sabato 30 maggio 2009

Com’è difficile governare la curia della Santa Sede. E fuori pressano le lobby (Rodari)


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Com’è difficile governare la curia della Santa Sede. E fuori pressano le lobby

mag 30, 2009 il Riformista

Paolo Rodari

I due accorati appelli di ieri, del cardinale Angelo Bagnasco in chiusura dell’assemblea della Cei e di Benedetto XVI parlando con il nuovo ambasciatore del Sudafrica George Johannes, hanno una matrice comune.
Entrambi, infatti, rispondono a polemiche scatenatesi contro la Chiesa per il contenuto del messaggio che porta.
Il Papa è tornato sul caso «preservativi» sollevatosi dopo le sue parole pronunciate partendo per l’Africa per ribadire che la sua convinzione, a dispetto delle reazioni delle cancellerie di mezza Europa, è sempre la medesima: l’aids si combatte con «fedeltà dentro al matrimonio e astinenza all’esterno».
Bagnasco ha ricordato, probabilmente riferendosi anche al «caso preservativi», come contro il Magistero della Chiesa e contro il Papa vi siano «lobby economiche-finanziarie» che agiscono a livello internazionale: la Chiesa è osteggiata.
Di per sé è vero: gli ultimi mesi di questo pontificato sono stati costellati di polemiche probabilmente mosse ad arte da non si sa bene chi.
Il caso lefebvriani, i rapporti con gli ebrei intorno alla possibile beatificazione di Pio XII e alle dichiarazione sulla Shoah del vescovo negazionista Richard Williamson, la polemica sui preservativi, le critiche per quello che il Papa ha detto o avrebbe dovuto dire una volta atterrato in Israele e Giordania, sono tutte ferite le cui cicatrici ancora faticano a rimarginarsi. Soprattutto la questione della revoca della scomunica ai quattro vescovi lefebvriani è un qualcosa sì di superato ma che ancora brucia.
Infatti, quattro mesi dopo le furenti polemiche - la cosa scoppiò a fine gennaio -, gli effetti di quanto accaduto hanno reso coloro che governano la curia romana più accorti ma nulla, occorre dirlo, è avvenuto a livello di gestione del potere.
Ovvero, nessuna di quelle nomine che una crisi mediatica e governativa di quelle dimensioni avrebbe potuto portare è stata messa in campo. In parte lo si capisce: i tempi della Chiesa non sono quelli del mondo. La Chiesa assimila e mette in campo progetti nuovi con tempi lunghi.
Anzitutto poco o nulla è avvenuto a livello di comunicazione. Non è cambiato il pur bravo e competente portavoce vaticano padre Federico Lombardi. L’affaire Williamson evidenziò colpe non sue ma, insieme, mise in luce come difficilmente un direttore della sala stampa della Santa Sede potesse continuare ad avere assieme anche gli incarichi di direttore del Centro Televisivo Vaticano, della Radio Vaticana e di assistente del preposito generale dei gesuiti.
E cambiamenti non sono di fatto pervenuti a livello di governo. Anzi sembra quasi che la Santa Sede s’impegni a lasciare i propri uomini dove stanno anche quando le scadenze per la pensione sono belle che superate. Sono solo esempi ma da tempo si parla, senza che mai accada nulla, della promozione del capo dell’ufficio del personale della segreteria di Stato, monsignor Carlo Maria Viganò, in una qualche nunziatura: ma difficilmente lo stesso Viganò sembra disposto a lasciare la curia romana. Si parla della promozione di monsignor Paolo Sardi - collabora alla stesura dei testi del Papa - verso il posto, vacante dalla morte di Pio Laghi, di patrono dell’ordine di Malta. Il segretario dei vescovi Francesco Monterisi sono mesi che dovrebbe prendere il posto dell’arciprete di San Paolo Fuori le Mura il cardinale Andrea Cordero Lanza di Montezemolo. Al suo posto rimane monsignor Agostino Marchetto, segretario dei Migranti e Itineranti, nonostante svariate diocesi italiane siano pronte a riceverlo con tutti gli onori del caso. E, ancora, il cardinale Renato Raffaele Martino: presidente di Iustitia et Pax pare si sia individuato nell’attuale segretario dell’Evangelizzazione dei Popoli, l’africano Robert Sarah, un degno sostituto. Eppure, prima del cambio, si è deciso che debba uscire l’enciclica sociale di Benedetto XVI - Martino vi ha collaborato - il cui testo è finalmente terminato e sta passando attraverso il lento e difficile parto delle traduzioni.
Il problema sembra comunque essere a monte. Occorre tornare indietro negli anni, al pontificato di Paolo VI. Fu lui, sostituto nella segreteria di Stato ai tempi di Pio XII, a modificare quella che allora era un’aristocrazia democratica (tutti i prefetti e i segretari delle Congregazioni vaticane vedevano più volte il Papa e la segretaria dello stesso Papa, suor Pasqualina, contribuiva nell’incentivare i rapporti tra Pacelli e i vari monsignori) in una monarchia di fatto. Da Paolo VI in poi, infatti, è la segreteria di Stato a gestire ogni richiesta dal basso vuole essere esposta al Papa.
È la segreteria di Stato a decidere, dunque, quali questioni siano degne d’essere comunicate al Pontefice e quali no. È la segreteria di Stato a bloccare riforme della curia e cambiamenti in posti di potere importanti.
Una centralizzazione di potere che blocca l’effettivo esercizio del potere a discapito, in fondo, dello stesso Pontefice.

© Copyright Il Riformista, 30 maggio 2009 consultabile online anche qui, sul blog di Rodari.

In tutta onesta' non me la sento di dare torto a Rodari!
I tempi della Chiesa non sono quelli del mondo, ma il Papa ha bisogno di collaboratori alla sua altezza, ammesso che esistano (e ne dubito!).

R.

4 commenti:

euge ha detto...

Purtroppo, cara Raffaella, il dubbio non è solo il tuo. Anzi ti dirò che più che dubbio la mia è sincera preoccupazione.

Anonimo ha detto...

A proposito di governo della Chiesa. Tornielli oggi parla di nomine.
E molto gustose anche!!!!!

Anonimo ha detto...

La riforma di Paolo VI dimostra oggi tutti i suoi limiti e le sue storture.
Che occorre urgentemente superare.
Non si può governare oggi la Chiesa con un carrozzone come è attualmente la Curia.
Stiamo attenti: non sto dicendo che si devono velocizzare i tempi, no. Sto solo dicendo che l'organismo deve essere agile e deve essere ilpapa a stabilire le priorità, delegando poi al segretario di stato il compito di organizzarle.
Come avveniva prima della riforma di Paolo VI.
Insomma, detto in parole povere, è il papa che deve dirigere la musica, coadiuvato ma non sostituito dal segretario di stato.

don Marco (ricognitore) ha detto...

Come forse qualcuno saprà è stato presentato al Papa il nuovo repertorio di canti della CEI, lui ha detto: "era ora".
Poi gli han parlato di recognitio della Congregazione e lui ha risposto: "recognitio?" abbiamo qui un'assemblea qualificata di Vescovi....
Ma purtroppo santità è così. E stanamente a fare la "recognitio" dei testi dal latino in italiano ci sta un Cingalese (non so come si scrive) un Inglese, un indiano..... strano, vero? Ma è così!