imprigiona in se stessi e li rende ancor più schiavi, privi di speranza e di gioia. Si tratta di una seducente ma ipocrita bellezza, che ridesta la brama, la volontà di potere, di possesso, di sopraffazione sull’altro e che si trasforma, ben presto, nel suo contrario, assumendo i volti dell’oscenità, della trasgressione o della provocazione fine a se stessa». Parole molto dure, e a nostro avviso la condanna più forte contro un’arte globale impazzita e orientata verso la bruttezza voluta e la distruzione della coerenza espressiva.

La gioia della visione

Il Pontefice ha quindi sottolineato le caratteristiche specifiche dell’arte rigenerativa: «L’autentica bellezza, invece, schiude il cuore umano alla nostalgia, al desiderio profondo di conoscere, di amare, di andare verso l’Altro, verso l’Oltre da sé. Se accettiamo che la bellezza ci tocchi intimamente, ci ferisca, ci apra gli occhi, allora riscopriamo la gioia della visione, della capacità di cogliere il senso profondo del nostro esistere, il Mistero di cui siamo parte e da cui possiamo attingere la pienezza, la felicità, la passione dell’impegno quotidiano. (...) L’arte, in tutte le sue espressioni, nel momento in cui si confronta con i grandi interrogativi dell’esistenza, con i temi fondamentali da cui deriva il senso del vivere, può assumere una valenza religiosa e trasformarsi in un percorso di profonda riflessione interiore e di spiritualità».
Non vi è spazio in queste sapienti parole per la moda ironica ed effimera, per l’immaginazione nichilistica, per un’ideologia che disprezza la vita e il creato, per l’indifferenza verso l’uomo. Ora, la ragione stessa impone la necessità di garantire un fondamento alla ricerca della bellezza, un senso al confronto umano sui presupposti della creatività e del suo servizio all’umano.
Ed è proprio un contemporaneo maestro del logos, scienziato e filosofo, architetto e matematico, pioniere del software, undicesimo premio Vincent Scully, professore a Berkeley, l’antesignano di un’organica teoria sull’argomento: Christopher Alexander. Il quale nella sua magistrale opera sulla natura dell’ordine,The Nature of Order, in quattro volumi pubblicati fra 2001 e 2005, ha disposto con acuta consapevolezza epistemologica un’alleanza feconda tra arte, esperienza del sacro e scienza.
L’ideologia contemporanea ci ha disabituati a pensare che la pratica architettonica possa avanzare su un tratturo scientifico-razionale. Eppure l’evidenza sperimentale è al riguardo schiacciante. Spazi architettonici ospedalieri più o meno consoni incidono sulla velocità di ripresa e sul consumo di analgesici dei pazienti. Le capacità cognitive - sia animali sia umane - si sviluppano meglio in ambienti organizzati secondo una ricca carica informativa, piuttosto che in contesti astratti e visualmente vuoti. L’integrazione cognitiva e sensoriale, e dunque il benessere, vengono oggettivamente favoriti da certe caratteristiche geometrico-artistiche.

La biofilia

L’effetto è conosciuto come il fenomeno della “biofilia” e Alexander ha scoperto alcune delle leggi geometriche per produrlo. Criteri e strumenti operativi, grazie alla sua opera costata trent’anni di ricerche, sono oggi a disposizione di qualunque artigiano voglia realizzare la connessione dell’uomo con la profondità che, visibile e invisibile, ci circonda e nutre il nostro essere viventi.
Naturalmente la comprensione delle leggi d’isomorfia tra il nostro ordine fisiologico e le nostre creazioni è soltanto il primo passo nella direzione del fine ultimo e originario dell’arte sacra, in tutte le religioni storiche dell’umanità. La sola biologia certo non basta ad avvicinarci a Dio, eppure quantomeno la struttura meravigliosa della vita ci indica la strada corretta. Scostarsene per “originalità” spezza il collegamento tra arte e uomo, ma allontana ancor più dalla ricerca del sacro. Ciò viene peraltro confermato da molti tra artisti e architetti di grido, quando apertamente negano l’esistenza del vero, del bello e, più preoccupante ancora, del sacro, in un'autistica convinzione che li porta a confondere il nichilismo con uno spazio di libertà.

