venerdì 30 gennaio 2009

Il Papa parla chiaro, il Vaticano non sempre (Il Riformista)


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Su segnalazione di Elisabetta leggiamo:

Il Papa parla chiaro il Vaticano non sempre

Forse lo Stato del Vaticano dovrà registrare uffici e meccanismi che regolano i suoi rapporti con i media.

Dovrà anche migliorare le comunicazioni e il flusso delle informazioni fra le sue nunziature, la Segreteria di Stato e le varie congregazioni (il nunzio in Svezia non sapeva o non ha avvertito in tempo Roma dell'incresciosa intervista di monsignor Williamson?).
Dovrà farlo per non esporre ulteriormente il Papa a polemiche logoranti. Ma non si può dire che ieri Benedetto XVI non sia stato chiaro: sulle intenzioni e il significato della revoca della scomunica ai quattro vescovi lefebvriani e sul negazionismo di uno di loro.

Non ha chiesto scusa, non si è battuto il petto, per spiegarsi ha ribadito.

Quanto ai lefebvriani, ha ricordato la sua omelia programmatica di inizio pontificato, quando disse che è «esplicito compito del Pastore la chiamata all'unità». Per questo motivo, e in «adempimento a questo servizio» «ho deciso giorni fa di concedere la remissione della scomunica», dopo che «ripetutamente» i beneficiari gli avevano «manifestato la loro viva sofferenza per la situazione», chiarendo che aspetta adesso «ulteriori passi» fino al «vero riconoscimento del magistero e dell'autorità del Papa e del Concilio Vaticano II (Nostra Aetate compresa, ndr)», solo allora si potrà parlare di «piena comunione» della Fraternità San Pio X con Roma.
Quanto alla Shoah, ha ricordato le sue «ripetute» visite ad Auschwitz, «l'eccidio efferato di milioni di ebrei» smentendo le cifre di Williamson («trecentomila»), ha condannato «l'oblio, la negazione o il riduzionismo» della Shoah, la cui memoria ci insegna invece che «solo il faticoso cammino dell'ascolto e del dialogo, dell'amore e del perdono conduce i popoli, le culture e le religioni del mondo all'auspicato traguardo della fraternità e della pace nella verità». Benedetto XVI si è infine implicato in prima persona: «Rinnovo con affetto l'espressione della mia piena e indiscutibile solidarietà con i nostri Fratelli destinatari della Prima Alleanza».

La formula usata è una delicatezza di Papa Ratzinger il quale sa che quella del suo predecessore, «fratelli maggiori», pur dettata dai medesimi sentimenti, non è molto gradita agli ebrei, per i quali (il riferimento è al rapporto fra Esaù e suo fratello Giacobbe) Dio avrebbe una predilezione per il fratello minore.

© Copyright Il Riformista, 29 gennaio 2009 consultabile online anche qui.

Bellissimo commento!
R.

2 commenti:

Anonimo ha detto...

Dall'inizio del suo pontificato, Benedetto XVI ha dovuto fare tutto da solo; anche occuparsi in prima persona dei rapporti con i media. In questa situazione difficilissima e delicatissima, salvo rare eccezioni come il direttore dell'Osservatore Romano Vian ed il suo vice Di Cicco, ai quali va tutta la mia stima, il resto dell'apparato dalla Sala Stampa alla Segreteria di Stato, ha dimostrato di essere del tutto o quasi inefficente. Per una settimana, il Pontefice è stato sottoposto ad una polemica che se stoppata in maniera decisiva sul nascere, non sarebbe stata così logorante. E' necessario quindi, che al più presto si provveda senza indugi, alla revisione di questo apparato. Perchè è vero che " Chi fà da se fa per tre" ma, adesso sista esagerando. Basta con questo modo di agire fiacco e confuso di questi tempi, il Vaticano non se lo può permettere.

Anonimo ha detto...

Sono d' accordo al 100% con Alessandro VI