sabato 18 aprile 2009

Vian: Benedetto XVI non ha paura dei lupi. Il Papa e il mistero della luna (Osservatore Romano)


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Il Papa e il mistero della luna

Inizia il quinto anno di pontificato di Benedetto XVI, eletto con una rapidità quasi senza precedenti dal conclave più numeroso mai riunitosi.
E tuttavia il nuovo Papa non celebrò la sua elezione con toni trionfali, e nell'omelia della messa inaugurale del suo servizio come vescovo di Roma pronunciò una frase sorprendente: "Pregate per me, perché io non fugga, per paura, davanti ai lupi".
Un'immagine forte, il cui significato si è compreso soprattutto in questi ultimi tormentati mesi.
Conoscitore della tradizione, il Pontefice sa che le vicende della Chiesa in questo mondo sono come le fasi alterne della luna, che continuamente cresce e decresce, e il cui splendore dipende dalla luce del sole, cioè da Cristo. Così, il mistero della luna descritto dagli antichi autori cristiani è quello della Chiesa, spesso perseguitata, di frequente oscurata dalla sporcizia a causa dei peccati di molti suoi figli - come Joseph Ratzinger denunciò poco prima della sua elezione - ma che sempre torna a crescere, illuminata dal suo Signore.
Portare e mostrare il lume di Cristo nelle oscurità del mondo - come ancora una volta il vescovo di Roma ha fatto nel buio iniziale della veglia pasquale, con un gesto ripetuto in ogni angolo della terra - è il compito essenziale del Papa.
Cosciente che in molti Paesi, anche di lunga tradizione cristiana, questa luce rischia di spegnersi, come ha scritto nell'ultima lettera ai vescovi.
Confermando, con accenti di doloroso stupore di fronte allo stravolgimento dei fatti, le priorità misconosciute del suo pontificato.
Innanzi tutto, la testimonianza e l'annuncio che Dio non è lontano da ogni persona umana e che è davvero, come ripetono incessantemente le liturgie orientali, amico degli uomini. Per questo Benedetto XVI chiede di non escludere il trascendente dall'orizzonte della storia, per questo chiede con la stessa fiducia dei suoi predecessori di non chiudersi almeno alla possibilità, ragionevole, di Dio. Che non è un dio qualunque o, peggio, un idolo - in società materialiste dove l'idolatria è simile a quella dell'antichità - ma il Dio che si è rivelato a Mosè, cioè la Parola che si è fatta carne in Gesù.
Per parlare di Dio, Benedetto XVI lo celebra nella liturgia e lo spiega come pochi vescovi di Roma hanno saputo fare, sollecito della pace nella Chiesa che vuole ristabilire, come ha fatto - con un'offerta di misericordia e riconciliazione che è in perfetta continuità con il Vaticano II - nei confronti dei vescovi lefebvriani.
Per questo il Papa vuole avanzare nel cammino ecumenico, per questo ha confermato la volontà di amicizia e di ricerca religiosa comune con il popolo ebraico, per questo accelera il confronto con le altre grandi religioni, con l'attenzione rivolta soprattutto alle radici culturali; in modo che questo confronto porti frutti reali su temi concreti, dal rispetto della libertà religiosa a quello della dignità della persona umana, come ora avviene con i musulmani.
Colpisce allora che questo limpido procedere venga ignorato e si continui a raffigurare, soprattutto in alcuni Paesi europei, Benedetto XVI e i cattolici in chiave negativa e ostile.
Come è avvenuto con l'oscuramento del viaggio in Africa e con il silenzio mediatico di fronte alle omelie pasquali.
Ma il Papa non ha paura dei lupi.
E non è solo perché viene sostenuto dalle preghiere della Chiesa. Che, come la luna, trae sempre la sua luce dal sole.

g. m. v.

(©L'Osservatore Romano - 19 aprile 2009)

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