venerdì 30 gennaio 2009
Benedetto XVI interviene e placa la lite con il rabbinato. I tempi e i rimpalli di responsabilità nel caso del lefebvriano negazionista (Il Foglio)
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Su segnalazione di Gemma leggiamo:
La Prima Alleanza
Benedetto XVI interviene e placa la lite con il rabbinato
I tempi e i rimpalli di responsabilità nel caso del lefebvriano negazionista
Roma. Forse il peggio è passato. Le parole di Papa Benedetto XVI sull’affaire Williamson, il vescovo lefebvriano che nega l’Olocausto, hanno raffreddato gli animi.
A confermarlo sono arrivate le dichiarazioni del direttore generale del Gran rabbinato di Gerusalemme, Oded Wiener: “Un grande passo in avanti per la soluzione della questione e dunque una dichiarazione molto importante per Israele e molto importante per Israele e per il mondo intero”. Ma che giornata!
Aperta con il Jerusalem Post che annuncia la decisione del Gran rabbinato di voler troncare i rapporti con la Santa Sede. La notizia fa il giro del mondo e il clima già caldissimo degli utlimi giorni si fa rovente. Fino all’intervento di Benedetto XVI alla tradizionale udienza del mercoledì: “Piena e indiscutibile solidarietà con i nostri fratelli destinatari della Prima Alleanza”. E ancora: “La Shoah sia per tutti monito contro l’oblio, contro la negazione o il riduzionismo, perché la violenza fatta contro un solo essere umano è violenza contro tutti”. Il peggio è passato, ma a questo punto rimane una domanda: come è potuto succedere tutto questo pandemonio? Come “un atto di paterna misericordia” – così il Papa ha definito la revoca della scomunica ai lefebvriani – si è potuto tradurre in uno scandalo? Partiamo dalla decisione del rabbinato di Gerusalemme di rompere con il Vaticano. Nella lettera inviata al cardinal Walter Kasper, capo della commissione della Santa Sede per i rapporti con gli ebrei, e datata 27 gennaio, il abbinato chiede una “pubblica ammenda da parte del vescovo”, afferma che “senza la ritrattazione delle sue dichiarazioni deprecabili” è difficile continuare il dialogo con il Vaticano, però non taglia. Propone di “posticipare il nostro incontro a Roma fissato per il 2 e 4 marzo” e si mette in attesa di gesti chiarificatori da parte della Santa Sede. Nel giro di poche ore sarebbero arrivate le parole del Papa: troppo tardi per evitare il montare delle polemiche. I tempi in questa vicenda sono essenziali per cercare di capire che cosa sia successo davvero. Innazitutto la data della pubblicazione della remissione della scomunica latae sententiae ai quattro vescovi lefebvriani: 24 gennaio, vigilia della conclusione della Settimana per l’unità dei cristiani. L’intento è chiaro: “Un dono di pace, al termine delle celebrazioni natalizie,… per arrivare a togliere lo scandalo della divisione”.
La prossima settimana in Israele
Tre giorni dopo però è il 27, Giornata della memoria. Il vescovo Williamson le dichiarazioni le ha fatte, la Fraternità lefebvriana ha preso le distanze già il 21 gennaio, lasciando però più di uno spazio all’ambiguità. Apriti cielo. Oltre Tevere, con il senno di poi, dicono che forse si poteva trovare un momento più adatto, non avere troppa fretta. I detrattori della prima ora, che storcono il naso davanti alle buone intenzioni del Papa verso i lefebvriani, gongolano. Le responsabilità si rimpallano tra monsignor Coccopalmerio, presidente del Pontificio consiglio per i testi legislativi ed estensore del decreto di remissione, il cardinale Castrillon Hoyos, presidente della Pontificia commissione Ecclesia Dei, che segue i rapporti con i lefebvriani, e il cardinale Re, prefetto della Congregazione per i vescovi e firmatario del documento. Quest’ultimo di certo non si augurava di passare i giorni che precedono il suo 75° compleanno immerso in una tempesta del genere. “Episodio dolorosissimo – ha affermato il segretario di stato, il cardinale Tarcisio Bertone, ma dopo le parole del Papa – non ci dovrebbe essere più alcuna polemica”. Pare vero. L’ambasciatore d’Israele presso la Santa Sede, Mordechay Lewy, afferma che l’intervento del Papa “chiarisce molte cose e aiuta a superare gli equivoci”.
Settimana prossima la delegazione vaticana andrà in Israele come da programma per discutere del viaggio del Papa in Terra Santa. A questo punto a pagare il conto più salato di tutta la querelle è l’intenzione di “paterna misericordia” del Papa, bollata da più parti come l’ennesima gaffe vaticana, tradimento del Vaticano II, cedimento ai tradizionalisti. Peccato che il cammino con i lefebvriani sia ancora lungo: i quattro vescovi rimangono sospesi a divinis e la revoca della scomunica è soltanto il primo passo verso la piena comunione. Tanto per intendersi: la scomunica verso gli ortodossi è stata revocata oltre quarant’anni fa, ma di un incontro tra il Papa e il Patriarca di Mosca non se ne parla ancora.
© Copyright Il Foglio, 29 gennaio 2009
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