L’errore essenziale

Lo sbaglio fondamentale di molti artisti consiste nel confondere l’autoreferenzialità mentale con l’indipendenza e l’originalità. Nulla di più falso. Come ben sanno gli scienziati informatici, una memoria del disco rigido infettata da un virus, indurrà la diffusione del virus stesso in tutti i programmi che la utilizzeranno. Allo stesso modo, immagini scisse, innaturali, hanno infettato le menti di molti creativi. Le loro opere riproducono così di fatto un’ideologia autoreferenziale, condensata nelle immagini sempre uguali di uno stile alieno. Come in informatica, il virus può essere eliminato riautenticando la memoria mediante algoritmi sicuri, cioè i pattern naturistici garantiti dall’equilibrio vitale. Il Pontefice ha fondato il proprio discorso sulla grande tradizione religiosa, senza riferimento agli ultimi risultati della scienza.
Sembra dunque che in Vaticano non vi sia ancora consapevolezza dell’opera di Alexander e della relazione che essa stabilisce tra la creazione umana e Dio. Le sue ricerche utilizzano l’arte e l’architettura religiosa per spiegare fenomeni scientifici, e soprattutto il collegamento profondo che gli esseri umani avvertono di fronte alle creazioni artistiche più commoventi del passato. Non a caso Alexander è stato candidato per la terza volta al Premio Templeton, destinato a chi abbia fornito «un contribuito eccezionale nell’affermare la dimensione spirituale della vita».
Se lo vince, Alexander si unirà a un gruppo illustre di scienziati che hanno dimostrato l’esistenza di una unione tra religione e scienza. Non esiste contrapposizione tra arte, scienza e religione, se non nell’inebriamento voluto dal totalitarismo dei segni. Oggi è possibile tornare ad applicare conoscenza e razionalità reali, e non ideologia, a tutta l’arte, per potenziarne originalità e positiva creatività. Recuperare una sensibilità all’ordine naturale, alle leggi dello spazio, ai bisogni umani, compresi quelli più profondi, che siamo sistematicamente andati perdendo nel corso degli ultimi decenni.
Un’architettura autentica passerà dunque innanzitutto per l’esercizio di ricerca degli autentici bisogni del committente, piuttosto che per i dogmi imposti dal grande mercato al quale il nichilismo ha infine ridotto il fine dell’arte. Quindi, per una procedura di dispiegamento dell’ordine spaziale secondo precise leggi sperimentali, portando alla luce soluzioni esatte dall’umile ascolto, seguendo il criterio di ciò che più agevola ed esalta la vita nel suo viaggio verso l’assoluto.

A misura d’uomo

Il non-protagonismo e l’artigianalità degli strumenti scoperti da Alexander uccidono i falsi ego della cosiddetta arte mediatica. Essa ritorna condivisibile, senza guru, aperta alla comprensione e al contributo dei suoi fruitori. Produce effetti di benessere fisico, estetico e funzionale perché individua, applica e rinforza la connessione personale all’ordine dell’universo, aprendo un canale di comunicazione con una vasta realtà che pensavamo di aver perduto nei miti. Il sentimento di meraviglia, il risveglio della spiritualità, il rinforzo della vita ne sono i risultati. Siamo alle soglie d’una era di creatività finora inimmaginabile, di un’arte e un’architettura a misura dell’uomo che alzeranno lo spirito umano al pari dei movimenti artistici più gloriosi nella nostra storia. Occorre solo la volontà per varcare la soglia.

Articolo realizzato con Stefano Serafini (epistemologo) e Paolo Masciocchi (sociologo)

© Copyright Libero, 3 dicembre 2009 consultabile online anche qui.

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